Le guerre dell’oppio furono i due conflitti che, nell’Ottocento, videro il potente impero Cinese piegato dalla Gran Bretagna attraverso un atto non di forza ma di furbizia: il contrabbando dell’oppio.
Il XIX secolo fu per il Regno Unito una fase di grande fioritura sotto tutti i punti di vista. La regina Vittoria – che, per il suo carisma, diede anche il nome al periodo storico inglese di cui fu protagonista – seppe infatti rendere il proprio impero coloniale la maggiore potenza economica e commerciale d’Europa, nonché la culla della seconda rivoluzione industriale.
In questo quadro è facile comprendere come alla sovrana britannica dovesse dare non poco fastidio la chiusura socio-economica che un grande paese come la Cina mostrava nei confronti delle attività di importazioni ed esportazioni di un Occidente diretto a passo sicuro verso la mondializzazione del mercato.
L’Oriente si teneva invece ben lontano dalle idee liberali e liberiste degli europei, convinto a restare ancorato al suolo sicuro e conosciuto del conservatorismo sul piano socio-politico e del protezionismo su quello economico. Così se da un lato, quello occidentale, si spingeva per la creazione di porti sempre più aperti e in continua connessione tra loro, dall’altro si prendevano tutte le misure restrittive necessarie ad evitare una corrispondenza mercantile sistematica con il resto del mondo.
Arrivò, però, il momento in cui al Regno Unito non bastò più limitarsi ad importare dalla Cina le grandi quantità di tè, seta e porcellana di cui la popolazione inglese aveva bisogno, sentendo la necessità di avere un’altra terra in cui esportare i propri prodotti. Mossa necessaria, quest’ultima, ad evitare il pericolo di crisi da sovrapproduzione.
Pertanto, dopo aver tentato invano di convincere i cinesi ad aprire i porti all’Europa, la regina Vittoria passò ad una strategia estremamente astuta: la corruzione degli uomini di potere e della realtà portuale attraverso la droga.
La Cina infatti, per quanto più arretrata a causa del conservatorismo, poteva contare su un esercito imperiale forgiato da una disciplina secolare che il Regno Unito, nonostante la propria ricchezza e disposizione di mezzi, era consapevole di non poter affrontare. Ecco perché si preferì agire attraverso la furbizia, portando il nemico a cadere sotto il peso dei propri errori.
L’impero inglese disponeva di vaste coltivazioni d’oppio nelle sue colonie indiane e fu proprio attraverso il contrabbando di questa sostanza stupefacente che riuscì a piegare i cinesi ai propri voleri. Nei porti i funzionari iniziarono a lasciarsi lusingare dalla possibilità di rivendere la droga – acquistata dai commercianti del Regno Unito a basso costo – a prezzi esorbitanti, ricavando ottimi guadagni per le proprie tasche.
In breve tempo i contrabbandieri iniziarono a moltiplicarsi e l’oppio a circolare all’interno dell’impero Cinese in quantità sempre maggiori e toccando sempre più classi sociali, le quali si dovettero scontrare anche con gli effetti disastrosi portati dal narcotico sui rapporti civili. La dipendenza dallo stupefacente, difatti, provocò l’imbarbarimento della società.
A patire maggiormente il degrado furono le classi meno abbienti che, motivate dai facili guadagni iniziali, si ritrovarono in brutti giri di debiti. Violenza inaudita, alcolismo, prostituzione e sfruttamento minorile arrivarono subito dopo a completare un quadro già molto drammatico. Laddove l’incapacità di acquistare altro oppio sfiancava la gente in crisi d’astinenza fioriva la malavita e i rapporti illegali con i trafficanti europei andavano consolidandosi.
A questa situazioni critica il potere imperiale reagì con il proibizionismo, ovvero vietando la compravendita della droga indiana. La decisione tuttavia non fece che peggiorare lo stato d’emergenza: il prezzo dell’oppio aumentò, portando la popolazione – sempre più bisognosa di farne uso – alla povertà.
La prima guerra dell’oppio tra Impero Cinese e Regno Unito si protrasse dal 1839 al 1842 e finì con il trattato di Nanchino in cui lo sfiancato potere imperiale decretò l’apertura dei porti di Canton e Shanghai al regno della regina Vittoria. Inoltre la Cina cedette al dominio inglese Hong Kong.
La seconda guerra dell’oppio, che si tenne dal 1856 e il 1860, vide l’esasperata popolazione cinese ulteriormente scossa da una rivolta interna che si trasformò in guerra civile. Il conflitto, passato alla storia con il nome di “Rivolta dei Taiping” (1851-1864), fu il frutto di anni di fame e disperazione. Il popolo non riusciva più a tollerare l’essere pressato tra due forze che pur di raggiungere i propri obiettivi stavano trasformando i fieri cinesi in una comunità di tossicodipendenti poveri e abbandonati a se stessi.
Nella seconda campagna militare contro il nemico occidentale la Cina dovette affrontare uno schieramento di grandi potenze: Francia, Russia e Stati Uniti, infatti, iniziarono a sostenere la Gran Bretagna perché ingolositi dalla possibilità di avere un approdo commerciale in Oriente.
Altri undici porti cinesi vennero aperti al resto del mondo con il trattato di Tientsin che mise fine ad uno dei più famosi esempi storici di corruzione degli apparati di potere attraverso il contrabbando di sostanze illegali.
Antonella Fortunato
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