Cannibalismo e infanticidio: ecco i temi chiave della storia che vi andrò a raccontare.
Chi sono io? Molti di voi mi conosceranno come il messaggero degli Dei. Gli antichi romani mi chiamavano Mercurio, i greci, invece, Ermes e sono l’ultimo dei dodici Dei maggiori. Il ruolo principale che fin dalla notte dei tempi ho incarnato sul Monte Olimpo è stato quello di recare messaggi, e viaggiando viaggiando di cose nel mondo ne ho viste attraverso lo scorrere inesorabile delle ere, dall’alba al tramonto. Tra le innumerevoli meraviglie create dall’estro mortale c’è un quadro in particolare che narra una delle vicende più sinistre della storia degli Dei, un mito legato alla cosmogonia, ‘’la nascita del cosmo’’ , di Saturno ( Cronos ) e dei suoi figli.
Il quadro in questione è ”Saturno che divora i suoi figli” dell’artista spagnolo Francisco Goya, un dipinto a olio su intonaco trasportato su tela realizzato nel 1821-1823 e conservato al Museo del Prado di Madrid.
Un quadro straordinario che non necessita di presentazioni. L’opera originariamente faceva parte di una raccolta dell’artista chiamata ‘‘pitture nere’‘, una serie di 14 disegni che realizzò nell’ultimo periodo della sua vita. La particolarità di questa pitture è che vennero esclusivamente realizzate sull’intonaco delle mura della casa di Goya, a ‘‘Quinta del sordo”. Solo quando gli studiosi scoprirono questi capolavori, si decise di trasferire le opere su delle tradizionali tele.
Quando Goya diede vita alle ”pitture nere” era già molto anziano e la paura della morte ossessionava i suoi pensieri che, inevitabilmente, incupivano le sue pitture.
Osservate bene il quadro:
il culmine del mito di Saturno e dei suoi figli è immortalato con oscure sfumature nere e dal vivido colore rosso del sangue della vittima. Secondo la mitologia, Saturno unitosi a Rea, genera quelli che conosciamo come gli Dei Maggiori : Estia, Demetra, Era, Ade, Poseidone e Zeus, futuro padre degli Dèi. Per paura di esser spodestarlo, così come lui aveva a sua volta fatto con il padre Urano, mangiò uno ad uno i suoi figli.
( Per maggiori informazioni sul mito leggi anche: Cosmogonia: il mito della nascita degli Dei dell’Olimpo )
I capelli lunghi e grigi e gli occhi spalancati denotano la follia del carnefice. Attorno alle figure non si vede nulla, è tutto buio, eccetto per l’unica fonte di luce che è rappresentata dal corpo pallido della vittima.
Si tratta di una scena terrificante: Saturno è in preda a una foga cannibalesca e ha uno sguardo allucinato, gli occhi strabuzzanti dalle orbite, le fauci spalancate e le mani avide, ed esprime una violenza che diventa pura energia del male a tal punto che sembra pronto a dare un altro morso al corpicino del malcapitato. Del figlio, invece, non rimangono che pochi brandelli sanguinolenti. La scena, immersa in un buio nero come catrame, è rischiarata qua e là da una luce radente proveniente da sinistra che conferisce peso e verosimiglianza alle due figure. Le pennellate, invece, sono forti, rapide e informali.
Vittorio Sgarbi
Curiosità sul quadro:
Secondo alcuni critici d’arte, il quadro in origine presentava anche il membro del titano che, per pudore, venne successivamente oscurato poiché ritenuto un elemento osceno.
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