Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane e vino
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all’improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore Carnevale
e gli fanno il funerale.
(Gabriele D’Annunzio)
Derivato dal latino carnem levare (“eliminare la carne”), il termine carnevale era indicativo di un preciso periodo dell’anno, ossia, il banchetto che si teneva il martedì grasso, subito prima della Quaresima, momento di digiuno e astinenza.
Le origini di questa festività sono molto antiche, risalenti già all’epoca greco-romana. Il carnevale rappresentava un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l’ordine costituito attraverso le dionisiache greche (le antesterie) o i saturnali romani.
Il noto storico delle religioni Mircea Eliade scrive nel saggio Il Mito dell’Eterno Ritorno:
“Ogni Nuovo Anno è una ripresa del tempo al suo inizio, cioè una ripetizione della cosmogonia. I combattimenti rituali fra due gruppi di figuranti, la presenza dei morti, i saturnali e le orge, sono elementi che denotano che alla fine dell’anno e nell’attesa del Nuovo Anno si ripetono i momenti mitici del passaggio dal Caos alla Cosmogonia”
Persino nell’Antico Egitto si festeggiava il carnevale dove si era soliti tenere periodi di festa in onore della dea Iside durate i quali si registrava la presenza di gruppi mascherati; una consuetudine simile a quelle delle feste in onore del dio Dioniso in Grecia e dei “saturnali” romani, che avevano in comune, oltre che l’uso del travestimento, il fatto di rappresentare un temporaneo “rovesciamento dell’ordine precostituito”, da cui la pratica dello scherzo e anche della dissolutezza.
Solo successivamente la festività acquisì una denotazione monoteista, quando l’ Europa cattolica rielaborò il carnevale dandogli un significato all’interno del calendario cristiano.
Esso è senza dubbio la festa più pazza e variopinta dell’anno, dove tutto è permesso e dove il gioco, lo scherzo e la finzione diventano, per un po’, una regola.
Dal carnevale di Viareggio, Putignano, Cento, Verona fino a quello ben noto di Venezia, considerato di gran lunga il più popolare nel mondo, è quello che possiede le origini più antiche.
In questo tripudio di allegria, coriandoli, maschere e colori, quanto sappiamo davvero di questa festività? Molteplici sono le curiosità su questa tradizione che perde le sue origini nella notte dei tempi; Metis Magazine ne ha selezionate alcune solo per voi lettori.
PERCHÈ CI TRAVESTIAMO?
Il fascino della maschera sembrerebbe risalire al mondo degli inferi. Secondo gli storici durante i saturnali romani veniva scelto un ”princeps” che potesse rappresentare la caricatura della classe nobile romana e al quale veniva temporaneamente concesso ogni sorta di potere. Questo princeps indossava una maschera necessaria per impersonificare Plutone, il dio degli inferi, custode delle anime dei defunti, ma anche divinità protettrice delle campagne e dei raccolti.
L’ALLEGORIA DEI CARRI E LA NASCITA DEL COSMO
Una delle spiegazioni più affascinanti sull’antica tradizione delle sfilate dei carri durante il carnevale è che esse allegoricamente simboleggino la nascita del cosmo. Durante queste cerimonie si svolgevano cortei nei quali venivano rappresentate le forze del caos che contrastavano la ricreazione dell’universo. Questo periodo, che si sarebbe concluso con il rinnovamento del cosmo, veniva vissuto con una libertà sfrenata e un capovolgimento dell’ordine sociale e morale. Il tema della cosmogonia era comune a molti popoli antichi, da quello babilonese, ellenico fino a quello mesopotamico.
LA TRADIZIONE DEI CORIANDOLI
La tradizione di lanciare i coriandoli ( che prendono il nome dalla pianta omonima) ebbe inizio nel Rinascimento. Durante i matrimoni e la festività del carnevale si era soliti lanciare i frutti secchi della pianta del coriandolo ricoperti da uno strato bianco, simili ai nostri odierni confetti. Intorno al XIX secolo, poi, si pensò che fosse più semplice e meno dispendioso sostituire i frutti del coriandolo con pezzettini di carta da lanciare in aria. Infatti, nel 1875, l’ingegnere Enrico Mangili ebbe l’intuizione di usare i dischetti di scarto dei fogli bucati per le lettiere dei bachi di seta come elementi colorati da lanciare. Nacque, così, il business dei coriandoli.
LE CHIACCHERE: UNA GUSTOSA BUGIA
C’è chi le chiama frappe, chi fiocchetti o addirittura bugie, sono tantissimi i termini per indicare il dolce più antico di questa festività: le chiacchiere. Secondo gli storici questo dolce risale all’epoca romana quando venivano preparati dei dolcetti semplici con uova e farina chiamati ” frictilia’‘ per poi esser fritti nel grasso del maiale e serviti alla folla che si recava in strada per festeggiare i Saturnali. La tradizione dei frictilia è sopravvissuta fino ad oggi con alcune leggere rivisitazioni alla ricetta originale secondo le varie tradizioni regionali.
BALANZONE, PULCINELLA, PANTALONE E…
Sono tantissime le figure simbolo del carnevale. Ma come nascono alcuni di questi personaggi?
Balanzone, per esempio, è un personaggio che rappresenta un dottore sapiente ma presuntuoso dell’Università di Bologna e il suo nome deriva da balanza, ovvero bilancia, simbolo di Giustizia.
Pulcinella, uno tra i più noti personaggi, pare sia un’invenzione di Silvio Fiorillo attore napoletano della prima metà del 1600. Il nome potrebbe venire dal naso adunco o dal cognome Pulcinello o Polsinelli, molto popolare. Simbolo della napoletanità e chiacchierone.
Pantalone, invece, nasce intorno al 1500 ed è un vecchio mercante avaro con il debole per le belle fanciulle.
Chi manca all’appello?
ARLECCHINO
L’origine di questo personaggio probabilmente è la più antica. Legato alla ritualità agricola, si sa per certo, infatti, che Arlecchino è anche il nome di un demone ctonio, cioè sotterraneo. La radice del nome, è di origine germanica: Hölle König (re dell’inferno), traslato in Helleking, poi in Harlequin, con chiara derivazione infernale.
La carriera teatrale di Arlecchino, invece, nasce a metà del cinquecento con l’attore di origine bergamasca Alberto Naselli. La maschera seicentesca evoca il ghigno nero del demonio presentando sul lato destro della fronte l’accenno di un corno.
@copyright foto copertina: Mirò: il carnevale di Arlecchino
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