C’è chi dice che scrivere sia una sorta di strumento antico donatoci dagli dei, chi invece, una terapia perché riesce a salvarci.
Italo Calvino, ad esempio diceva che scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto.
Per lei, Ludovica Ottaviani, romana classe 1991, autrice, attrice e scrittrice per il cinema e il teatro è sempre stata una passione. Un interesse nato fin da piccolissima e coltivato nel tempo anche grazie al suo essere curiosa, caratteristica fondamentale che le ha permesso, anche con un pizzico di ironia, di trasferire su carta la realtà che la circonda.
Ma anche una sfida con sé stessa, quando, lo scorso anno, le chiesero di scrivere una graphic novel. Una sfida che ha vinto e che porta il nome di “Route 66”.
Conosciamola insieme nell’intervista.
Ciao Ludovica, raccontaci un po’ di te.
Bella domanda. (ride)
Mi definisco “imbrattatrice di sudate carte” perché ciò che faccio principalmente è scrivere. Nasco come autrice per il cinema. Il mio percorso universitario (triennale in Arti e Scienze dello Spettacolo e magistrale in Editoria e Scrittura presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma) mi ha portato ad approfondire l’argomento. Mi occupo di critica cinematografica e collaboro attivamente con la webzine Moviestruckers. Allo stesso tempo la vita mi ha messo felicemente alla prova e così mi divido con versatilità tra cinema, teatro e narrativa.
Scrivo per il teatro mettendo in scena le mie commedie: Servizio in Camera (2015), Sympatya per il Diavolo (2017), Sotto il Segno dei Gemelli (2018) e la prossima Scusate il Disagio, che debutterà a gennaio 2019 presso il Teatro Le Sedie.
Per la narrativa invece, diversi miei racconti sono stati pubblicati nelle antologie cartacee Interiora 2017 (Cut up publishing), È meglio scrivere… racconti (I. C. S) e Ping Pong Letterario (Gio.Ca Libri Edizioni), dopo essere stati finalisti della VI Edizione del Festival Horror Indipendente Interiora e dell’omonimo Settimo Torneo del Ping Pong Letterario e della prestigiosa call MArteLive 2018.
E il fumetto?
Sono approdata lo scorso anno alla sceneggiatura di un fumetto. Un’esperienza pionieristica per me che ero abituata solo a leggere determinati generi. Il fumetto è una forma espressiva a metà strada tra ciò che è scritto e ciò che è visualizzato, tra parole e immagini. Il fumetto, come il cinema, racconta per immagini. Se nel cinema l’immagine è in movimento, nel fumetto lo sviluppo avviene per immagini ferme e fondamentali sono i testi (dialoghi e didascalie). Lo sceneggiatore è quindi un regista: deve scegliere continuamente l’immagine migliore.
Hai scritto il soggetto di Route 66, graphic novel che debutterà a breve su Astromica. Parlaci un po’ di questo nuovo progetto editoriale.
Astromica è un progetto nato dall’idea di tre ragazzi Simone Balzano, Marco Gotta e Pasquale Meschino con l’obiettivo di sovvertire le regole del mercato del fumetto apportando una vera e propria rivoluzione editoriale e rendendolo un punto di riferimento del fumetto indipendente.
Al momento collaborano attivamente al progetto 250 autori tra disegnatori e sceneggiatori, tra astri nascenti e nomi già abbastanza noti nel mondo fumettistico.
L’utente iscritto al sito potrà accedere da più dispositivi (smartphone, tablet, pc) alle varie storie, ai primi tre capitoli di ogni produzione e scaricarli gratuitamente.
Come si inserisce Route 66 in questo progetto?
Sono approdata ad Astromica in modo del tutto casuale. Da bambina sognavo di fare la disegnatrice di fumetti. Poi ho scoperto la scrittura, il medium che mi ha permesso di esprimere al meglio la mia creatività.
Ad agosto 2018 entro in contatto, tramite un amico in comune, con Simone Balzano (editore del progetto Astromica ndr), il quale mi mette subito alla prova chiedendomi di scrivere un soggetto, un noir declinato al femminile.
Route 66 nasce da un’idea pensata inizialmente per il cinema ed è diventata una graphic novel dai toni pulp… immaginate: una donna enigmatica in tailleur Chanel e impeccabile tacco 12 che attraversa spedita l’iconica Route 66 a bordo di una Dodge Challenger del ’70 color magenta, con un portabagagli pieno di dollari e una gamba mozzata.
Ha infranto la regola d’oro di ogni buon sicario e ha scatenato l’ira del suo temibile boss King, nome da cattivo del vecchio West e ghigno mefistofelico. È tallonata anche dall’FBI capitanato da Frank Anderson, laconico agente che non l’ha mai dimenticata anni dopo il loro primo, casuale, incontro.
Ma Foxy Lady – questo il nome della donna – procede indisturbata verso il proprio obiettivo, il confine messicano. Almeno finché una deviazione imprevista e fuori programma non la spinge verso il Panowski’s Drugstore tra le braccia del giovane commesso Nicky: un incontro inaspettato col destino che stravolgerà i suoi piani.
Con una sinossi simile, non si può non parlare di pulp, letteralmente di un “pasticcio” di generi.

