I vizi capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia) sono un elenco di comportamenti che portano alla corruzione dell’anima umana, e si contrappongono alle virtù che invece ne favoriscono la crescita.
Nella dottrina morale cattolica rappresenterebbero le fondamentali abitudini non rivolte verso il Bene Sommo, cioè Dio, dai quali tutti i peccati si riconducono.
Dante Alighieri, investito da Dio della missione di rivelare all’umanità la strada della rinascita e della salvezza, compose tra il 1304 e il 1321, la Divina Commedia. Sottoponendosi al volere di Dio, compì un viaggio nei tre regni ultraterreni, analizzando tutto il male del mondo che si concentra nell’Inferno, scoprendo la via dell’espiazione e della purificazione nel Purgatorio e salendo nei cieli del Paradiso, sino all’apparizione di Dio.
Il viaggio immaginario compiuto dal poeta fiorentino tende a rappresentare e simboleggiare il cammino di un’intera società verso la redenzione. Emergono infatti la fragilità dell’uomo e la condizione di disperazione e sconforto in cui è caduta l’umanità indulgendo ai piaceri e al peccato.
Nell’opera dantesca i sette vizi capitali sono condannati nell’alto Inferno. Dal secondo al quinto cerchio troviamo i lussuriosi (travolti dalla bufera), i golosi (distesi a terra flagellati da pioggia, grandine, neve e dilaniati da Cerbero), i prodighi e avari (rotolano col petto grossi massi e si insultano nell’incontrarsi), gli iracondi e accidiosi (tuffati nelle fangose acque dello Stige) e purgati nelle sette cornici del Purgatorio.
Già nel primo canto dell’Inferno, quasi al cominciar de l’erta, Dante incontra tre fiere: una lonza, un leone e una lupa che allegoricamente incarnavano rispettivamente la lussuria, la superbia e l’avarizia.

Struttura dell’Inferno
Chi sono i lussuriosi incontrati da Dante nel V canto dell’Inferno?
Le anime dei lussuriosi, poste nel secondo cerchio infernale, furono, in vita, accecate e travolte dalla passione fino a perdere il lume della ragione. La punizione a loro rivolta ha una forte valenza simbolica: sono lasciate al buio, trascinati dalla bufera infernale che cambia direzione in ogni momento.
La bufera infernal, che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina;voltando e percotendo li molesta. Quando giungono davanti a la ruina, quivi le strida, il compianto, il lamento; che la ragion sommettono al talento.Intesi ch’a così fatto tormento, enno dannati i peccator carnali,che la ragion sommettono al talento.
SEMIRAMIDE
«La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.Ell’è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge.
Leggendaria regina d’Assiria. Moglie del re Nino, regnò sulla città che ora è retta dal sultano d’Egitto. Ebbe rapporti incestuosi con il figlio e per cancellare l’ignominia a cui si era ridotta, emanò una legge che decretava qualsiasi sfrenatezza e pratica sessuale.
DIDONE
L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo.
Fondatrice e regina di Cartagine. Ruppe il patto di fedeltà giurato sulle ceneri del marito Sichèo innamorandosi dell’eroe troiano Enea. Disperata per la sua partenza improvvisa (costretto dal fato) si uccise chiedendo al suo popolo di vendicarla.
CLEOPATRA
Poi è Cleopatràs lussuriosa.
La celebre Cleopatra apparteneva alla famiglia dei Tolomei. Ultima regina d’Egitto, amante di Giulio Cesare e Marco Antonio. Durante la battaglia di Azio avvenuta nel 31 a.C., tra Marco Antonio ed Ottaviano Augusto, per non cadere prigioniera di questo ultimo, saputo della morte dell’amante, si suicidò lasciandosi mordere da un aspide.
Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.
Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch’amor di nostra vita dipartille.
ELENA DI TROIA
Figlia di Zeus e di Leda, sposa del re spartano Menelao, e poi di Paride.
ACHILLE
Eroe leggendario della mitologia greca, figlio di Peleo e della nereide Tetide. Innamorato della figlia del re Priamo, Polissena, morì per mano di Paride.
PARIDE
Figlio del re di Troia ed Ecuba, Priamo. Rapì per amore Elena di Troia, figlia del re spartano Menelao, e causò la guerra e caduta di Troia. Uccise Achille colpendolo nell’unico punto vulnerabile, prima di essere trafitto da una freccia avvelenata del greco Filottete.
TRISTANO
Dante riprende l’antica leggenda celtica di Tristano e Isotta, assimilata al ciclo arturiano. Tristano si innamora di Isotta, promessa sposa di suo zio Marco, re di Cornovaglia. I due bevono per fatalità un filtro d’amore.Ferito in un duello Tristano morirà e Isotta, giunta in suo soccorso, morirà a sua volta di dolore.
PAOLO E FRANCESCA
Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea.
È senza dubbio l’episodio più celebre del canto dantesco.
Francesca era figlia di Guido il Vecchio da Polenta, signore di Ravenna. Sposò Gianciotto Malatesta, fratello di Paolo.La donna ebbe una relazione adulterina col cognato Paolo e i due, sorpresi dal marito di lei, furono uccisi.
Francesca rivela al poeta (è l’unica a parlare, Paolo piange) l’origine del loro amore e peccato: leggevano il romanzo di Lancillotto e Ginevra. Trovarono calore nel bacio tremante che alla fine si scambiarono e che sancì l’inizio della loro travolgente passione.
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