CULTURA

LA BAMBOLA NELLA MUSICA ITALIANA

La bambola è il gioco per eccellenza, quello che ha saputo adeguarsi ai tempi, ai luoghi e alle possibilità economiche delle singole famiglie.

Che fosse di stoffa, legno, porcellana o plastica ha tenuto compagnia ad intere generazioni di bambine.

Il termine, tuttavia, ha saputo staccarsi dal piano roseo e lineare dell’infanzia per approdare a quello variegato e multiforme della musica: sono molti gli autori italiani che hanno cantato la Bambola, colorandola con tinte inedite e trasformandola spesso in una metafora sociale.

No ragazzo no, tu non mi metterai tra le dieci bambole che non ti piacciono più” cantava nel 1968 la calda e acuta voce della biondissima Patty Pravo.

Correvano gli anni delle rivolte femminili sulla strada di un’autocoscienza sempre più lucida e meno incline all’accettare la secolare subordinazione all’uomo.

La canzone “La bambola” dell’artista veneziana diventa l’emblema della donna che riscopre il proprio valore e si nega alle attenzioni dell’amatore seriale, collezionista di avventure che la vedono ancora come oggetto del piacere e mai come una complice.

patty

La neomelodica Cinzia Oscar ripropone lo stesso messaggio in dialetto napoletano nella canzone “Nun so’ ‘na bambola” .

Qui viene sottolineato il dolore di una donna innamorata che si sente trattata come un trofeo inanimato da sfoggiare e riporre nel dimenticatoio secondo la convenienza del momento.

La cantante è oggi in aperta polemica con i produttori di Gomorra 2 per l’uso – da lei definito – “inappropriato” che è stato fatto del suo brano nella nona puntata della serie.

La scena incriminata è quella in cui la camorrista Scianel canticchia un pezzo della canzone usando un vibratore come microfono.

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L’artista campana ha comunicato il suo sconcerto sulla propria pagina Facebook Resto in primis dispiaciuta, poi sconcertata e allibita da ciò. Sapevo che questa mia canzone fosse stata scelta dalla produzione di questa serie. Non ho intascato nulla. Mai avrei immaginato di fare da sottofondo musicale a una scena, a mio parere, volgare in netta contrapposizione col significato della canzone. Non avrei mai acconsentito ad una cosa del genere”, annunciando di aver già preso i contatti per un’azione legale.

Il mondo neomelodico offre però anche un’altra interpretazione del tema trattato: questa volta è una voce maschile a dare il suo punto di vista, quella del cantante di Casoria Raffaello con la sua “Bambola”.

La donna diventa un’amata gelosa e viziata, una presenza attraente ma dal capriccio facile. Un po’ come la bambolina cantata da Ligabue, pronta a diventare una mantide religiosa e ad uccidere il suo compagno con una barracuda pur di non essere lasciata sola dopo il sesso.

La bambolina/cammina e cammina/fra il ghiaccio e la brina/un raggio di luna/le illumina il viso/già pronto per l’uso/a tutti risponde di sì” è la strofa iniziale di una canzone dei Baustelle, tratta dall’album “I mistici dell’Occidente” uscito nel 2010, che pone un accento critico sui falsi miti della società occidentale.

Il brano fa un chiaro riferimento alla condizione poco dignitosa e spesso disumana alla quale sono costrette le prostitute, ridotte a vendere il proprio corpo per fare i favori del “dio denaro”.

Altrettanto struggente il testo “Bambolina” della grande Mia Martini, adagiato sulle note commoventi scelte per lei dal cantante, musicista e produttore discografico Shel Shapiro. La canzone è una dedica toccante alla madre.

La cantante come riporta il blog Carpe Diem dedicato all’artista – commentò il brano dicendo:

È riferita a mia madre ed è una storia di follia molto triste. Io ho immaginato questa madre, che è stata una donna di una bellezza sconvolgente, che non riesce ad accettare né il fatto di invecchiare, né il fatto di essere madre. Non ha accettato nemmeno il fatto di essere moglie nei confronti di mio padre. Però è mia madre, è la persona che mi ha dato la vita, quindi l’unica maniera per me di superare questa cosa è di immaginarla come una malattia, una follia (…) per me non è triste, è micidiale, un’arma terribile, un coltello che mi uccide!”

Tutt’altro tono ha la canzone folkloristica “Mia madre mi diceva, vogliamo le bambole”, rivisitata da molti gruppi nel panorama della musica popolare, che ironizza sulla pretenziosità delle suocere nella scelte delle nuore.

Il coro di voci maschili – dopo aver elencato una serie di difetti da evitare secondo le raccomandazioni materne ed aver realizzato che, a suo dire, non resta alcuna donna papabile – s’innalza nella sconsolata richiesta “Vogliamo le bambole per fare l’amor”.

Il cult è stato ripreso dal cantautore italiano Simone Cristicchi che, in perfetta linea con il suo stile, ha saputo combinare una critica sociale al tono canzonatorio del brano, chiudendolo con una lista dei nuovi prototipi di donna desiderabili per l’uomo del secondo millennio:

Le letterine, le veline, le siliconate, le ministre”.

Antonella Fortunato

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