Il 10 maggio del 1978 la Polonia divenne teatro di uno dei casi più emblematici e studiati dagli ufologi di tutto il mondo: il rapimento Wolski da parte degli alieni.
Jan Wolski era un vecchio contadino residente a Emilcin, un borgo rurale di circa settanta aziende agricole in provincia di Lublino (Polonia). Conduceva una vita tranquilla, caratterizzata da una profonda dedizione al lavoro, alla famiglia e alla fede cattolica. Ai tempi dell’accaduto nel suo paesino – secondo quanto attestato dalla WCPE-UFO – non esistevano scuole, bar, edicole ma solo un negozio. Motivo per il quale è da escludere l’idea che l’uomo sia stato condizionato nel racconto dalla propaganda televisiva e globalizzata fatta sull’argomento “alieni” dagli americani.
La Polonia di quel periodo era una nazione che stava sviluppando studi di ufologia in maniera indipendente dal resto del mondo, nonché il primo paese del blocco comunista a istituire un movimento civile ufologico. Nell’isolato e povero villaggio di Jan Wolski, tuttavia, queste notizie non giungevano. Anzi, non si aveva neppure idea di cosa significasse la parola “extraterrestre”. La mancanza di televisori e radio eliminava infatti ogni possibilità di contatto con le idee della realtà globalizzata. Dunque risultò impensabile che il vecchio contadino avesse attinto alla fantasia dei registi hollywoodiani per crearsi l’immagine degli alieni, nonostante la sua descrizione degli ominidi – persone dalla pelle verde e gli occhi a mandorla, vestite da subacquei – fosse molto simile a quella raccontata dal cinema americano.
La mancanza d’influenza mediatica ha reso il caso polacco estremamente interessante per gli studiosi che hanno potuto riscontrare anche delle similitudini con altri racconti di rapimenti ufo: prima fra tutte l’apparente scopo scientifico dell’operazione. I due alieni che Wolski disse di aver incontrato mentre andava lavorare nei campi con il suo cavallo e il carro, difatti, fecero in modo di portarlo sulla loro navicella per effettuargli degli esami.
L’uomo raccontò di aver trovato due figure dall’aspetto umano alle sette del mattino sulla strada per andare in campagna. Gli ominidi andavano nella sua stessa direzione e aspettarono che il carretto li raggiungesse per salire, senza proferire parola ma facendo intuire di voler un passaggio. Fu in quel momento che Wolski si rese conto che, le bizzarre figure, di strano non avevano solo il vestiario da sub – che tra l’altro lui non aveva mai viso e che quindi non poté definire come tale, limitandosi a parlare di indumenti aderenti e neri con delle pinne al posto delle scarpe – o la camminata fluttuante ma persino la pelle verdastra.
Sostenne, tuttavia, di non essersi mai sentito minacciato dalle misteriose presenze, le quali presero a parlare tra di loro – senza mai rivolgersi all’uomo – in una lingua incomprensibile e che Jan memorizzò come un ripetersi ininterrotto di “ta-ta-ta-ta”.
I tre arrivarono poi nella zona della radura in cui la vegetazione si faceva più fitta e dove gli alieni avevano parcheggiato quello che il testimone definì “un bus sospeso sul suolo” ma altro non era – secondo gli ufologi – che la loro navicella.
Gli ominidi fecero segno al contadino di seguirli sul dispositivo e lui esterrefatto ma non impaurito eseguì. Si trovò così catapultato da un ascensore in una stanza buia, vuota e rettangolare. Non vi erano mobili ma solo piccole panchine. Descrizioni coincidenti con altre testimonianze di persone che sostengono di essere state rapite da extraterrestri. D’insolito c’è invece che Wolski sostenne di averli visti mangiare un ghiacciolo che si rompeva come fosse stato un pasticcino e che i sequestratori fuori dal comune, in ogni senso, gli avrebbero bonariamente offerto e lui cortesemente rifiutato.
Passò qualche minuto sulla navicella. Il tempo di vedere gli ufo chiedergli di spogliarsi completamente e poi applicargli degli strumenti simili a dei piatti sul corpo. Successivamente fu invitato ad andare via, sempre a gesti e mai attraverso comunicazioni telepatiche, poté così tornare al carro e dirigere lo spaventato cavallo verso casa. Appena giunto nella sua azienda raccontò tutto alla moglie e tornò sul posto con vicini e figli. Tutti rimasero colpiti dalla presenza di strane orme sul fango: più lunghe di quelle umane e trapezoidali.
Il caso Wolski fa ancora oggi discutere ma è quello sul quale gli scettici riescono a controbattere di meno vista la condizione sociale e culturale, incontaminata da influenze esterne al mondo contadino, nella quale si realizzò. L’importanza che ha avuto per la nazione è riscontrabile anche nella produzione di fumetti elaborati sulla storia raccontata dal contadino di Emilcin.
Antonella Fortunato
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