CULTURA

QUANDO IL MANGA INCONTRA LA CENSURA

Un giorno, un giovane ragazzo del Sol Levante, decise di intraprendere la strada del mangaka,  ossia, dell’autore di manga.

kitazawa-rakuten1Erano solo i primi anni del 1900 quando Kitazawa Rakuten si preparava a divenire il padre fondatore dei manga moderni. Il suo lavoro fu fonte d’ispirazione per molti artisti più giovani. Pioniere di quello che oggi è il manga giapponese, fu il primo ad utilizzarne la terminologia,  precedentemente intesa nell’accezione di “immagine derisoria” (fine VIII secolo). Diffusosi  prepotentemente in Giappone nel secondo dopoguerra, il fumetto venne accolto in maniera eccelsa dal grande pubblico. Complice sicuramente la crisi economica, si decise di puntare sul media cartaceo, più economico da produrre e accessibile ad un pubblico più ampio.

A partire dagli anni ’50  la produzione manga divenne uno dei settori principali nell’industria editoriale giapponese, includendo opere di grande varietà di generi come quelli d’avventura, storici, o quelli romantici, gialli, fantasy, horror ed erotici, avendo come destinazione il pubblico adulto.

Ad un certo punto, però, il manga lascia il territorio asiatico ed è così che incontra la scure della censura. Le opere di produzione giapponesi non sempre erano compatibili con il contesto culturale del Paese importatore, così si ritenne necessario adattarne i contenuti tramite la censura, soprattutto perché in Paesi come l’Italia o gli Stati Uniti il pubblico destinatario era rappresentato da minori.

La censura ebbe un grande riscontro intorno agli anni  ’50- ’60 in America, quando era forte la concezione che tramite il messaggio cartaceo si potesse contribuire alla diffusione della delinquenza giovanile. Le case editrici dovettero sottostare a delle regole secondo un codice di riprensione. La Western Publishing, ad esempio, fu costretta a censurare alcune opere di Carl Barks, tra cui Paperino e l’incendiario o Paperino e il Vello D’oro: venne cambiato, ad esempio, il nome alle harpies (arpie) in ‘’mattacchione’’ perché il termine inglese alludeva anche alle prostitute.

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Lavoro necessario per il differente contesto culturale, ma chi è a censurare i censori? Quando l’adattamento stravolge il contenuto della storia, si può ancora parlare di opera originale? Trame sconvolte, scene rimosse e poi riadattate. Alcuni dei manga più famosi degli anni ’80 devono gran parte della notorietà proprio alla censura, come ad esempio Lady Oscar, Georgie, Occhi di gatto, Marmellade boy ( Piccoli problemi di cuore, negli “Anime”) dove la tematica erotica è intensa.

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Comunemente sono mossi ai manga giapponesi due accuse: l’esser troppo violenti e di contenere immagini esplicite. Come un boia incappucciato sul patibolo, la censura tende la sua scure d’acciaio pesante e taglia.

E se alla fine scoprissimo che i nostri miti adolescenziali, ai quali abbiamo dedicato gran parte del  tempo avessero vissuto esperienze leggermente differenti, più intense e meno celate? Se in Lady Oscar avessimo visto davvero, dopo un estenuante amore ventennale, consumarsi  carnalmente l’amore tra Andrè e Oscar, magari sarebbe venuta anche meno l’ambiguità sessuale che da sempre contraddistingue il personaggio.

Gustave Flaubert diceva:

«La censura qualunque essa sia, mi sembra una mostruosità, una cosa peggiore dell’omicidio:

l’attentato al pensiero è un crimine di lesa-anima. La morte di Socrate pesa ancora sul genere umano.»

 

@copyright foto copertina realizzata da Veronica Alfieri per Metis Magazine

 

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