CULTURA

IN VIAGGIO VERSO LO SPAZIO

“L’universo è fatto di storie, non di atomi”, scrisse la poetessa americana Muriel Rukeyser.

Ed effettivamente, il viaggio nello spazio consta di un mosaico di persone, racconti e sogni che l’hanno reso prima immaginabile e successivamente possibile.

Storie di precursori come Isaac Asimov che nel 1952, nel racconto Maledetti marziani, anticipò di 17 anni la celebre passeggiata nello spazio compiuta dal comandante dell’Apollo 11, Neil Armstrong ma anche racconti di chi, per tutta la vita, ha perseguito un sogno che si è tramutato in un obiettivo: quello di oltrepassare le moderne colonne d’Ercole salpando verso i mari sconosciuti dello spazio.

Un viaggio non solo scientifico ma anche visionario e che nel tempo, grazie alla costante dedizione di uomini e donne determinati ad abbattere le barriere del mondo sino ad allora conosciuto, hanno dato vita alle prime missioni spaziali.

Era il 1959 quando l’Unione Sovietica lanciò in orbita il primo esemplare di astronave con il fine di raggiungere la superficie lunare. L’esperimento, però, non andò a buon fine e il Luna 1 si distrusse nello spazio. 

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Siamo in piena Guerra fredda, in un periodo in cui la dicotomia tra Russia e Stati Uniti è tangibile in qualsiasi campo e sotto ogni punto di vista e la corsa alla conquista dello spazio era non solo il più ambizioso dei traguardi ma anche il più ambito dei trofei.

E così, nel corso degli anni ’60, si alternarono, come in una partita di tennis, missioni spaziali sovietiche e statunitensi e anche se molte fallirono furono di fondamentale importanza per la riuscita di quello che sarebbe stato il primo allunaggio nella storia.

In quel periodo, ogni conquista, a partire dalle prime foto scattate al compimento del viaggio orbitale attorno alla luna, veniva prontamente celebrata non solo da televisione e stampa ma anche da tutti quei presidenti che, durante i propri mandati, hanno cercato di fare in modo che la corsa allo spazio potesse essere uno di quegli eventi cardine della storie della nazione da loro guidata.

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Non stupisce quindi che, il 20 luglio del 1969, tutto il mondo sia rimasto incollato, in trepidante attesa, davanti gli schermi della televisione, per vivere in prima persona la missione dell’Apollo 11 e per osservare i primi passi fatti da Neil Armstrong, ingegnere e aviatore statunitense, il quale, emozionato, pronunciando la celebre frase: “Questo è un piccolo passo per [un] uomo, un gigantesco balzo per l’umanità”, fece capire al mondo intero che, da quel momento in avanti, tutto sarebbe stato possibile.

L’equipaggio, prima di ripartire, appose sul suolo lunare, oltre alla bandiera statunitense anche una targa di acciaio inossidabile. Ciò avvenne per una duplice ragione: la prima era commemorare lo sbarco, la seconda per rammentare all’intero universo che la paternità dell’allunaggio era degli Stati Uniti.

L’iscrizione incisa recitava: “Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta, luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace, a nome di tutta l’umanità”  e riportava la firma dei 3 astronauti che avevano preso parte alla missione e dell’allora presidente americano Richard Nixon.

Sembravano passati centinaia di anni da quando, il lancio dello Sputnik del 1957, aveva aperto un primo, impercettibile varco per poter ammirare più da vicino la luna ma, dopo 12 anni, ciò che pareva impossibile, divenne realtà.

Come per tutti i grandi eventi, però, le polemiche non tardarono ad arrivare. Secondo un sondaggio  del Gallup, all’epoca, oltre il 6% degli americani ha avuto dubbi riguardo l’allunaggio, arrivando a pensare che lo sbarco sulla luna fosse una messa in scena orchestrata da Nasa e governo degli Stati Uniti.

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Questa, conosciuta come Teoria del complotto lunare ed elaborata dall’intellettuale statunitense Bill Kaysing, si basava, essenzialmente, su un unico cardine: la NASA, all’epoca, a causa della cattiva gestione attuata dal settore amministrativo, non sarebbe stata in possesso della tecnologia necessaria per compiere uno sbarco sulla luna.

Quindi, orchestrare un’operazione di questo tipo, avrebbe sortito due effetti: garantire nelle tasche dell’agenzia spaziale somme esorbitanti derivanti, appunto, dalla spedizione e sancire il primato scientifico degli Stati Uniti sulla Russia.

A detta di Kaysing, il regista di tale messa in scena, sarebbe stato Stanley Kubrick, famoso per gli effetti speciali meticolosamente elaborati e per le particolari lenti utilizzate nelle sue pellicole che, avrebbe accettato di dirigere questo “film”, pur di evitare che venissero rese note le simpatie del fratello Raul per il partito comunista.

Tuttavia, il comitato scientifico si è fermamente opposto a questa teoria affermando che, se ciò fosse stato vero, le foto fatte dagli astronauti sarebbero state limitate, proprio al fine di evitare di fornire prove e spunti agli addetti del settore.

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Inoltre, pare essere poco plausibile l’idea secondo cui tutti i documenti sarebbero stati falsificati e che tutte le persone coinvolte( si parla di oltre un migliaio ndr) avrebbero accettato di custodire il segreto per tutto il resto della loro vita.

Molte altre furono, negli anni successivi, le missioni spaziali e centinaia furono, gli esseri umani che varcarono i confini dello spazio.

Mae Carol Jemison, Sananta Cristoforetti, James Irwin, Eugene Cernan, sono solo alcuni dei nomi dei pionieri dello spazio.

Questi, prendendo parte a imprese sempre più ambiziose, cercando di oltrepassare, ogni giorno, i limiti del già conosciuto, sono l’incarnazione del novello Ulisse, uomini e donne che, a dispetto del pericolo sono avidi di sapere e sempre pronti a varcare la porta dell’ignoto proprio perché pervasi dalla voglia di conoscere.

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Valentina Nesi

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