Il paesaggio della terra dei fuochi aveva l’aspetto di un’apocalisse continua e ripetuta, routinaria, come se nel suo disgusto fatto di percolato e copertoni non ci fosse più nulla di cui stupirsi. Nelle inchieste veniva segnalato un metodo per tutelare lo scarico di materiale tossico dall’interferenza di poliziotti e forestali, un metodo antico, usato dai guerriglieri, dai partigiani, in ogni angolo di mondo. Usavano i pastori come pali. Pascolavano pecore, capre e qualche vacca. I migliori pastori in circolazione venivano assunti per badare agli intrusi, piuttosto che a montoni e agnelli. Appena vedevano macchine sospette avvertivano. Lo sguardo e il cellulare erano armi inattaccabili. Li vedevo spesso gironzolare con i loro greggi rinsecchiti e obbedienti al seguito. Una volta li avvicinai, volevo vedere le strade dove i ragazzini smaltitori si esercitavano per guidare i camion. Ormai i camionisti non volevano più guidare i carichi sino allo sversamento.
Roberto Saviano, Gomorra, Capitolo La terra dei fuochi
Il luogo a cui si fa riferimento, è quell’area della regione Campania tra la provincia di Napoli e quella di Caserta. Siamo a Grazzanise, Cancello Arnone, Castelvolturno, Casal di Principe, Acerra, Nola, Marigliano, Giugliano, Marcianise, Qualiano, Villaricca. È qui che la gente continua a morire. Per cosa? Per un male invisibile.
Invisibile non perché sia etereo o inconsistente, invisibile perché sepolto, nascosto da frutteti, uliveti, vigne, noccioleti, insalate, zucchine. È in queste terre dei fuochi che la camorra ha per anni sversato e nascosto illegali rifiuti tossici e non, nessun’altra terra nel mondo occidentale ha avuto un carico così ingente di rifiuti. Ma, volendo dare dei numeri tangibili delle conseguenze derivate dallo smaltimento di rifiuti tossici in Campania, illuminate è il rapporto di Legambiente stilato tra il 2012 e il 2013. Secondo lo studio, sono stati più di 6000 i roghi tra gennaio 2012 e agosto 2013 e otre 2000 i siti inquinati censiti dall’ARPAC. Oltre all’inquinamento dell’aria e del suolo, ad essere contaminata è anche la falda acquifera che è collegata direttamente alla proliferazione dell’incidenza di tumori tra la popolazione locale. Pochi giorni fa è giunta la notizia della morte di un’altra vittima della Terra dei Fuochi, Teresa Santoro, 28 anni di Marcianise, il comune dove ammalarsi di tumore è diventata una cosa normale. A morire, in queste zone, sono soprattutto i bambini.

Foto Marco Cantile. Protesta dei cittadini di Casal Di Principe, dell’Agro Aversano ed in generale della Terra Dei Fuochi per chiedere la bonifica della loro terra che le ecomafie hanno avvelenato
Per prima cosa, però, la Terra dei Fuochi è stata per la camorra un vero e proprio business dai fatturati miliardari. Nello specifico i soldi che sono andati nelle tasche dei clan e dei mediatori sono stati all’incirca cinquanta miliardi di euro. Come scrive Roberto Saviano nell’ultimo capitolo di Gomorra, intitolato appunto La terra dei fuochi: “Dalla fine degli anni ’90 i clan camorristici sono divenuti i leader continentali nello smaltimento dei rifiuti”.
È proprio alla fine degli anni ’90, precisamente il 7 luglio del 1997, che Carmine Schiavone, il più grande pentito del clan dei Casalesi, in un’audizione parlamentare rimasta secretata per troppo tempo, denunciò il disastro dei rifiuti che si stava perpetrando per mano di Sandokan ed altri esponenti della cosca. È Proprio grazie alle sue testimonianze che si è venuti a conoscenza del sistema di Cipriano Chianese, la mente dei traffici di rifiuti tossici in Italia. Carminuccio, questo il suo soprannome, svela dettagliatamente il meccanismo usato dai Casalesi per occultare i rifiuti, che

Carmine Schiavone
prevedeva l’acquisto di un terreno che diveniva discarica di fiuti legali e illegali. La discarica veniva poi venduta dalla camorra allo Stato Italiano, generalmente per la costruzione di strade, e quindi cementificata, per far in modo che i rifiuti venissero coperti. Secondo questo sistema adottato dai Casalesi, i guadagni illeciti provenivano da ogni passaggio, poiché aprendo una discarica per rifiuti legali ci si guadagnava, utilizzando la stessa come deposito di rifiuti illegali, si guadagnavano cifre esorbitanti, e infine, altri guadagni provenivano dalla vendita della discarica allo Stato. Un sistema elementare e infallibile e lineare.
Ancora più agghiacciate è però il sistema studiato alla perfezione che c’era dietro a tutti questi passaggi di testimone tra camorra e stato Italiano. Ad essere coinvolti non erano, ovviamente, solo i camorristi, ma tutta una serie di figure che rendevano possibili questo crimine indicibile. Si parte dagli imprenditori, grandi e piccoli, che volevano smaltire i materiali di risulta non più utilizzabili nella produzione industriale.
Si passava poi ai chimici, che erano fondamentali per la certificazione dei rifiuti, e che, magicamente, trasformavano quelli illegali in legali. Successivamente, ad entrare in gioco erano i trasportatori, che avevano il compito di monitorare le varie discariche in giro per l’Italia e di scegliere il luogo adatto allo smaltimento. Infine, gli smaltitori, gestori di discariche autorizzate o impianti di compostaggio oppure proprietari di cave o campi agricoli che dovevano poi essere adibite a discariche abusive.
Quello che rimane delle ottantadue inchieste per traffico di rifiuti nella terra dei fuochi, condotte tra il 1991 e il 2013 sono: 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, e il coinvolgimento di ben 443 aziende (la maggior parte di queste ultime con sede nel Centro e Nord Italia). Numeri che hanno contribuito a trasformare la Campania Felix in pattumiera d’Italia.
Numeri che uccidono uomini, donne, ragazzi, bambini. Numeri che hanno arricchito a dismisura le tasche dei camorristi. Ricostruire le rotte dei traffici, approfondire l’esame di quanto è già stato accertato dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, deve essere un dovere civile di ogni cittadino che si possa definire tale. Denunciare, far sapere i nomi dei morti ammazzati della terra dei fuochi è un coscienzioso diritto di ogni persona che voglia e possa dire la propria opinione, contro tutto e tutti.
“Quei veleni sotto terra ci uccideranno”, era il 1997 e a dirlo era lo stesso Carmine Schiavone di prima, un assassino consapevole, un camorrista lucido che sapeva cosa stava facendo già prima di farlo.
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