La parola grooming identifica il comportamento di pulizia del mantello o della pelle esibito da molti mammiferi, che assume anche un significato di consolidamento dei legami e di imposizione delle gerarchie tra i membri di un gruppo sociale.
Ed è proprio l’imposizione di una gerarchia psicologica quella che sta alla base dell’adescamento di minori attraverso la rete, tanto da far sì che la parola grooming evochi anche la condotta criminosa di chi si serva di uno dei più potenti strumenti della nostra epoca – il web – al fine di carpire l’attenzione di un minore, conquistarne la fiducia, sottometterlo alla propria volontà e renderlo vittima della propria indole subdola e violenta.
A disciplinare il reato nel nostro ordinamento è l’art. 609 undecies del codice penale, a mente del quale:
“Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600 quinquies, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.
La norma è stata introdotta con la legge 1 ottobre 2012 n. 172, con cui è stata ratificata la Convenzione del Consiglio d’Europa del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, la c.d. Convenzione di Lanzarote.
L’importanza dell’adesione da parte degli Stati del Consiglio d’Europa era ed è essenziale, poiché attraverso la ratifica della Convenzione di Lanzarote, i Paesi aderenti manifestano un impegno attivo nella protezione del minore, un impegno che si attua soprattutto attraverso l’adozione di misure comuni ai diversi Stati e finalizzate a fare prevenzione del fenomeno del child-grooming, nonché a punire più severamente i colpevoli ed a tutelare più adeguatamente le vittime; ciò è ancor più vero se si considera che il fenomeno dell’adescamento minorile ha assunto ormai una portata ciclopica, così come tutti i reati che si consumano attraverso la rete ed attingono alla sfera personale di quei soggetti che sono portatori di una fisiologica vulnerabilità, per il fatto stesso che si tratta di minori, di bambini innocenti, di persone che spesso non sono nemmeno in condizione di discernere – oggettivamente – il bene dal male e di comprendere il grado di lesività di alcune condotte, se non esclusivamente dopo averle subite sulla propria pelle.
In questo meccanismo malato il web è il mezzo facilitatore di condotte riprovevoli, è lo strumento più affascinante, più utile ed al contempo più distorsivo di cui oggi godiamo e del quale, però, subiamo – nostro malgrado – gli effetti nefasti per via della estrema facilità con cui le condotte criminose a sfondo sessuale possono perpetrarsi anche oltre il confine nazionale dello Stato di appartenenza del reo.
L’adescatore tipo rispetto al quale la norma è stata strutturata è un abile manipolatore psicologico che presceglie la sua vittima attraverso l’impiego di social network e motori di ricerca attraverso i quali è possibile dar luogo ad una sorta di victim selection che conduce il carnefice dritto al bersaglio.
Il tutto nasce come un’amicizia virtuale, nell’ambito della quale il persecutore può indossare la sua maschera ed acquisire l’identità che meglio si rivela adeguata ad entrare in sintonia con la vittima, a creare un legame intimo con questa, un legame nel quale ci si dona l’uno all’altro, attraverso confidenze reciproche, fino a che l’aver depositato nelle mani sbagliate i propri segreti diventa, per il minore, un pericolosissimo boomerang; poiché tutti i segreti e le confidenze di cui il carnefice è divenuto depositario vengono utilizzati come strumento di ritorsione, per obbligare il minore all’incontro che si rivelerà fatale.
La disposizione normativa italiana, in realtà, ha dato luogo ad una interpretazione un pò casereccia rispetto a quanto disponeva la Convenzione di Lanzarote; si è operata una eccessiva anticipazione della soglia di punibilità che – in alcune condizioni – rischia di vanificare le esigenze di effettiva tutela del bene protetto.
Vengono puniti i fatti di adescamento così come tipizzati dall’art. 609 undecies c.p., infatti, a prescindere dall’aver realizzato atti univocamente finalizzati a procurare l’incontro tra l’adescatore e la sua vittima.
Si perseguono penalmente, dunque, anche quelle condotte che sono ancora allo stato embrionale, quando cioè non si è ancora palesata alcuna richiesta di incontro ed è appena sorto il legame amicale tra il maggiorenne che pone (o vorrebbe porre!) in essere la condotta di adescamento ed il minore che è destinato a subirla; unico requisito per l’integrazione della fattispecie e per la conseguente imputazione penale, nel nostro ordinamento, è che l’agente sia determinato da uno scopo sessuale; circostanza questa, che, rimanendo relegata – nell’ipotesi in cui non vi sia alcuna proposta di incontro (o almeno non ancora!) – alla mente dell’agente, e riguardando, pertanto, un fatto psichico, presenta tutta una serie di problematiche connesse all’accertamento ed alla prova della responsabilità, il cui conseguimento – in un ordinamento come il nostro nel quale vige il principio di affermazione della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio – è presupposto essenziale per poter comminare la pena.
Tanto crea evidenti discrepanze tra la eccessiva facilità con cui un soggetto possa risultare indagato ed imputato per la fattispecie prevista dalla norma e la altrettanto effettiva e speculare difficoltà con cui sia possibile, invece, giungere ad una sentenza di condanna all’esito di un giusto processo.
Il problema è assai stringente, anche e soprattutto alla luce della pericolosità di un fenomeno dilagante che è ormai un vero cancro sociale e rispetto al quale non disciplinare razionalmente la fattispecie criminosa e dare adito a condotte repressive del mero pericolo (a volte anche solo indiretto) di perfezionamento del reato – pur se animati dalla benevola volontà di dar luogo ad un inasprimento della risposta repressiva del legislatore rispetto a tutte quelle condotte che si appalesano tanto riprovevoli per la delicatezza e la sensibilità degli interessi protetti coinvolti – di certo non consente di ritenere conseguite e correttamente realizzate da parte del legislatore interno, le finalità dettate dalla Convenzione di Lanzarote.
Auspicabile di certo sarebbe un ripensamento della norma ed una sua migliore formulazione, nell’ottica del perseguimento di una tutela più effettiva della sfera sessuale e dell’intimità di tutti quei minori che si trovano invischiati ed imprigionati in un gioco più grande di loro e del quale non comprendono la portata offensiva; nell’attesa che ciò avvenga, spetta alla giurisprudenza ed all’abilità dei tecnici del diritto l’arduo compito di regolamentare e disciplinare l’allarmante fenomeno.
Copyright foto: http://www.martinustech.com/dangers-associated-with-internet-connected-devices/
Categorie:ATTUALITÀ