CULTURA

TRA BIOLOGIA E TECNOLOGIA – DOVE CI CONDURRÀ L’EVOLUZIONE?

L’evoluzione è una caratteristica intrinseca dell’essere umano. Dalle nostre proprietà biologiche, fino alle conoscenze più scientifiche, un grafico esponenziale riesce a disegnare ognuno degli ambiti delle capacità umane, mostrando come la nostra specie viva in un costante evolversi. Una evoluzione sicuramente differente rispetto a quella teorizzata da Charles Darwin nel suo L’origine della specie, non più legata all’antico concetto di selezione naturale, ma che, nei suoi tratti fondamentali, spinge l’umanità verso il futuro.

Era il 1969 quando Neil Armstrong pose il suo leggendario primo passo sulla Luna. O forse dovremmo partire da quel primo volo di Jurij Gagarin nel 1961, quando la Corsa allo Spazio, tipica della Guerra Fredda, pose il primo grado verso l’esplorazione spaziale, sogno di una intera generazione. Sogno che oggi vede sorgere grandi barriere, non solo economiche e scientifiche, ma anche biologiche. Come mai?

Il corpo umano non è in grado di sostenere la vita spaziale. O meglio, il nostro organismo non è in grado di vivere in assenza di gravità. Dimostrazione viene data dal lungo percorso di riabilitazione che devono svolgere gli astronauti, oggi, al ritorno dai diversi mesi di servizio sulla Stazione Spaziale Internazionale. Questo perché l’assenza di gravità fa sì che i nostri muscoli si ritrovino a “riposo”, poiché non sono più necessari i vari movimenti involontari che permettono a una normale persona di mantenere la posizione eretta sulla Terra, innescando un circolo vizioso che lascia assottigliarsi le ossa, con il conseguente rischio di maggiori fratture una volta tornati sul pianeta. Muscoli atrofizzati, ossa indebolite, insorgere di patologie come calcoli renali, senza dimenticare il numeroso carico di radiazioni che gli astronauti finiscono per assorbire in questi lunghi viaggi, non protetti dall’atmosfera terrestre come avviene normalmente: queste e molte altre problematiche pongono il viaggio spaziale, soprattutto in tempi lunghi, come un qualcosa di davvero debilitante per chiunque abbia il coraggio di affrontare una simile, fantastica seppur pericolosa, avventura.

La biologia umana si trova dunque ad un grande bivio, costituito dalla possibilità dell’essere umano di evolvere anche grazie alla manipolazione genetica, un campo che, tra etica, morale e quant’altro, si rivela costantemente minato, pronto a far esplodere molte discussioni. Mentre la scienza dell’esplorazione spaziale procede, dunque, si avvicina il momento in cui il limite non sarà più legato alle tecnologie energetiche o dei trasporti, ma pienamente costituito dalle nostre capacità di sopportare una tale situazione.

Con il muro del presente pronto a porsi davanti ai nostri occhi, cosa riserva il futuro più lontano, quel futuro remoto che sembra dominio della fantascienza, e non della canonica e accettata scienza accademica?

Una risposta è stata data nel lontano 1964, a cavallo del lancio di Gagarin e dell’arrivo sulla luna di Armstrong, da Nikolaj Kardašëv, un astronomo russo che, con una certa dose di visionarietà, riuscì a concepire e a proporre un sistema di ordinamento dei diversi tipi di civiltà universali in base ad un concetto per noi oggi tanto normale, quanto poco presente all’epoca degli scritti dell’autore: l’energia.

Scala di Kurdašëv

Per l’astronomo bisognerebbe dunque catalogare le civiltà che popolano il cosmo in tre grandi livelli, in base alle capacità di sfruttamento dell’energia a propria disposizione. Le civiltà di Livello I sono costituite da coloro in grado di sfruttare pienamente l’energia a disposizione del proprio pianeta, le civiltà di Livello II sono formate da coloro in grado di utilizzare l’energia della propria stella, mentre le civiltà di Livello III hanno la straordinaria capacità di utilizzare l’energia di una intera galassia. Secondo tale scala, la civiltà umana è ancora lontana dall’essere appartenente dal Livello I, ma ciò non toglie che sia il prossimo stadio dell’evoluzione tecnologica che ci aspetta, prima o poi.

Anche se tutto ciò si base su un importante compromesso: la certezza che l’essere umano continui a esistere, e a proseguire sulla sua strada, senza alcun crollo in quel grafico di cui parlavamo all’inizio di questo articolo. Una fiducia nell’umanità che potrebbe non essere così ben risposta, con un muro, oggi, che è ben più importante di quello tecnologico: il muro della sopravvivenza. Mancano pochi gradini per raggiungere il primo livello di cui, più di cinquant’anni fa, parlava lo scienziato russo, un livello nel quale l’essere umano sarà in grado di andare oltre a molte delle maggiori cause di contrasto oggi sul nostro pianeta. Ma riusciremo davvero a percorrere quei gradini?

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