Da Trastevere all’Aventino, passando per le Terme di Caracalla e via del Corso, la voce di Alberto Sordi risuona ancora tra le strade di Roma.
La sua Roma che ha celebrato e consegnato in tante pellicole ora come “sceicco bianco”, poi come vigile, ladro, tassista, medico arrivista, e infine padre giustiziere, personaggi entrati nell’immaginario collettivo, insieme alle sue battute e alla sua grande capacità di far ridere ma anche riflettere.
Quella Roma che si fermò diciasette anni fa, il 24 febbraio 2003, per rendere omaggio al suo ultimo grande imperatore. Dalla camera ardente allestita nella sala Giulio Cesare in Campidoglio, al pellegrinaggio sotto la sua villa tra l’Aventino e Caracalla, diventato oggi, grazie alla sua volontà testamentaria, un museo aperto al pubblico, fino ai funerali celebrati nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
La partecipazione dei romani è straordinaria e commovente.
Un aereo da turismo sorvola i cieli della città eterna con uno striscione con su scritto in dialetto romanesco: “Stavorta c’hai fatto piagnere”.
Albertone ha fatto del cinema una ragione di vita, diventando uno dei volti più conosciuti e amati della commedia all’italiana, oltre che uno dei massimi esponenti della “romanità” insieme ad Aldo Fabrizi e la mitica Sora Lella.
Un attore che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare il nostro Paese dal dopoguerra alla rinascita negli anni del cosiddetto “boom economico”, mostrando vizi e virtù degli italiani. È entrato dentro di noi perché ha sdrammatizzato i nostri lati peggiori.
LE PRIME ESPERIENZE TRA DOPPIAGGIO E COMPARSE
Alberto Sordi nasce il 15 giugno 1920, a Roma, al numero 7 di via San Cosimato, nel quartiere Trastevere. Quell’appartamento oggi non esiste più, fu demolito negli anni Trenta e divenne un palazzo (Palazzo delle Congregazioni) di proprietà del Vaticano.
Proveniente da una famiglia di musicisti, mosse i primi passi nel mondo dello spettacolo incidendo, nel 1936, un disco di fiabe per bambini per la casa discografica Fonit.
Con il ricavato si iscrisse all’Accademia dei Filodrammatici di Milano che si rivelò ben presto fallimentare. Fu espulso per la sua influenza dialettale troppo ostinata.
Si stabilisce a Roma, lavorando come comparsa a Cinecittà. Lo vediamo nel ruolo di un soldato romano nel kolossal di Scipione l’Africano (1937) di Carmine Gallone.
Nello stesso anno, senza alcuna aspettativa, vinse il concorso indetto dalla Metro Goldwyn Mayer, ottenendo la parte di doppiatore di Oliver Hardy, del celebre duo comico Stanlio e Ollio.
Successivamente lavorerà come doppiatore anche per Vittorio De Sica in Ladri di biciclette (1948) e per Frank Capra in La vita è meravigliosa (1946).
IL CINEMA
Dopo una piccola parentesi radiofonica e teatrale, è negli anni Cinquanta che riesce a conquistarsi la popolarità.
È nei film di Federico Fellini Lo sceicco bianco e I vitelloni, dal 1953 al 1954 nei film di Steno: Un giorno in pretura, Un americano a Roma e Piccola posta.

Alberto Sordi nel film “Un americano a Roma”
Con l’arrivo della commedia all’italiana diede vita a una carrellata di personaggi che la critica identificò come riconducibili all’italiano medio.
Basti pensare al maestro di scuola Ubaldo Impallato che scopre per caso un allievo prodigio e lo sfrutta per ottenere riconoscimenti e ricchezza in Bravissimo di Luigi Filippo D’Amico, al gondoliere Bepi rivale in amore di Toni interpretato da Nino Manfredi in Venezia, la luna e tu di Dino Risi, al commendatore Alberto Nardi sposato con la ricca milanese Elvira Almiraghi, alla quale si rivolge quando ha bisogno di denaro per le sue iniziative fallimentari ne Il vedovo di Dino Risi, al giovane medico Guido Tersilli capace di tutto pur di fare carriera ne Il medico della mutua di Luigi Zampa, all’impiegato ministeriale Giovanni Vivaldi, un padre che ha un solo grande sogno: sistemare il figlio Mario, interpretato da Vincenzo Crocitti, ne Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli.
Pensa a te, Mario, pensa solo a te! Ricordati che in questo mondo basta fare sì con gli occhi e no con la testa, che c’è sempre uno pronto che ti pugnala nella schiena. D’altronde io e tua madre siamo soddisfatti: abbiamo un figlio ragioniere, che vogliamo di più? Per noi gli altri non esistono. Tu ormai sei sistemato, noi siamo vecchi: non c’abbiamo altre ambizioni. Tutto quello che vogliamo è morire in pace, con la coscienza a posto.
Tratto dall’omonimo romanzo di Vincenzo Cerami, il film, vincitore di 3 David di Donatello e 4 Nastri d’argento, segna definitivamente il tramonto della commedia all’italiana.
Seguirà Monicelli nel 1981 nella commedia storica Il marchese del grillo nel ruolo di Onofrio Del Grillo, esponente della nobiltà romana ottocentesca, cameriere segreto di papa Pio VII, e frequentatore di bettole e osterie per sfuggire alla noia.
SORDI: UN UOMO RISERVATO
Estremamente riservato nulla ha lasciato trapelare della sua vita privata.
Il documentario Alberto il grande, realizzato nel 2013 dai fratelli Luca e Carlo Verdone, tratteggia un ritratto dell’attore romano attingendo alle testimonianze di amici, registi, colleghi tra i quali Franca Valeri, Gigi Proietti, Pippo Baudo, Claudia Cardinale, Gian Luigi Rondi, Goffredo Fofi, Ettore Scola, Enrico e Carlo Vanzina, Christian De Sica.
Carlo, che con lui lavorò nei due film (In viaggio con papà nel 1982 e Troppo forte nel 1986), frequentò la casa di Sordi di via Druso, dove “Albertone” visse dal 1958 fino alla morte.

Alberto Sordi e Carlo Verdone in una scena del film “Troppo forte”
Ecco cosa ha raccontato:
In pubblico, Alberto Sordi sprizzava allegria, gioia, si divertiva, azzardava. Ma non appena tornava a casa, cambiava, diventava un uomo normale, molto rigoroso. Sbaglia chi crede che gli attori comici siano comici anche nel privato. Gli ambienti della casa di Sordi erano molto austeri. Se ti guardavi intorno non vedevi, a parte una foto di Soraya sulla scrivania, foto di attori e gente del cinema. La persona più fotografata era un Papa, Giovanni Paolo II. Wojtyla è presente in ogni angolo della casa. Sordi teneva una sua foto anche nella barberia, dove ogni mattina si faceva tagliare la barba. Alberto aveva una ammirazione e una devozione straordinaria per questo Papa ed era davvero un uomo molto religioso. Un’altra figura sempre presente a casa Sordi è quella della Vergine, con statuine, ceramiche e dipinti di varie epoche. Non c’è stato un giorno in cui Alberto non abbia lanciato un fiore alla Madonna e detto una preghiera.
Un gesto di devozione estrema a cui è rimasto fedele anche nel suo ultimo viaggio. Il feretro di Sordi, per volere della sorella, fu fatto sostare per qualche istante davanti alla statua della Madonna.
Il “miracolo” di Alberto Sordi è stato proprio questo: farci sorridere e commuovere con la stessa, straordinaria, emozione. Fino all’ultimo.
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