Ubi tu es, ibi ego ero.
Il termine stalking, dall’inglese to stalk (seguire, tampinare, fare la posta), indica un insieme di condotte poste in essere dal soggetto attivo del reato (lo stalker) e finalizzate a molestare, affliggere, perseguitare un altro soggetto (la persona offesa o soggetto passivo del reato). Quest’ultimo finisce per diventare la vittima di una sorta di assillo sentimentale (si parla, infatti, anche di sindrome del corteggiatore assillante) attraverso il quale il molestatore acquisisce il controllo psichico e spesso anche fisico sulla sua vittima, ingenerando in essa un perdurante e grave stato di ansia che determina, al contempo, la necessità per la vittima di modificare le sue ordinarie abitudini di vita.
La formula solenne “ubi tu es, ibi ego ero” (dove tu sei, io sarò) che i latini usavano nell’ambito della cerimonia nuziale per consacrare la promessa di un amore eterno, si presta oggi sempre più frequentemente ad identificare la nevrosi dell’amore-possesso o amore-ossessione. Questo, ovviamente, non è più inteso come il donarsi incondizionatamente, l’amare al di sopra di ogni cosa e il rispettare la persona che si ha di fronte rimanendo uniti nel bene e nel male, ma si concretizza piuttosto nella necessità di dominare l’altro, possederlo, limitarne radicamente l’esistenza.
La norma che nell’ordinamento italiano prevede tale fattispecie criminosa è l’art. 612 bis del codice penale, introdotta dal decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito in legge 23 aprile 2009 n. 38), che recita “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonchè quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
LO STALKER
Lo stalker può essere chiunque, un conoscente o un estraneo. Di solito si tratta di qualcuno con cui in precedenza la vittima ha intrattenuto una relazione sentimentale, un ex fidanzato o qualcuno che ambiva ad esserlo.
Normalmente lo stalker è “rifiutato” dalla donna che ama (o ritiene di amare) e sviluppa una sorta di psicosi affettiva che lo porta all’attaccamento morboso rispetto all’idea di voler condividere la propria vita amorosa con colei che lo rifiuta, o nei casi peggiori alla spasmodica volontà di vendicarsi – anche in maniera violenta – per l’offesa arrecatagli con il rifiuto.
In ragione delle caratteristiche e delle peculiarità dello stalker è stata tracciata una diversificazione di tale figura criminale e sono state profilate cinque tipologie di soggetto persecutore, in base all’animus che induce lo stesso a porre in essere continuativamente la propria molestia ed alla tipologia di soddisfacimento emotivo ed a volte anche fisico che questi intende conseguire attraverso la perpetrazione delle condotte.
Sono stati così individuati cinque profili-tipo di stalker:
- il risentito, ossia colui che ritiene ingiusta la fine della relazione sentimentale con la donna amata e reagisce usando vendetta nei confronti di questa, ledendone l’integrità fisica e/o danneggiandone i beni;
- il bisognoso di affetto, ossia colui che vive nel suo castello di sabbia e legge qualunque atteggiamento della sua vittima come una richiesta di contatto; egli affronta la fine della relazione sentimentale come se non così non fosse, creando attorno a sé una dimensione distorta ed irreale;
- il corteggiatore incompetente, anche detto “il villano”, colui che non dispone di buone capacità relazionali e nell’approcciare alla vittima lo fa in maniera spesso troppo esplicita e grossolana per poi scadere in atteggiamenti aggressivi e sgarbati a fronte del rifiuto ricevuto; nel caso del corteggiatore incompetente deve rilevarsi come non sia una persona particolarmente perseverante e come tenda a reiterare il proprio modus operandi cambiando frequentemente il destinatario delle sue “improbabili” attenzioni;
- il respinto, ossia colui che diventa persecutore proprio in conseguenza del un rifiuto opposto dalla persona desiderata. È generalmente la tipologia più costante nell’esecuzione del disegno criminoso, un corteggiatore instancabile, perseguita la vittima designata per lenire e colmare il proprio senso di insicurezza, acuito ulteriormente dalla circostanza dell’abbandono subìto, un abbandono che si impone come una minaccia per la sua persona
- il predatore, colui che vive la dimensione più prettamente sessuale del corteggiamento; la finalità della persecuzione è ottenere la prestazione sessuale e non l’amore della sua preda. Egli prova un grande senso di eccitamento nel pedinare la sua vittima e nel provocarle stato di ansia e paura. Di solito si tratta di soggetti che vivono disturbi della propria sfera sessuale che sfociano nel patologico e non necessariamente rivolgono le proprie attenzioni a persone adulte.
LA VITTIMA DI STALKING
È evidente che poiché lo stalking è un reato di tipo relazionale, anche la vittima della condotta deve avere determinate peculiarità affinché possa configurarsi tale (e non altra!) fattispecie criminosa.
Individuare correttamente una vittima di stalking è necessario anche al fine di fugare il campo dalla confusione che determinati accadimenti di cronaca ingenerano nell’opinione pubblica per la loro rilevanza mediatica che spesso rende fumoso il confine tra lo stalking e tutta una serie di reati minori, ma più spesso di condotte criminosi ben più gravi.
Normalmente chi subisce stalking sviluppa effetti particolarmente rilevanti e soprattutto prolungati nel tempo, sia sul piano psicologico che su quello comportamentale e sociale, senza però che ciò sia rilevabile dal punto di vista clinico; il che rende ancor più difficoltoso definire i confini della tipologia criminosa.
LA CONDOTTA DELLO STALKER
Si tratta non già di condotte singole a se stanti, ma di comportamenti reiterati nel tempo; il ripetersi delle condotte persecutorie è proprio un elemento costitutivo del reato (trattandosi di reato abituale), in assenza del quale esso non potrà essere integrato né contestato.
Quello che la norma di cui all’art. 612 bis del codice penale mira a punire è la perpetrazione di condotte che concretizzano una malsana interferenza nella vita altrui e che si rivelano quali spie o campanelli d’allarme di situazioni ben più complesse che, portate all’esasperazione, degenerano in violenze ancora più gravi, se non nell’omicidio. Imprescindibile è l’idoneità delle condotte plurime a determinare un grave stato di ansia e di paura nella vittima o, alternativamente, un fondato timore per la propria incolumità o quella di persona vicina (un congiunto o un soggetto legato da relazione affettiva), ovvero ancora ad incidere sulle sue abitudini di vita, costringendo così la persona destinataria delle condotte a modificarle ed impedendole in sostanza di esplicare liberamente la propria personalità e limitandone la libertà morale, bene giuridico primario ed oggetto della tutela normativa.
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