(Avviso agli utenti: i contenuti di questo articolo potrebbero turbare i lettori più sensibili)
Nell’immaginario comune, la propensione verso condotte criminose efferate e di inaudita violenza viene solitamente attribuita a persone adulte, con disturbi psichici o della sessualità, a persone che hanno alle spalle un’infanzia turbolenta ed un vissuto che non ha risparmiato loro brutalità e maltrattamenti subiti nell’ambito di contesti che ordinariamente sono deputati alla tutela di valori negati.
Ma quando a macchiarsi di sangue sono le mani di un bambino che ha perso la sua innocenza innata, allora le cose cambiano e la storia si fa ancor più macabra ed agghiacciante.
Quello dei baby serial killer non è un fenomeno così poco diffuso come si potrebbe pensare; si tratta di giovanissimi, di bambini, di angeli senza ali che di angelico hanno ben poco e che uccidono con la consapevolezza di ciò che stanno facendo, perché affetti da psicosi o perché delle violenze subite in prima persona – e per mano di carnefici spesso insospettabili – essi fanno il proprio mezzo espressivo.
Tendenzialmente i baby serial killer uccidono altri bambini, per una questione di forza fisica e di capacità di adescamento; ed attraverso la violenza, l’efferatezza e la serialità dei loro crimini si riscattano dall’ingiustizia di una vita vissuta nel buio, una vita di dolore che per prima è toccata anche a loro.
Sono le storie dei cinque baby killer più cattivi della storia del crimine quelle che vi voglio raccontare, storie di sangue e di orrore…e vi garantisco che dopo averle lette non guarderete più un bambino con gli stessi occhi di prima.
BRENDA ANN SPENCER
Nacque a San Diego il 3 aprile 1962 e a lei va attribuita, dopo il massacro della Bath School del 1927, la prima strage scolastica statunitense dell’epoca moderna.
Per uno dei suoi compleanno chiese al padre in regalo una radio, ma ricevette una pistola. Potrebbe sembrarci assurdo che un genitore regali un’arma al proprio figlio, specie se minore d’età; ma in America non è poi così raro che ciò accada.
Da una rivelazione della ragazza è emerso che ella pensava che dietro quel regalo c’era un invito latente, da parte del padre, a suicidarsi.
Brenda aveva una smodata passione per le armi da fuoco anche prima del massacro messo a punto il 27 gennaio 1979 e realizzò la strage utilizzando un fucile calibro 22 semiautomatico che sempre il padre le donò qualche giorno prima del Natale precedente la sparatoria.
Il 27 gennaio 1979 Brenda Spencer cominciò a sparare all’impazzata da una finestra della sua casa in direzione della scuola elementare che si trovava dal lato opposto della strada. Uccise due persone, il Direttore della scuola ed il custode, e ferì otto bambini; la sparatoria durò ben sei ore e furono scaricati in direzione della scuola ben trenta caricatori; quando Brenda ebbe dato sfogo pieno alla sua sete di sangue, si barricò nella propria stanza per sette ore, per poi uscire e consegnarsi alla polizia intervenuta per trarla in arresto.
Brenda Ann Spencer aveva solo sedici anni quando si rese autrice della carneficina e all’atto della cattura dichiarò candidamente ai poliziotti: “Nothing’s happening today. I don’t like Mondays“.
Nemmeno durante gli interrogatori cambiò atteggiamento, ed anzi mostrò sempre un certo compiacimento ed una sorta di moto di orgoglio per le proprie riprovevoli azioni, senza manifestare il minimo pentimento.
Per via della crudeltà ed efferatezza delle sue azioni Brenda fu processata come un’adulta.
Ad oggi, pur avendo i requisiti per richiedere la libertà condizionale, è ancora astretta; la sua istanza, infatti, è stata rigettata già ben quattro volte.
CAYETANO SANTOS GODINO
Il 31 ottobre 1896 nacque a Buenos Aires, da due immigrati calabresi, colui che è stato definito il baby criminale più crudele della storia dell’Argentina.
Cayetano presentò sin dalla primissima infanzia un carattere ribelle; abbandonò ben presto la scuola dell’obbligo per trascorrere le sue giornate per strada, sviluppando una particolare morbosità per il proprio corpo ed una tendenza alla masturbazione compulsiva.
La sua carriera da serial killer cominciò alla tenera età di quasi otto anni, quando il 28 settembre 1904 adescò il piccolo Miguel Paoli, un bambino di due anni, e lo condusse in una casa abbandonata dove lo picchiò ferocemente fino ad ucciderlo, per poi gettarlo su un mucchio di rami e arbusti spinosi.
Da questo momento il “Piccolo Orecchiuto” (è questo il nomignolo con cui tutta l’Argentina lo conosce e lo ricorda ancora con orrore) collezionerà un notevole numero di vittime, tutte di tenerissima età, tutte adescate con l’inganno da Cayetano e selvaggiamente uccise.
