Nell’ottobre del 63 a.C. la realtà politica romana fu turbata da un grosso scandalo: si scoprì infatti, grazie a una serie di accuse e segnalazioni, che attorno alla figura di Lucio Sergio Catilina, ambizioso discendente della nobile gens sergia, una delle stirpi più antiche della Repubblica romana, da tempo decaduta politicamente ed economicamente, si era raccolto un piccolo gruppo di persone, con l’intento di dar vita ad un travolgente colpo di stato. La congiura però, non ebbe il successo sperato: venne rapidamente repressa grazie all’intervento energico del console in carica Marco Tullio Cicerone. Certo è che rimasero senza risposta alcuni conturbanti interrogativi: chi era veramente Catilina? Chi si era alleato con lui? Chi lo aveva finanziato? Molte segnalazioni facevano e fanno pensare che Catilina avesse ricevuto promesse e notevoli aiuti e che fosse stato abbandonato all’ultimo momento, costretto a giocare da solo “l’ultima partita”.
Sulla congiura di Catilina che rimane una delle pagine più controverse della storia romana, siamo ben informati dai racconti di molti storici greci e latini e soprattutto dalle testimonianze di Cicerone, allora console, di cui ci sono giunti quattro discorsi deliberativi (Le Catilinariae), due pronunciati davanti al Senato e due davanti al popolo. L’Arpino svelò le trame disegnate da Catilina quando si vide sconfitto alle elezioni e, con espressioni minacciose e ricche di pathos, contestò la congiura chiedendo la condanna dei congiurati.
Ecco un passo significativo:
Essa, o Catilina, così ti si rivolge e, pur silenziosa, in un certo senso ti parla:“Già da parecchi anni non si è verificato un misfatto, se non per opera tua; non azione infamante, a cui tu fossi estraneo; per te solo l’assassinio di molti cittadini, per te le persecuzioni e il saccheggio degli alleati sono rimasti impuniti e liberi; tu sei stato capace non solo di non tenere in conto alcuno le leggi e i tribunali, ma altresì di sovvertirli e cancellarli.Quei tuoi misfatti precedenti, per quanto intollerabili, li ho tuttavia tollerati come ho potuto; ma ora, che io debba vivere tutta quanta in preda al terrore solo per causa tua, che a ogni rumore io debba temere Catilina, e che manifestamente nessun disegno venga ordito a mio danno a cui sia estranea la tua scelleratezza, non è tollerabile. Perciò vattene e toglimi questo timore: se è fondato, perché io non soccomba; se invece è infondato, perché io cessi una buona volta di temere. (I, 18)
Il Bellum Catilinae (De coniuratione Catilinae) di Sallustio
Il Bellum Catilinae, scritto da Sallustio intorno al 40 a.C. rimane l’opera più completa e dettagliata sulla vicenda. Lo storico latino ci offre una ricostruzione attenta e rigorosa degli avvenimenti che alterna alla sua personale riflessione sulle crisi della società romana del I secolo che arrivò, meno di vent’anni dopo, alla monarchia di Cesare. Egli ritiene che l’antica grandezza di Roma fosse assicurata dall’integrità e virtù dei cittadini, e vede nel successo, nella ricchezza e nel lusso le cause del degrado in atto e l’origine di prove sovversive come quella di Catilina. E’ necessario quindi aprire una parentesi per riflettere sulla grandezza e sulla decadenza dello Stato romano.
Quando la ricchezza cominciò a essere considerata un merito, al punto che la seguivano gloria, potere e prestigio, i valori morali incominciarono a indebolirsi, la povertà fu ritenuta un disonore, l’integrità parve un’ostentazione malevola. Dalla ricchezza derivarono edonismo, cupidigia, tracotanza e si propagarono tra i giovani, i quali si abbandonarono ad atti di violenza, incominciarono a dar fondo al patrimonio di famiglia, a non tener conto di ciò che possedevano, a volere ciò che apparteneva ad altri, a sovvertire le cose divine e umane, a non aver più modestia e rispetto di sé. (Capitolo 12, 1-2)
Nel De Coniuratione Catilinae, Sallustio ha descritto con straordinaria efficacia non solo i fatti storici ma anche i caratteri dei personaggi da Catilina a Sempronia, da Catone a Cesare scavando nella loro psicologia.
Ecco il celebre ritratto di Catilina:
“Lucio Catilina, di nobile stirpe, fu d’ingegno vivace e di corpo vigoroso, ma d’animo perverso e depravato. Sin da giovane era portato ai disordini, alle violenze , alle rapine, alla discordia civile; in tali esercizi trascorse i suoi giovani anni. Aveva un fisico incredibilmente resistente ai digiuni, al freddo, alle veglie, uno spirito intrepido, subdolo, incostante, abile a simulare e dissimulare. Avido dell’altrui, prodigo del suo; ardente nelle passioni, non privo d’eloquenza, ma di poco giudizio; un animo sfrenato, sempre teso a cose smisurate, incredibili, estreme. Finito il dispotismo di Silla, fu preso dalla smania d’impadronirsi del potere; pur di raggiungerlo, non aveva scrupoli; quell’animo impavido era turbato ogni giorno di più dalla penuria di denaro e da cattiva coscienza, rese più gravi dalle male abitudini cui ho accennato. Lo spingeva inoltre su quella china la corruzione della città, nella quale imperavano due vizi diversi ma parimenti funesti, lusso e cupidigia. E poiché son venuto a parlare dei costumi di Roma, si direbbe che l’argomento stesso m’induca a riandare indietro ed esporre in breve le istituzioni civiche e militanti degli avi nostri, in che modo abbiano governato la repubblica, quanto grande ce l’abbiano trasmessa e come poco a poco sia diventata, da splendida e insigne che era, corrotta e turbolenta.”
Fonti
Sallustio , La Congiura di Catilina. I classici del pensiero libero.Greci e latini- 18 , Rcs Libri.
Marco Tullio Cicerone, Le Catilinarie, Bur – Rizzoli.
A.Roncoroni, R.Gazich, E.Marinoni, E.Sada, Studia humanitatis, Carlo Signorelli Editore.
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