Si sa, dinanzi ai misteri della vita il più delle volte ci si mostra come esseri razionali, come coloro che si affidano a rigorosi discorsi logici trascendendo il mistico. Un po’ perché influenzati dal moto scientifico, un po’ perché essere razionali oggi è trendy, siamo sempre pronti ad esclamare: ” io non ci credo”.
Attenzione, però! Ecco spuntare un raffinato cornetto rosso che, insieme ad altri charme preziosi, adorna in modo curioso il nostro polso e tra una passeggiata e l’altra su quel pezzo di universo frutto del ‘’Grande Scoppio’’ avvenuta non più di 13,82 miliardi di anni fa, se a tagliarci la strada è un certo felino dal manto nero, rapidamente arresteremo il nostro cammino e tutto lo scibile scientifico che vive e vegeta in noi perché, cosi come diceva il grande Eduardo De Filippo,
‘’Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male’’.
Numerosissime nel mondo sono le credenze popolari e le superstizioni di natura irrazionale in vigore che influiscono sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone.
Il termine superstizione deriva dal latino superstitiònem, composto da sùper (sopra) e stìtio (stato), sulla base di “stàre” o “sìstere“; venne impiegato da Cicerone nel De natura deorum per indicare la devozione patologica di chi trascorre le giornate rivolgendo alla divinità preghiere, voti e sacrifici, affinché serbi i suoi figli “superstiti” ( sani e salvi).
Quindi, benché ci muoviamo nell’era delle scoperte astronomiche, tra nuovi pianeti e nuovi sistemi solari, o di scoperte scientifiche di varia natura e di quelle tecnologiche da far rabbrividire i Blade Runner’s fan, preghiamo il fato di scamparla ancora.
Purtroppo, però, non sempre si riesce a farla franca con amuleti o rituali scaramantici quotidiani ( fare le corna ad esempio) perché il fenomeno dell’invidia, che tranquillamente potremmo definire malocchio, ahimè, potrebbe improvvisamente colpirci.
Se malauguratamente ciò dovesse capitare, non ci resta che rivolgerci ad esperte professioniste del settore, le masciare, perché non c’è medicina o sapere scientifico che tenga: ci si deve far sfascinare.
E che cos’è questo ‘’affascino’’?
Potremmo classificarlo tra le malattie più diffuse del globo data la sintomatologia simile alla comune febbre: mal di testa, stato di confusione, lacrimazione oculare, sonnolenza, stanchezza, nausea e dolori di stomaco con l’aggiunta di un pizzico di sfiga.
Il suo parassita germo-contaminante è il malocchio, che provocherà uno stato di malessere transitorio nel soggetto “affascinato” per un certo periodo di tempo, in virtù della carica di energia negativa che gli viene scaricata attraverso lo sguardo o le parole.
Non bisogna allarmarsi : le masciare sapranno come curarvi con antichissime formule magiche, acqua, olio e altri ingredienti a discrezione dello ‘’chef’’.
Dove reperire queste amabili professioniste?
Nel sud Italia sono molti i borghi che possono vantare la presenza di queste figure anche se con il passare degli anni si inizia a perdere la tradizione di trasmettere la conoscenza mistica.
Tra i numerosi borghi ce n’è uno in particolare, probabilmente il più noto che, da qualche anno, ha cavalcato l’onda mediatica. Dicono che pronunciarne il nome attiri negatività ( quindi caro lettore non leggere ad alta voce) ed è per questo che è da sempre ribattezzato come ‘’Quel Paese’’ o ‘’Il Paese che non si nomina’’.
Colobraro è un comune che sorge sulle pendici meridionali del Monte Calvario a 630 m s.l.m. arroccato sull’Appennino lucano nella valle del fiume Sinni.
La leggenda sull’innominabilità si pensi che risalga ad un aneddoto di prima della Seconda Guerra Mondiale quando, un avvocato molto stimato del posto, dopo aver esclamato “Se non dico la verità, che possa cadere questo lampadario” si vide crollare il lampadario per davvero.
Secondo altri studiosi questa sinistra fama legata al borgo della sfortuna sarebbe da ricondurre alla presenza di maghe che lì abitarono ( e che lo popolano ancora) come Maddalena la Rocca, una “cattra” immortalata da Franco Pinna.

Maddalena La Rocca
Un’altra storia legata a Colobraro riguarda il famoso antropologo Ernesto De Martino che visitò il paese nel 1952 riferendo di essere stato protagonista di episodi sfortunati insieme al suo gruppo di ricerca (di cui faceva parte lo stesso Pinna).
Al paese della magia è stato dedicato uno spettacolo dal nome ‘’Sogno di una notte a quel Paese’’ che dal 2011 viene portato in scena tra i vicoletti del borgo antico ogni anno ad Agosto. Ideatore di ciò e direttore artistico per il Comune di Colobraro è il poliedrico artista Giuseppe Ranoia, di Montalbano Jonico.
Noi di Metis Magazine lo abbiamo intervistato per voi.
Com’è nata l’idea di portare in scena tra le vie del borgo antico di Colobraro uno spettacolo sulle credenze popolari e la superstizione?
Fui convocato dal sindaco di Colobraro, Andrea Bernardo, e alla presenza di Maria Mazziotta, Rosanna Bastanzio ed Elena Di Napoli ebbi l’incarico di ideare uno spettacolo che potesse animare l’estate colobrarese. L’intenzione del sindaco era proprio quella di animare il borgo antico del paese. Io, dal canto mio, amando il teatro medievale ho subito pensato di dar vita ad una rappresentazione teatrale itinerante lasciandomi ispirare da quelle che erano gli spettacoli teatrali delle sacre rappresentazioni. La contrapposizione circostanziale dell’aspetto religioso rispetto quello magico sottolinea, nella forma di “sacra rappresentazione” l’influsso e l’appoggio della religione ufficiale alle pratiche magiche, utilizzandole anche, a volte, a sostegno del potere sociale e politico che nella storia ha interessato la chiesa.