Si ricordano Anna Neri, di soli 18 mesi, sepolta viva da Cayetano Santos in un luogo di campagna; Severino Gonzales Calò, di due anni, immerso in un abbeveratoio per cavalli pieno d’acqua, serrato poi con una tavola di legno perché la vittima non potesse liberarsi; Arturo Laurona, di anni tredici, ritrovato all’interno di un’abitazione mezzo nudo, con una corda al collo e con evidenti segni di violenza su tutto il corpo; Reyna Vanicoff, di cinque anni, alla quale provocò ustioni sul corpo che la condussero alla morte; Roberto Russo, che subì per mano di Cayetano un tentato strangolamento; Jesualdo Giordano, al quale conficcò un lungo chiodo nel cranio.
Fu proprio quest’ultimo delitto a costargli la libertà. Dopo aver ucciso Jesualdo, Cayetano Santos si ritrovò alla sua veglia funebre e si portò vicino alla bara per poter toccare la testa del bambino; ma non trovandovi il chiodo chiese ai presenti che fine avesse fatto, facendosi così scoprire ed arrestare dalla polizia, che fu immediatamente allertata ed a cui confessò ogni suo delitto.
Cayetano Santos Godino fu processato e condannato nel 1913, ma non andò in carcere; fu invece ristretto in manicomio perchè giudicato del tutto incapace di intendere e di volere; in sede di appello, nel 1915, la sentenza fu confermata, ma questa volta fu condannato a scontare la sua pena dell’ergastolo in carcere, perchè il giudice di appello non ritenne sussistesse una vera e totale incapacità di discernimento che giustificasse l’esenzione dalla struttura carceraria comune.
Dalla prigione di Stato nel 1923 Cayetano fu trasferito nel penitenziario di Ushuaia, dove rimase fino al 1944, anno della sua morte…avvenuta in circostanze misteriose e mai chiarite.
MARY FLORA BELL
In un sobborgo malfamato di Newcastle upon Tyne, nel Regno Unito, il 26 maggio 1957 nacque una bambina; il suo nome dal suono così soave – Mary Flora – non si rivelò affatto corrispondente alla sua indole malvagia.
Non nacque certo sotto una congiunzione astrale favorevole la piccola Mary Flora Bell e presto sviluppò un’attitudine violenta e sanguinaria; sua madre Betty era una prostituta avvezza alle pratiche sadomaso e tentò più volte di ucciderla; del padre non si hanno notizie e se ne sconosce ancora oggi l’identità, anche se si ipotizza che si trattasse di Billy Bell, un fan della rapina a mano armata, e per di più recidivo, che sposò la madre di Mary Bell proprio nel periodo in cui ella nacque.
Il 25 maggio 1968, alla vigilia del suo undicesimo compleanno, Mary Flora Bell uccise – strangolandolo – il piccolo Martin Brown, di soli quattro anni; il 31 luglio dello stesso anno, insieme all’amica Norma Bell, Mary Flora portò a compimento l’assassinio di un altro innocente, Brian Howe, che venne strangolato ed al quale furono amputati i genitali, tagliata una ciocca di capelli ed incisa, con precisione quasi chirurgica, una “M” all’altezza dello stomaco.
Nonostante sia stata processata e condannata all’ergastolo per il duplice omicidio volontario il 17 dicembre 1968, Mary Flora Bell finì di scontare la sua pena e fu scarcerata nel 1980; e lo Stato le garantì addirittura l’anonimato, perchè potesse rifarsi una vita, insieme alla figlia nata nel 1984.
ERIC SMITH
Eric nacque il 22 gennaio 1980 nella Contea di Steuben, Stati Uniti. Nel 1993, all’età di tredici anni adescò Derrick Joseph Robie, un bambino di quattro anni, che condusse in un luogo isolato per strangolarlo. Era il 2 agosto e Derrick stava camminando in direzione di un parco per un programma estivo organizzato dal comune, ma non vi arrivò mai.
Eric condusse il piccolo Derrick in un boschetto e tentò di strangolarlo con una busta di plastica. Non riuscì ad ucciderlo con la modalità che si era prefissato, ma uccise comunque il piccolo a sassate, fracassandogli il cranio con una pietra di tredici chili.
Quando il piccolo malcapitato era incosciente ed agonizzante, ma ancora vivo, Eric lo spogliò e ne abusò sessualmente con un ramo d’albero.
Il caso fu particolarmente attenzionato, per la giovane età del carnefice e della sua vittima e per le modalità particolarmente efferate del crimine commesso da Eric; questi fu condannato da un Tribunale dello Stato di New York.
Ciò che destò massimo sconcerto fu la freddezza e l’impassibilità di Eric Smith di fronte alla condanna che gli venne inflitta; ed ancora il sangue freddo del piccolo omicida, che lavò accuratamente le tracce di sangue dalla sua bicicletta e per sei giorni, a dispetto di due interrogatori, riuscì a sostenere la sua innocenza; la polizia non capì durante i due interrogatori che il ragazzino era colpevole e fu, invece, la madre a rendersi conto che qualcosa non andava, per cui decise di accompagnare nuovamente il figlio Eric dalla polizia, ove a seguito di un terzo interrogatorio il ragazzo confessò.
