O siamo soli nell’universo o non lo siamo. In entrambi i casi, la prospettiva è terrificante.
Arthur Clarke
Sulla necessità di ricercare la novità e “l’altro da sé”, costante ineludibile nella storia dell’umanità, sono state prodotte numerose creazioni cinematografiche, che se da una parte sfogano la fantasia recondita dei registi, dall’altra essenzialmente giocano la loro fortuna sul bisogno della maggior parte delle persone di sentirsi meno soli.
In effetti, si potrebbe stilare una lista lunghissima di vari film incentrati su mondi extraterresti, invasioni aliene e creature marziane dalle forme più disparate, in accordo o meno con quanto dichiarato dall’ufologia.
Sullo schermo, gli extraterresti compaiono già a partire dal 1902, in quello che si potrebbe considerare il primo film di fantascienza, Viaggio nella Luna di Georges Méliès: si tratta dei seleniti, rappresentati come grottesche creature assimilabili ai folletti, che abitano la Luna.
L’esempio di Méliès è seguito, pochi anni dopo, da altri registi, tra cui Holger-Madsen che rappresenta dei marziani in Himmelskibet (1918), Bruce Gordon e J.L.V. Leigh con The First Men in the Moon (1919) e il russo Jakov A. Protazanov che in Aelita (1924) inscena, anch’egli, dei marziani.
Ma è negli anni Cinquanta, con il lancio dello Sputnik 1 che i registi si sbizzarriscono nella rappresentazioni di creature extraterrestri. Da questo momento in poi, infatti la loro presenza diventa sempre più massiccia nel cinema, in film, serie tv e show televisivi influenzando di molto la cultura popolare.
In questo periodo, gli alieni sono ritratti soprattutto come invasori della Terra, malvagie intelligenze superiori dalle fattezze di mostri spaventosi e, in generale, come nemici del genere umano (non a caso, è l’epoca in cui negli Stati Uniti dilaga la paranoia anticomunista, su cui insistono i grandi film hollywoodiani). Sono giganti dalla testa allungata, con la pelle verde e squamosa, le orecchie a punta e le fauci appuntite. Tanto diversi, eppure tanto simili all’uomo.
Pochi infatti sono i film nei quali gli extraterrestri sono rappresentati come qualcosa di veramente alieno, ossia estraneo al genere umano. Uno degli esempi può essere Tarantula (1955) di Jack Arnold, dove assumono forme di ragni e formiche giganti, tutto sommato comunque forme conosciute a noi terresti. Insomma nulla di nuovo.
Nel celeberrimo La Guerra dei Mondi (1953) di Haskin e nel remake nel 2005 di Spielberg sono simili a grandi piovre così come descritte nel romanzo di Wells.
Persino Alien (1979) di Ridley Scott, per quanto indiscutibilmente ripugnante, ha un aspetto vagamente umano: la creatura è infatti bipede, ha due braccia, una testa, due occhi, una bocca, tutto al loro posto.
E lo stesso per gli alieni di Steven Spielberg in Incontri ravvicinati del Terzo tipo del 1977. Qui il regista, però, mette in scena i “grigi”, uno dei tipi alieni riconosciuti dall’ufologia: infatti egli era non a caso tra i finanziatori dell’Allen Hynek il centro intitolato allo studioso più importante dell’ufologia contemporanea.
E come non ricordare, sempre di Spielberg, E.T. (1982): Rambaldi plasma un omino basso e decisamente bruttino, ma del tutto umano con la pelle avvizzita, due occhi prominenti, che cammina su due piedi e va addirittura in bicicletta! È interessante, comunque, che si tratta di uno dei pochi casi di extraterrestre non amico degli uomini e non terribile invasore.
Terribili invasori erano gli alieni di Mars Attack (1996) di Tim Burton: ancora una volta mostri umani sono al centro di un film che, tuttavia, non ne fa oggetto di paura, ma piuttosto di parodia, con un cast stellare di attori e comici pluripremiati tra cui per esempio ricordiamo Jack Nicholson, Glenn Close, Natalie Portman, Pierce Brosnan e tanti altri.
Sembra che per i registi il mondo alieno sia un mondo da scoprire, ma non c’è dubbio che l’ottica rimane ancora antropocentrica.
Se è vero che gli alieni esistono, perché le loro fattezze devono essere così simili all’uomo? Basta guardarci intorno per constatare che sulla Terra non c’è forma di vita che sia simile l’una all’altra, dunque perché gli extraterrestri ci dovrebbero somigliare così tanto? Forse perché sono davvero simili a noi. O forse perché la mente umana non è (ancora) capace di concepire una forma vita completamente diversa, stretta com’è nel suo narcisismo.
Insomma, sembra non ci sia scelta: così come secoli fa prima della scoperta dell’eliocentrismo, il modello vincente è, amaramente, ancora il semplice uomo.
Sara Di Leo
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