Sempre più genitori si rivolgono a banche estere per la conservazione delle cellule staminali embrionali ad uso privato, perché, secondo recenti ricerche, in futuro potrebbero garantire una possibilità nella cura di alcune malattie.
Le cellule staminali, essendo un tipo di unità biologica in grado di auto-replicarsi e di dare origine a cellule figlie con la capacità di recuperare o di riparare tessuti danneggiati, sono le candidate perfette per essere poste al centro della ricerca medica. Soprattutto quelle embrionali vengono considerate più versatili di quelle adulte e si pensa che in futuro potrebbero garantire una cura efficace contro alcune malattie comuni quali il cancro, la sclerosi multipla, il Parkinson, l’infarto, i danni spinali e molte altre. Le staminali embrionali, poi, provenienti dal paziente stesso, secondo alcuni scienziati, eliminerebbero il problema del rigetto, cosa molto frequente in caso di trapianti. L’idea di base è che se si fornissero al malato delle cellule staminali sane, o altre ricavate da esse, si potrebbe sfruttare la loro capacità innata di rigenerare i tessuti e quindi, curare il paziente.
Nonostante ciò, parte della comunità scientifica non ne raccomanda la conservazione esclusivamente per il proprio bambino, dato che oggi esse risulterebbero più utili per altri soggetti compatibili piuttosto che per i donatori stessi. Si raccomanda, invece, in Italia, una donazione solidaristica delle cellule staminali contenute nel sangue del cordone ombelicale, che saranno conservate in banche pubbliche.
Gli esperti, comunque, sono divisi e sempre più persone si rivolgono a banche private estere, per la conservazione di queste cellule. Da un punto di vista giuridico,infatti, la donazione di cellule staminali cordonali per uso proprio è legittima, ma solo presso istituti esteri.
A prescindere dalla linea di pensiero seguita, si raccomanda una grande attenzione nella scelta dell’ente di riferimento, perché, alcuni dati dimostrano che sarebbero frequenti i casi di truffa che porterebbero non solo ad una perdita di una sostanziale somma di denaro ( 2000 – 3000 euro), ma anche alla perdita del prodotto pagato, che, in futuro diventerebbe inutilizzabile.
Milena D’Alessandro
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