Così proposi di realizzare un testo teatrale sul tema della iella e di impegnare la gente del posto per creare valore aggiunto sul territorio, non amando io la spettacolarizzazione fine a se stessa.
Entrambi i punti furono bocciati, ma riuscii a convincere il lungimirante sindaco che rischiò su di me e sul Sogno.
Si aspettava che la rappresentazione avrebbe riscosso questo notevole successo?
No, non ci aspettavamo un tale successo, anche perché non avevamo precedenti.
Ma l’intuito del sindaco di sostenere il lavoro con un battage pubblicitario, unitamente al carattere del lavoro che tanto piaceva alla gente, creò un movimento inaspettato, commovente!
La scelta del nome Sogno di una notte…a quel Paese di chiara ispirazione shakespeariana è sempre da ricondurre a lei?
Diedi il titolo Sogno di una notte a… Quel Paese per richiamare Shakespeare che con la sua “omonima” opera parla della dimensione magica e onirica e di quella tradizione che accomuna i popoli. Una sorta di unità europea anticipata dal senso magico.
In una delle fasi dello spettacolo c’è l’immancabile rituale dell’affascino dove un personaggio scelto casualmente tra il pubblico viene invitato a farsi ‘’sfascinare’’ C’è una reazione di uno spettatore che l’ha divertita particolarmente?
Ce ne sono vari di episodi comici e ridicoli, ma anche interessanti da un punto di vista antropologico.
Anche la scena dove viene chiesto a uno spettatore di inscenare un morto mostra delle facce tese seppur sorridenti.
Una delle cose sconvolgenti fu quando decidemmo di mettere una cassettina in cui raccogliere suggerimenti e critiche.
Aprimmo la cassettina per leggere i biglietti e trovammo delle vere e proprie preghiere e richieste di interventi magici: fa star bene mio figlio, fa tornare papà, ecc.
Siete giunti ormai alla settima edizione. Quali saranno le novità quest’anno?
Ogni anno ci sono delle novità.
Ad esempio, nell’edizione scorsa feci cenno alla Prima Guerra Mondiale alternando al testo che scrissi momenti di grande ilarità a momenti tragici. Introdussi la figura di un soldato con una divisa identica a quella di un fante del 1915 che leggeva agli spettatori lettere dal fronte. Terribili, commoventi, tragiche!
È la vita: c’è chi festeggia e chi piange la morte, ma non dobbiamo mai smettere di meravigliarci, di stupirci e soprattutto amarci, comprendendo che il bene comune è la sola via: Τὰ τῶν φίλων κοινά ( tra gli amici tutto è in comune ndr) diceva qualcuno ancor prima di Gesù di Nazareth.
Quest’anno critico apertamente alcune concezioni derivate dal levismo e dal demartinismo. De Martino, a mio avviso, pur riconoscendogli ampi meriti in campo etno-antropologico, credo che abbia commesso degli errori analitici che hanno generato delle tesi viziate. Comprensibile, però, l’errore in quanto la propulsione comunista di quegli anni, voleva dimostrare l’arretratezza dei territori visitati dovuta anche a una profonda carenza infrastrutturale.
Credo che occorrerà riaprire quegli studi e invece di mettersi alla sequela, di criticarli scientificamente evitando inquisizioni da parte di una certa comunità scientifica italiana.Qualcuno credo incominci a farlo anche se, spesso, riceve opposizioni e contrasti. Io, uomo di teatro, cerco di farlo nel mio piccolo sperando che la mediocrità della società delle “competenze” non voglia mettere un bavaglio arrogante frammisto a sedicente scientificità.
Non a caso, in qualche edizione passata di Sogno di una notte…a Quel Paese, trovavamo un Giordano Bruno che parlava del Bosone di Higgs, del principio di indeterminazione di Heisemberg, dei neutrini e di altro. Anche quella è magia?
Domanda su cui si soffermava anche Galilei, in un’altra edizione, a riflettere.
Lo rappresentazione andrà in scena dal primo Agosto al primo Settembre tutti i martedì e venerdì.
Uno spettacolo ogni ora dalle ore 18:00 alle 22:00.
Il programma prevede:
PERCORSO INTRODUTTIVO
Accoglienza presso il Palazzo delle Esposizioni/Inforpoint, vestizione con AMULETO di Colobraro “l’Abitino” (potente anti malocchio e portafortuna per fertilità, abbondanza e amore).
PERCORSO MUSEALE
Mostra fotografica “Con Gli Occhi Della Memoria” di Franco PINNA, il fotografo che accompagnò De Martino nei sua viaggi in Lucania. mostra su “La Civiltà Contadina” e “La Casa Contadina”.
PERCORSO TEATRALE ITINERANTE
Il Percorso Teatrale (regia Giuseppe Ranoia) si dipana tra i vicoli e piazzette del Borgo, per raccontarvi storie di Masciare, Fattucchiere, Affascini, Monachicchi, Lupi Mannari, Morti Parlanti, Lampadari Cadenti e… Antropologi.
PERCORSO ENOGASTRONOMICO
SAGRA con degustazione di piatti e prodotti tipici Colobraresi e Lucani.
Credits ph Giuseppe Ranoia
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