Lucertola, è questo il titolo della raccolta di racconti di Banana Yoshimoto, pseudonimo di Mahoko Yoshimoto. Il volume è stato pubblicato, per la prima volta, in Giappone nel 1993 e poi uscito in Italia, con un’edizione Feltrinelli, nel 1995, con la magistrale traduzione di Giorgio Amitrano.
Il fil rouge che unisce i sei racconti è rappresentato, oltre che dall’ambientazione che vede come scenario una splendente Tokyo, dalle ferite di ogni singolo protagonista che, chi per una storia d’amore tormentata, chi da un trauma infantile, avvia un processo di chiusura verso il mondo esterno, trincerandosi dietro la fortezza di muri e incomunicabilità che innalza. Sembra quasi che le loro esistenze siano destinate a rimanere immutate per sempre, quando per ogni storia si giunge al punto di rottura che paleserà la possibilità di ridestarsi da quel momento di stasi.
Ciò che la Yoshimoto fa in questa raccolta di racconti, è condurre il lettore nel senso di insoddisfazione diffuso tra chi vive a Tokyo, e quella “vaga sensazione che ci sia qualcosa che non va senza sapere esattamente cos’è”, come lei stessa scrive nel postscritum per l’edizione italiana. Per guidarci in questo tortuoso percorso, che dalla disfatta porta alla rinascita, descrive l’angoscia dei personaggi nel fare i conti con i propri fardelli spirituali, con i propri blocchi emotivi, quei blocchi che rendono difficoltoso rapportarsi con i sentimenti, con l’emotività, un po’ come misurarsi ogni giorno con se stessi, uscirne sconfitti, e cercare una ragione per lottare ancora. Fino a quando un particolare incontro, lo scorrere di un fiume, qualcosa che rompe quel circolo di angoscia e disagio, ridona ai personaggi la speranza di proseguire nel proprio percorso di vita; solo una volta arginati i propri blocchi emotivi, il sollievo dalla liberazione dei propri personali fantasmi, i protagonisti prenderanno piena coscienza di sé e riprenderanno a scorrere, proprio come le acque di un fiume.
La dimensione, palpabile fin dalle prima pagine del romanzo, è quella onirica e le pittoresche descrizioni della scrittrice giapponese fanno sentire il lettore parte integrante degli scenari descritti e degli stati d’animo vissuti. Per cui è semplice sentirsi suggestionati leggendo del percorso che porta al tempio buddhista, percepire i profumi di una bancarella di erbe officinali, sentirsi immersi nel tessuto metropolitano della caotica Tokyo, dove tutto scorre veloce e ci si può sentire soli anche fra milioni di persone.
Ma nonostante questo buio interiore, l’apparente e immutato scorrere del tempo, ciò che tutti ritrovano durante, e al termine del percorso di “trasformazione”, è la speranza, secondo filo conduttore dell’intera raccolta.
“Al mattino la superficie del fiume splende come se migliaia e migliaia di fogli d’oro stropicciati scorressero sull’acqua. La luce che scintillava dentro di me era altrettanto radiosa. E per un momento pensai che forse era quella che gli antichi chiamavano speranza.”
Copyright copertina: https://www.youtube.com/watch?v=gJbZnqV5N2A
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