Ci sono paesi in cui il fallimento non è necessariamente percepito in accezione negativa, ma anzi diventa fonte di ispirazione per futuri traguardi.
È il caso della Svezia, in cui apre il Museum of Failures, situato nella cittadina di Helsingborg.
Il fondatore, nonché curatore della galleria e psicologo svedese, Samuel West spiega che “il fallimento è necessario per l’innovazione”. Infatti l’obiettivo del museo non è denigrare le invenzioni che non hanno riscosso il successo sperato, bensì concepire il fallimento come una fonte di preziose lezioni.
Di fatti le opere esposte nelle sale del museo sono la raccolta dei più grandi flop commerciali degli ultimi 30-40 anni, altre hanno invece disilluso le aspettative del consumatore, e poi c’è il caso degli oggetti che hanno posto le basi per nuove invenzioni.
Il messaggio che West vuole lanciare è che la crisi non rappresenta una sconfitta, la sfida più grande è farlo in una società in cui si evita il fallimento, rischiando spesso di non osare per timore di sbagliare. Ma, soprattutto, per potersi evolvere è necessario commettere degli errori.
È il caso di grandi colossi come Coca-Cola, che a metà degli anni ’80 lancia sul mercato due prodotti che non raggiunsero mai il successo sperato: la Coke, una nuova formulazione studiate per fronteggiare l’exploit della Pepsi, e la Coca BlaK, un mix tra l’originale e il caffè. Oppure il caso della Bic, l’azienda produttrice di penne biro, che lancia sul mercato un prodotto solo al femminile, la linea Bic for Her, per questa scelta venne addirittura accusata di sessismo.
Diverso è il caso di altre aziende che, invece, tentarono di sfruttare la forza del proprio brand per lanciare sul mercato nuovi prodotti come la Colgate che pubblicizzò la lasagna surgelata, o la Harley-Davidson, che tentò di lanciare una linea di profumo ispirata alle sue motociclette; inutile dire che entrambi i tentativi furono un flop.
Un’ampia sezione del museo è dedicata all’hi-tech, all’home video e alla fotografia: ne sono un esempio i Google Glass, progetto molto pubblicizzato nella fase iniziale e poi tralasciato dall’azienda di Mountain View. Anche l’azienda di Cupertino ha commesso un passo falso, nel 1993 con il primo computer palmare l’Apple Newton, che venne poi ritirato dal commercio per le scarse vendite. La stessa sorte tocca alla prima fotocamera digitale, marcata Kodak, la DC40 che tentò di anticipare la concorrenza nel superamento della fotografia tradizionale; ma venne poi superata dai competitor che investirono maggiori risorse nel settore.
Rimanendo in ambito tecnologico, con l’avvento dei social network, nel 2009 venne commercializzato Twitter Peek, un piccolo dispositivo (simile a un Blackberry) nato esclusivamente per twittare. Ma il dispositivo non raggiunse mai il successo sperato, considerando anche che il primo IPhone era sul mercato già da due anni.
Nel Museo del Fallimento c’è anche la versione personalizzata del Monopoli di Donald Trump (Trump, the game), prima di diventare l’uomo più potente del mondo, anche lui ha collezionato il suo fallimento. Un po’ come a voler dire che c’è speranza proprio per tutti.
Il Museo ha aperto i battenti a giugno di quest’anno, e in attesa di recarsi personalmente e scegliere il fallimento che si preferisce, è possibile visitare il sito ufficiale.
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http://www.foodandwine.com/news/colgates-lasagna-and-coca-cola-blak-be-featured-museum-failures
https://www.vanityfair.it/lifestyle/hi-tech/2017/05/11/svezia-il-museo-dei-prodotti-falliti
https://www.telenews.pk/2017/06/12/swedish-museum-celebrating-epic-business-failures/
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