La storia di Pinocchio il burattino che, dopo tante peripezie, ottiene il dono di diventare un bambino in carne ed ossa, è sicuramente la storia che ha accompagnato l’infanzia di molti. Soprattutto le nuove generazioni conoscono la sua storia grazie al cartone animato di Walt Disney e per i numerosi adattamenti cinematografici.
Ma il romanzo di Carlo Collodi(pseudonimo di Carlo Lorenzini) è ben più articolato, compresa la storia dell’uscita e pubblicazione. Infatti le “Avventure di Pinocchio” vennero pubblicate, per la prima volta, il 7 luglio 1881 come racconto a puntate sul “Giornale per i bambini”. Il romanzo venne pubblicato in forma completa e definitiva nel 1893, con le illustrazioni di Enrico Mazzanti.
In un periodo storico in cui si sentiva forte l’esigenza di creare un’identità nazionale, con un sistema ideologico comune nasce Pinocchio che accomuna i lettori per vizi e virtù, rientrando nel ben più vasto patrimonio di esperienze e cultura: dalla tradizione orale al teatro popolare, dalla fiaba al romanzo pittoresco.
L’opera abbraccia il filone letterario socio-pedagogico e lo si evince dalle numerose peripezie che il burattino deve affrontare nel corso degli eventi e dagli insegnamenti che ne trae: uno schema che si ripete ad ogni personaggio e nuova prova che Pinocchio si trova a fronteggiare.
Il filo conduttore è la trasgressione delle regole, che ripetutamente vengono infrante, seppur in misura e in forma differente. Già dal primo incontro con Geppetto, si evince che l’irrequieto burattino combinerà più di qualche guaio. È infatti la causa della lite tra mastro Ciliegia, che in origine aveva il tozzo di legno parlante, e Geppetto che gli darà forma.
In un secondo momento farà arrestare il falegname, dopo avergli sottratto il parrucchino biondo che sempre indossava, con l’accusa di essere un tiranno con i ragazzi.
Rimasto da solo Pinocchio va verso casa, e qui incontra il Grillo parlante, che dal punto di vista figurativo, rappresenta la voce della coscienza; di fatti lo ammonisce sul comportamento assunto con Geppetto e sul destino dei ragazzi che non rispettano i genitori e che non vogliono andare a scuola. Pinocchio lo uccide, schiacciandolo sulla parete con un martello.
L’atteggiamento del burattino è oppositivo nei confronti di chi gli porge dei consigli e una via di fuga dai problemi in cui si caccia, ma subito dopo si pente della propria superficialità e impulsività. Pentimento che ben presto lascerà il posto alla curiosità e alla successiva “marachella”.
Una volta tornato a casa Geppetto prepara Pinocchio affinché vada a scuola, tanto da vendere la propria giacca di fustagno, nonostante l’arrivo del freddo, per acquistare l’abecedario al giovane scolaro.
Ma lungo la via per andare a scuola, Pinocchio si imbatte nel Gran Teatro dei Burattini. Per acquistare il biglietto d’ingresso, il burattino, vende il suo libro nuovo. Reagisce, quindi, nuovamente con impulsività.
Qui avviene l’incontro con Mangiafuoco, il burbero proprietario del teatro, che innervositosi per l’interruzione dello spettacolo minaccia di gettare Pinocchio nel fuoco. Poi intenerito dalla richiesta di pietà dello stesso, lo lascia andare regalandogli cinque monete d’oro affinché torni a casa da Geppetto.
Ma sulla strada del ritorno si imbatte ne il Gatto e la Volpe, due esperti truffatori, che convincono il burattino a piantare il denaro al Campo dei Miracoli al paese dei Barbagianni per ricavarne “duemilacinquecento zecchini lampanti e sonanti” la mattina dopo.
Ebbene Pinocchio li segue. Lo schema si ripete nuovamente, di fronte all’ennesima possibilità di redenzione, l’atteggiamento adottato è quello di chi si pente il tempo necessario per districarsi dai guai, ma alla prima occasione ci si ricaccia senza pensare alle conseguenze.
La trasgressione delle regole porta ad un progressivo degrado della propria condizione “umana”, fino al punto in cui il burattino si trasforma in asino, con il suo compagno di merende Lucignolo.
A questo segue poi il pentimento e la riabilitazione fisica, ma soprattutto morale del personaggio, fino all’esito finale, che tutti conosciamo, che vede il burattino di legno trasformarsi definitivamente in un ragazzo in carne ed ossa. L’emblematico passaggio dalla spensieratezza fanciullesca, alle responsabilità della vita adulta.
Il successo dell’opera è da imputarsi sicuramente alla simpatia che suscita il protagonista, al realismo tratteggiato da Collodi nel descrivere quelle debolezze che riguardano un po’ tutti, grandi e piccini. Ed è forse proprio questo aspetto che rende Pinocchio un romanzo senza tempo, un paradigma esistenziale.
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