È tutt’ora ristretto, ma ha manifestato il proprio pentimento in una lettera alla famiglia di Derrick Joseph Robie.
AMARJEET SADA
E’ il baby serial killer più giovane al Mondo. Nacque in India, da una famiglia poverissima, nel 1998. Non si hanno molte notizie sulla sua vita e sulla sua primissima infanzia; ciò che è noto è che Amarjeet cominciò ad uccidere alla tenera età di otto anni nemmeno compiuti, prediligendo vittime in tenerissima età.
Il suo arresto avvenne nel 2007, dopo l’uccisione di una neonata di sei mesi, la piccola Kushboo, scomparsa dall’asilo nido nel quale la mamma l’aveva lasciata in custodia per alcune ore.
I sospetti ricaddero subito sul piccolo Amarjeet, in quanto aveva già ucciso l’anno precedente la sua sorellina ed una cuginetta pure di pochi mesi, senza però che la famiglia facesse niente per arginare la violenza di Amarjeet e per consegnarlo alle Istituzioni.
Interrogato in merito alla scomparsa della piccola Kushboo, Amarjeet non esitò a riferire che era stato lui ad uccidere la bambina con una mattonata sul cranio e si offrì di accompagnare i vicini di casa, che gli rivolgevano domande in merito, nel luogo in cui aveva sepolto la sua vittima.
Solo questo terzo assassinio spinse la comunità a rivolgersi alla polizia che interrogò il piccolo carnefice per arrivare alla conclusione che lo stesso aveva senza dubbio dei disturbi comportamentali…durante l’interrogatorio era particolarmente euforico e disse di gradire dei biscotti da mangiare; voleva mettersi comodo per poter raccontare meglio le sue malefatte.
La legislazione indiana, particolarmente severa con gli adulti, fino a prevedere la pena di morte per crimini di questo genere, non è altrettanto punitiva con i bambini, per cui Amarjeet – che non potè essere condannato nè alla galera nè alla pena di morte – fu affidato ad un istituto di cura ove rimase fino alla maggiore età.
Questi sono solo alcuni dei casi di bambini assassini, bambini che di innocente hanno ben poco; sono moltissimi coloro che si macchiano già in tenera età di crimini orrendi e crudeli, uccidendo altri bambini e provando piacere nel fare ciò che deliberatamente fanno.
Spesso la legge non tutela adeguatamente le vittime e non rende onore ai loro familiari, che nessuno mai potrà reintegrare della perdita subita.
Spesso non si applicano pene adeguate all’efferatezza delle condotte dei piccoli carnefici che si macchiano di delitti di inaudita brutalità, e ciò in nome di principi di democrazia, di libertà e di uguaglianza che sono sottesi alle disposizioni normative ed ai valori costituzionalmente garantiti; perchè la pena – in qualunque ordinamento democratico – deve tendere a riabilitare e a rieducare il reo e non semplicemente a punirlo, per cui è evidente che, affinchè sortisca il suo effetto, debba risultarne percepibile la funzione di prevenzione generale e speciale.
Ma a prescindere da ciò, vorrei rivolgere un pensiero a tutti quei casi in cui la legge – e chi la applica – commettono l’errore inverso per la smania di punire ad ogni costo.
Mi riferisco al caso Stinney, il più giovane a sperimentare – all’età di soli quattordici anni – la pena di morte sulla sedia elettrica in America, perchè ritenuto un baby serial killer.
George Stinney fu condannato per lo stupro e l’assassinio di due bambine, Betty June Binnicker e Mary Emma Thames, di undici e otto anni, e giustiziato il 16 giugno del 1944.
Il suo processo durò solo due ore e mezza e la giuria ci mise neanche un quarto d’ora ad emettere il verdetto, basato quasi totalmente su meri indizi e su una confessione verosimilmente estorta con la violenza.
Solo a distanza di sessant’anni dalla sua esecuzione, nel 2004, lo storico Frierson ha cominciato a cercare notizie in merito, dopo aver letto un articolo sulla vicenda Stinney; il suo lavoro fu preso in considerazione da alcuni avvocati che nell’ottobre del 2013 presentarono una mozione per la riapertura del caso; fu così che si arrivò alla conclusione – macabra almeno quanto l’esecuzione subita – che George Stinney era stato vittima di un errore giudiziario e che fu giustiziato pur senza essere colpevole.
Di certo il colore della sua pelle (era Afroamericano!) non lo avrà aiutato molto.
Il 17 dicembre 2014 la sentenza di condanna a carico di George Stinney fu annullata; peccato che egli era morto giustiziato sulla sedia elettrica settant’anni prima.
A seguito dell’annullamento della sentenza di condanna se ne è riabilitata la memoria e di lui ci si ricorda ancora oggi…una magra consolazione questa, che avrà sicuramente contribuito a riscattare da una grave colpa la popolazione della città di Columbia, in nome della quale fu emessa la sentenza di condanna ed eseguita l’esecuzione a morte, ma della quale George Stinney non potrà mai gioire!
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