Route 66 – Copertina
Route 66 è la mitica (ex) highway statunitense inaugurata nel 1926 e cantata da Nat King Cole nella hit del 1946 “(Get Your Kicks on) Route 66”.
Esattamente.
Route 66 ha il nome di una delle arterie più importanti degli Stati Uniti. È una storia che nasce nell’immaginario americano e contamina vari stili (il noir, il road movie, la commedia che va dai Coen a Tarantino, lo splatter, il pulp); a suo modo, ha una sensibilità e un gusto più vicini al mercato anglosassone che a quello italiano, ma nulla vieta di adattarla ad un paesaggio di frontiera (a)tipicamente nostrano: in fondo, non ci sono limiti alla creatività.
La difficoltà da sceneggiatrice è quella di non imitare gli stili ma cercare di riadattarli al mercato del fumetto dove il pulp non è poi così tanto diffuso. Si tratterà, molto probabilmente, di una storia in sette capitoli e sarà autoconclusiva, non darà vita ad una serie. Route 66 ha visto la luce grazie alla fumettista Arianna Bosa che è riuscita a tradurre perfettamente in immagini nemmeno le mie parole quanto le mie immagini mentali.Abbiamo scoperto di avere molto in comune, soprattutto per quel che riguarda le scelte cinematografiche.
È arrivata in questo momento. (ride)
Bene allora le vorrei chiedere qualcosa in merito.
Volentieri Tonia.
Ciao Arianna, piacere di conoscerti. In breve vuoi raccontarci la tua collaborazione con Route 66 e con Ludovica Ottaviani ?
Il soggetto di Ludovica Ottaviani mi interessò subito: donne pericolose, rapporti complicati, scelte sbagliate e una grande dose di azione, e già dalle prime righe, l’opera si presentava con una gamba mozzata volante. Andiamo, chi sono io per dire di no a tutto questo? Artisticamente parlando, per me Route 66 è una vera sfida e sono costantemente motivata nel disegnarlo: non mi sono mai dilettata in scene d’azione con sparatorie e inseguimenti, ma è stimolante cimentarsi in qualcosa al di fuori della mia “confort zone” e non sarò mai grata abbastanza a Ludovica per questo. Lavorare con lei è davvero un piacere: Ludovica mi lascia estrema libertà a livello di composizione delle tavole, mi permette di esprimermi al massimo e di dar spazio a ciò che ritengo fondamentale in un fumetto: espressività, dinamismo e coinvolgimento del lettore.
Per Route 66, mi ispiro moltissimo a Quentin Tarantino, Frank Miller e Robert Rodriguez sia per l’estetica che per le inquadrature; ma ammetto che una buona parte della mia regia è stata influenzate anche da Vince Gilligan e Peter Gould e dal loro capolavoro “Breaking Bad” (rimane tutt’ora la mia serie preferita). Confrontandomi con Ludovica poi, i miei riferimenti si sono ampliati: cerco di sfruttare al massimo la sua conoscenza cinematografica per riuscire a creare qualcosa che abbia il mio stile, ma che non manchi di gusto e che racconti con forza la sua storia. Cerco quindi di creare un mix unico e sono fortunata a non dover “limare” le mie scelte e di avere una partner-in-crime così simile a me.
Per quanto riguarda il disegno vero e proprio, so di avere un segno “sporco, vissuto e tormentato” ma ho trovato un’opera che mi permette di lasciarlo tale, anche se son certa di aver ancora molto da migliorare sia a livello di disegno, sia a livello di scelte di luci ed ombre. Mi sto impegnando tantissimo affinché ogni tavola sia la migliore che possa realizzare e infatti, tendo ad essere iper critica nel mio lavoro, ma spero che i lettori apprezzino e che ne valga la pena. La scelta di utilizzare le campiture colorate per dar risalto a determinati “punti” dell’opera mi è venuta leggendo la sceneggiatura: notai come vi fossero solo alcuni particolari della storia segnati dal colore, pensai quindi che sarebbe stato interessante sfruttare questo dettaglio a nostro favore, cercando di rendere il fumetto più accattivante anche dal punto di vista dell’impatto visivo. Amo molto il rosso e, assieme al bianco e al nero, è il colore che fa da padrone in Route 66: va a creare un “conduttore” tra i contrasti che si sviluppano in questa storia, ma mi diranno poi i lettori se sia riuscita o meno nel mio intento.

Arianna Bosa
Grazie per aver lasciato un’intervista per i lettori di MetisMagazine. In bocca al lupo e teneteci aggiornati sugli sviluppi di Route66.
Ludovica: Grazie a te, Tonia, alla redazione ma soprattutto ai lettori di MetisMagazine. Per noi è importante il pubblico, è la nostra vera forza e il “superpotere” di chi si occupa d’Arte. Abbiamo bisogno degli altri per poterci specchiare nei loro gusti, nelle loro necessità e capirli meglio, utilizzando come “grimaldello” i nostri lavori. E speriamo soprattutto che Route 66, con la sua natura atipica ed eclettica, possa catturare la vostra attenzione.
Arianna: Grazie Tonia, e alla redazione di MetisMagazine. Io e Ludovica ci abbiamo messo davvero il cuore e investito molto in quest’opera, aspettiamo solo il vostro parere per capire se siam riuscite a trasmettervi tutta la nostra passione per il fumetto, le storie Pulp e le donne pericolose.
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