C’è un legame tra calcio e mafia? Lo sport più praticato al mondo, da sempre disciplina per eccellenza in Italia, è diventato negli ultimi decenni un vero e proprio business, con stipendi milionari e contratti di sponsorizzazione che muovono miliardi di euro. La frontiera moderna di questo sport si chiama Cina, con numerosi imprenditori orientali pronti ad investire i loro patrimoni in avventure dirigenziali nel calcio europeo. In un quadro economico del genere la domanda che spesso ci si pone è quale sia il rapporto tra la mafia e lo sport e, in particolar modo il calcio.
Negli ultimi anni le emittenti televisive nazionali e i media hanno raccontato le indagini delle procure di Cremona e Catanzaro sul calcio scommesse, capace di travolgere anche sportivi noti a livello nazionale. L’interesse principale della mafia è rivolto soprattutto alle squadre minori, molto allettanti per riciclare il proprio denaro e per truccare gli esiti degli incontri. In questi anni le indagini avviate dagli inquirenti sono diventate epicentro di filoni di indagine che hanno coinvolto un giro di malavita non indifferente: camorra, ndrangheta, Sacra Corona Unita e clan stranieri provano a spartirsi una torta sicuramente succulenta per gli affari delle cosche. La cosa che più incuriosisce è che spesso la mafia si serve proprio delle piccole squadre non solo per riciclare il denaro derivante dalle attività illecite, ma tale investimento’ serva anche per coltivare il consenso popolare attraverso lo sport, nobile disciplina che racchiude in sé i più grandi valori dell’umanità e che spesso finisce al servizio dei mafiosi.
MAFIA E SOCIETA’ – Tante le storie di squadre di calcio che in questi anni hanno subito gli assalti al potere dei malavitosi: dalla Lazio (nell’inchiesta fu arrestato anche Giorgio Chinaglia ndr) alla Sanremese, passando per il noto caso Locri-Crotone, partita valida per la promozione in Serie C2 della squadra rossoblù.
In quell’occasione, ripercorrendo le dichiarazioni che fece il pentito Vincenzo Marino, il Crotone si assicurò il punto utile per la promozione attraverso l’acquisto di una partita di bazooka e kalashnikov presso il clan di Locri. Nel 2012 il Procuratore Capo di Lecce Cataldo Motta parla addirittura di sette squadre di Eccellenza controllate dalla Sacra Corona Unita, mentre in Campania finirono sotto sequestro il Giugliano Calcio (vicino al clan camorristico Mallardo) e la Boys Caivanese, il cui stadio nascondeva armi da usare per le guerre di camorra. In Calabria finirono sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti la Rosarnese e il Cittanova, entrambi nelle mani del clan Pesce che usava le due squadre per aumentare i suoi introiti e la sua popolarità. Al Sud la situazione è molto più delicata, ma la situazione è destinata a mutare in maniera repentina in assenza di interventi decisi da parte della FIGC: le società minori, infatti, risultano assai appetibili per l’assenza di controlli e contratti che permettono un flusso variabile di soldi non dichiarati e costituiscono un importante strumento di prestigio per i vari clan.
MAFIA E ATLETI – Uno dei volti noti del calcio travolti da inchieste di mafia e pallone è il giocatore noto per essere nella rosa della nazionale di calcio nel vittorioso mondiale del 2006: Vincenzo Iaquinta, rinviato a giudizio nel processo Aemilia per detenzione di armi in favore del padre Giuseppe, a cui è contestata la partecipazione all’associazione mafiosa. Lo stesso Iaquinta, idolo delle cosche per le sue militanza in nazionale e per la grande carriera in Serie A, avrebbe partecipato ad alcuni incontri in cui figuravano importanti esponenti della ndrangheta calabrese. Lo scorso anno un caso che fece altrettanto scalpore è quello del salentino Fabrizio Miccoli, finito nell’occhio del ciclone per alcune intercettazioni lesive della memoria del magistrato Giovanni Falcone. Il ‘Romario del Salento’, sempre secondo i PM, avrebbe utilizzato il figlio di un boss locale per recuperare delle somme di denaro vantate nei confronti di un ex fisioterapista ai tempi in cui indossava la maglia rosanero del Palermo. Miccoli, in una conferenza stampa, ha negato i suoi legami con la mafia, affermando la propria estraneità alle attività illecite effettuate dalle cosche. Altra figura controversa è quella di Giuseppe Sculli, ex Genoa e Crotone: l’esterno d’attacco, infatti, è il nipote del boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, arrestato dopo dodici anni di latitanza. Nel 2004 Sculli vinse la medaglia di bronzo con la Nazionale Italiana durante le Olimpiadi di Atene, ma, al ritorno in patria, fu l’unico a non essere insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica da parte del Presidente della Repubblica Italiana proprio per il legame tra la sua famiglia e la mafia. La sua carriera è ricca di episodi assai controversi: il giocatore calabrese è stato infatti coinvolto nel filone d’inchiesta relativo al calcio scommesse, nel caso Crotone-Messina e Genoa-Siena, mentre finisce nell’occhio del ciclone per alcuni rapporto controversi con la malavita romana.
Insomma gli esempi che fanno accrescere l’allarme circa il pericoloso rapporto tra mafia e calcio sono tanti: occorrerebbe un intervento strutturato e congiunto delle istituzioni sportive e politiche per porre un freno ad un fenomeno assai rischioso che rischia di compromettere la bellezza di uno sport così affascinante come il calcio, seguito con singolare passione da milioni di italiani.
Andrea Cignarale
[responsivevoice_button voice=”Italian Female” buttontext=”Ascolta questo post”]
Copyright foto:
Categorie:ATTUALITÀ