Sembra incredibile, ma oggi bazzicando sulla rete in cerca delle solite curiosità ci siamo imbattuti in un ritrovato della moderna tecnologia che potrebbe porre fine al logorio della vita moderna. Solo che, contrariamente ad un noto amaro, in questo caso la soluzione è definitiva. Se avete anche voi una passione per Futurama, il cartoon di Matt Groening, avrete una certa familiarità con le suicide booth, le cabine del suicidio.
Nate come elemento di critica sociale, sono diventate iconiche all’interno della serie animata. Ora, immaginate come può avere reagito Groening leggendo settimana scorsa il Washington Post, che in un articolo ha presentato Sarco, la prima macchina per la morte.
Nata dalla mente dell’australiano Phiip Nitschke, Sarco è stata presentato in una fiere di articoli funerari recentemente tenutasi ad Amsterdam. L’invenzione di Nitschke consiste di un sarcofago, per l’appunto, creato tramite stampa 3d e collegato ad un contenitore di azoto. Tramite questo sistema, come viene riportato sul sito di Sarco, la morte sopraggiunte per ipossia, ovvero mancanza di ossigeno.
Nitschke sostiene che questa modalità di suicidio è paragonabile ad una morte euforica:
“Sperimentare la sensazione di esser in un ambiente con poco ossigeno può essere inebriante, come possono testimoniare i subacquei”
Va precisato che Nitschke è una fautore dell’eutanasia, il che riveste questa invenzione di un carattere morale particolarmente importante. Che si sia a favore o meno del diritto all’eutansia, la creazione di un simile marchingegno genera inevitabilmente delle considerazioni.
Partendo dal presupposto che sul sito non è acquistabile lo strumento ma solo i progetti, personalizzati, per stampare la propria cabina della morte, viene spontaneo chiedersi se questa possibilità non si presenti come un pericolo, più che una soluzione ad una bagarre legale ed etica che, come nel nostro Paese, è piuttosto accesa.
Per accedere a Sarco sarà necessario compilare un test online che sbloccherà la macchina per 48 ore, consentendo all’utente di porre fine alla sua vita. Il primo dubbio è su come si possa venire giudicati idonei al suicidio, e soprattutto in base a quali criteri, da un form compilato su Internet. L’idea, personalmente, pare non tanto assurda, quanto piuttosto deviante. Senza un sussidio psicologico, chiunque potrebbe dare risposte ad hoc per sbloccare la propria suicide booth personale, per qualsiasi motivo, magari anche passeggero, a cui si sarebbe potuto porre rimedio con una terapia ad hoc.
Se a questo uniamo che tutti i materiali sono legalmente e facilmente recuperabili, il discorso è ancora più complicato. In mancanza di una normativa regolamentata e ben articolata sul diritto all’eutanasia, un’invenzione come Sarco può rivelarsi un ottimo business, visto quanto costano i progetti per la stampa 3d, ma una pericolosa tentazione per menti deboli o semplicemente in crisi.
Più che un sostegno in favore dell’eutanasia, Sarco sembra un nuovo e macabro status symbol per facoltosi annoiati che possono vedere nel possesso della propria cabina della morte personale una nuova frontiera dell’ostentazione della propria ricchezza.
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