A partire dal secolo in cui “Dio è morto”, e cioè il ‘900, non si può far altro che mettere a confronto autori che credono e autori laici. Questa però è anche una suddivisione netta che lascia il tempo che trova, ma che proprio per questo, deve essere smontata e ricomposta. Quanti buoni cristiani e bigotti, ci sono fra i laici e i rivoluzionari del Novecento, o viceversa, quanti veri rivoluzionari ci sono tra i cristiani del nostro tempo? Bisogna perciò riflettere sulla letteratura, cioè su come si attualizza e si rende pratico il pensiero degli uomini. Ciò, ovviamente, può portare anche a riflessioni più approfondite ed erudite, noi invece vogliamo dare quattro spunti letterari, quattro riflessioni concrete sull’uomo e Dio.
La terra desolata, T.S. Eliot, 1922
Il Novecento è il secolo dell’uomo al centro di tutto: e per “uomo” si intende anche il suo smarrimento, come ci rammenta T.S. Eliot nella sua Waste Land (La terra desolata), che testimonia lo smarrimento dell’uomo contemporaneo privo del senso del sacro. In questo spazio tematico, dunque, si tenterà di tirare le fila di tutti questi spunti fin ora venuti fuori, confrontando chi ha creduto e chi no. Per tentare di capire cosa cambia e cosa resta uguale. Il poemetto di Elliot, capolavoro della poesia modernista è forse una delle opere più complesse del Novecento, proprio per il rapporto e la simbologia che Elliot riesce a creare attorno alla “immagine” di Dio.
La Coscienza di Zeno, Italo Svevo, 1923
Italo Svevo fa dire a Zeno Cosini: “Se credessi in Dio, non farei altro che pregare”: e ora che non c’è più? Chi ci crede ancora? Chi è che si ostina? Chi vuole credere ancora in Dio? Tocca fare tutto da soli? Se è morto Dio, è morta anche la speranza, la religione? Probabilmente no. Anzi, proprio perché Dio è morto, lo si deve cantare con più forza, la fede deve rinsaldarsi, l’unione con Dio ora può essere ancora più morbosa, in nome dello smarrimento della società contemporanea. Svevo ha avuto come maestro uno scrittore di origine cattolica, ovvero quel James Joyce che si era formato in seminario cattolico su testi di Tommaso d’Aquino e che teorizzava come epifanie i modi di manifestarsi dell’essere dentro i più trascurabili fenomeni quotidiani. Tutto questo misticismo ritorna in La Coscienza di Zeno, e Svevo tratta questa tematica con lo sguardo critico dell’uomo del ‘900, lo sguardo di chi pone a se stesso le domande fondamentali della fede e del dogma, mettendo in discussione l’esistenza stessa dell’uomo e di Dio.
Gli insegnamenti di Don Juan, Carlos Castaneda, 1968
Se Dio è, in maniera più ampia, conoscenza, non possiamo non annoverare in questa quartina di libri Gli Insegnamenti di Don Juan di Carlos Castaneda. In questo romanzo di genere diario, Castaneda raccoglie le sue esperienze, vere o presunte, compiute tra il Messico e la zona sud occidentale degli USA, presso lo sciamano indiano yaqui Juan Matus. Il viaggio spirituale di Castaneda è un vero e proprio itinerario verso la conoscenza di se stessi. Dio diviene spinta motrice di un’indagine personale, volta alla comprensione dei meccanismi e delle interconnessioni tra tutti gli esseri viventi. Il protagonista del libro è l’uomo di conoscenza, che Don Juan descrive così: «Deve sfidare e sconfiggere i suoi quattro nemici naturali. Un uomo va alla conoscenza come va alla guerra, vigile, con timore, con rispetto e con assoluta sicurezza. Andare verso la conoscenza o verso la guerra in qualunque altro modo è un errore, e chi lo commette potrebbe non vivere abbastanza a lungo per rimpiangerlo. Quando un uomo ha soddisfatto questi quattro requisiti – essere perfettamente vigile, provare timore, rispetto e un’assoluta sicurezza – non dovrà rendere conto di alcun errore; quando è in questa condizione, le sue azioni perdono la fallibilità delle azioni di uno stupido. Se l’uomo sbaglia, o subisce una sconfitta, avrà perso soltanto una battaglia e non dovrà pentirsene amaramente.»
Il Padrone del Mondo, Robert Hugh Benson, 1907
Benson è stata una figura curiosa nel panorama della letteratura mondiale, scrittore e pastore anglicano, figlio dell’arcivescovo di Canterbury, all’inizio del ‘900 scrive un romanzo distopico sulla figura dell’anticristo. Nell’opera, l’anticristo tenterà in tutti i modi di corrompere i cristiani prima della seconda venuta del messia. L’opera di Benson è anche una sorta di opera politica, poiché in esso egli si propone di mettere in guardia tutti gli uomini: la religione cattolica sta iniziando ad essere scalfita da un’ altra religione, quella del benessere, molto più rassicurante delle parole di Dio, ma che non è nutrimento per l’anima, bensì per il corpo, per l’effimero. Benson traccia le linee quindi di un cristianesimo relegato ai margini, che non conta quasi più.