Un giorno, un giovane ragazzo del Sol Levante, decise di intraprendere la strada del mangaka, ossia, dell’autore di manga.
A partire dagli anni ’50 la produzione manga divenne uno dei settori principali nell’industria editoriale giapponese, includendo opere di grande varietà di generi come quelli d’avventura, storici, o quelli romantici, gialli, fantasy, horror ed erotici, avendo come destinazione il pubblico adulto.
Ad un certo punto, però, il manga lascia il territorio asiatico ed è così che incontra la scure della censura. Le opere di produzione giapponesi non sempre erano compatibili con il contesto culturale del Paese importatore, così si ritenne necessario adattarne i contenuti tramite la censura, soprattutto perché in Paesi come l’Italia o gli Stati Uniti il pubblico destinatario era rappresentato da minori.
La censura ebbe un grande riscontro intorno agli anni ’50- ’60 in America, quando era forte la concezione che tramite il messaggio cartaceo si potesse contribuire alla diffusione della delinquenza giovanile. Le case editrici dovettero sottostare a delle regole secondo un codice di riprensione. La Western Publishing, ad esempio, fu costretta a censurare alcune opere di Carl Barks, tra cui Paperino e l’incendiario o Paperino e il Vello D’oro: venne cambiato, ad esempio, il nome alle harpies (arpie) in ‘’mattacchione’’ perché il termine inglese alludeva anche alle prostitute.
Lavoro necessario per il differente contesto culturale, ma chi è a censurare i censori? Quando l’adattamento stravolge il contenuto della storia, si può ancora parlare di opera originale? Trame sconvolte, scene rimosse e poi riadattate. Alcuni dei manga più famosi degli anni ’80 devono gran parte della notorietà proprio alla censura, come ad esempio Lady Oscar, Georgie, Occhi di gatto, Marmellade boy ( Piccoli problemi di cuore, negli “Anime”) dove la tematica erotica è intensa.
Comunemente sono mossi ai manga giapponesi due accuse: l’esser troppo violenti e di contenere immagini esplicite. Come un boia incappucciato sul patibolo, la censura tende la sua scure d’acciaio pesante e taglia.
E se alla fine scoprissimo che i nostri miti adolescenziali, ai quali abbiamo dedicato gran parte del tempo avessero vissuto esperienze leggermente differenti, più intense e meno celate? Se in Lady Oscar avessimo visto davvero, dopo un estenuante amore ventennale, consumarsi carnalmente l’amore tra Andrè e Oscar, magari sarebbe venuta anche meno l’ambiguità sessuale che da sempre contraddistingue il personaggio.
Gustave Flaubert diceva:
«La censura qualunque essa sia, mi sembra una mostruosità, una cosa peggiore dell’omicidio:
l’attentato al pensiero è un crimine di lesa-anima. La morte di Socrate pesa ancora sul genere umano.»
@copyright foto copertina realizzata da Veronica Alfieri per Metis Magazine
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