“Mariangela Melato era una via di mezzo tra una divinità egizia e un extraterrestre”.
Federico Fellini
Aveva ancora una lunga strada da percorrere, diversi ruoli da interpretare e da portare sullo schermo rendendo, ancora una volta, indimenticabili le tante storie del cinema italiano.
Mariangela Melato, l’antidiva, la regina anticonformista, la dea della versatilità – così la chiamavano – scomparve l’11 gennaio del 2013 a soli 71 anni.
E da sei anni manca al pubblico che l’ha tanto amata e apprezzata. Al pubblico femminile, essendo stata, un’icona del femminismo senza ideologie.
L’unica ad essere protagonista femminile drammatica e comica, grazie alla bravura affinata in anni di studio e di ricerca. Ha interpretato, donne forti, buffe, emancipate, combattive. Come lo era lei d’altronde: una donna straordinaria.
UNA VITA PER LA RECITAZIONE
Nata a Milano il 19 settembre 1941, Mariangela Melato, studia pittura all’Accademia di Brera disegnando manifesti e lavorando come vetrinista alla Rinascente per pagarsi gli studi di recitazione.
Nel 1960, entra nella compagnia di Fantasio Piccoli esordendo come attrice in Binario cieco di Terron rappresentato al Teatro Stabile di Bolzano.
Il suo talento viene subito notato dai migliori registi teatrali dell’epoca: Dario Fo (Settimo: ruba un po’ meno, La colpa è sempre del diavolo), Ludovico Visconti (La monaca di Monza) e Luca Ronconi (Orlando furioso).
Ma è il regista bolognese, Pupi Avati, a scoprire il talento di questa giovane attrice facendola debuttare nel suo film horror Thomas e gli indemoniati (1969) nei panni della sartina Zoe, addetta ai costumi in una sconclusionata compagnia teatrale.
Da qui ha inizio la sua lunga e brillante carriera, che per oltre quarant’anni, la vedrà protagonista indiscussa nel teatro e nel cinema, passando anche dal piccolo schermo.
Nel 1971 recita in Per grazia ricevuta con l’indimenticabile attore e regista Nino Manfredi.
Il fortunato incontro con la regista Lina Wertmuller la renderà popolare sul grande schermo. Per due anni consecutivi, dal 1972 al 1974, sarà al fianco di Giancarlo Giannini nei film Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia (1973) Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974).
Come non ricordare, in quest’ultima pellicola, la sua interpretazione della ricca borghese anticomunista Raffaella Pavoni Lanzetti, apostrofata dal rozzo marinaio comunista Gennarino Carunchio alias Giancarlo Giannini, come “bottana industriale”.
Nel 1974 veste i panni di Giovanna Abbastanzi ne La poliziotta di Steno, film che la portò a vincere il primo David di Donatello come migliore attrice.
Lavorerà con grandi nomi del cinema come Ugo Tognazzi, Gian Maria Volonté, Vittorio De Sica, Michele Placido, Marcello Mastroianni.
Mariangela Melato è una macchina recitativa potente e i riconoscimenti arriveranno uno dietro l’altro.
Con Caro Michele (1976), commedia drammatica di Mario Monicelli, basata sull’omonimo romanzo di Natalia Ginzburg, si aggiudicherà il secondo David di Donatello e un Nastro d’argento alla miglior attrice.
L’anno successivo con Il gatto, film diretto da Luigi Comencini vincerà il terzo David di Donatello, e sempre nel 1977 Sergio Citti la vorrà a fianco di Jodie Foster, Ugo Tognazzi, Paolo Stoppa, Gigi Proietti nel suo Casotto.
Negli anni Ottanta è ancora sul grande schermo con Il pap’occhio (1980) di Renzo Arbore, con cui sarà legata sentimentalmente per un periodo, Aiutami a sognare (1981) di Pupi Avati che le regalerà l’ultimo David e il Nastro d’Argento, nel 1988 ancora con Sergio Citti in Mortacci.
Il successo è inarrestabile. Durante la sua carriera, Mariangela Melato ha vinto cinque Nastri d’argento, cinque David di Donatello, un Ciak d’oro e due globi d’oro.
Ma non sono mancati anche i riconoscimenti per le sue interpretazioni a teatro, a cui si dedicherà maggiormente una volta raggiunto l’apice del successo al cinema.
Basti pensare al Premio Eleonora Duse conquistato per la sua Medea. Sua perché Mariangela aveva un volto su cui si poteva scrivere qualsiasi personaggio.
Fecero tremare, per quei tempi perfetti, le sue interpretazioni delle donne di Euripide, Medea e Fedra.
Il palcoscenico è stato la sua casa, il calore del pubblico il suo nutrimento per tutta la vita.
Andò in scena determinata fino a poco prima di morire, nel 2013 di tumore al pancreas.
“La sua presenza è viva di linfa e profumo nella rosa bianca chiamata col suo nome dal vivaio Barni di Pistoia. Un’elegante corolla candida e piena, di aspetto semplice e raffinato, di natura diafana ma resistente, proprio come lei. La rosa Mariangela Melato rifiorirà per sempre a primavera, sconfiggendo la morte con la bellezza.”
Michele Sancisi, Tutto su Mariangela, Bompiani.
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