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INTERVISTA A GIANLUCA DE NOVI LO SCIENZIATO LUCANO CHE HA CONQUISTATO HARVARD

Gianluca De Novi è uno scienziato lucano diventato professore, a Boston, della Harvard University. Nato e cresciuto a Bernalda, dopo la laurea in ingegneria elettronica all’università di Bologna, decide di intraprendere un cammino ambizioso che lo porterà ai massimi vertici accademici negli USA.

Scoprite con noi la sua storia e che possa servire come esempio per le nuove generazioni e per chi vuole perseguire e raggiungere i propri obiettivi, seppur ambiziosi.

Dalla Basilicata ad Harvard, qual è stato il suo percorso accademico e quali le opportunità che ha saputo cogliere e far fruttare?

In Basilicata mi sono fermato fino al completamento del mio diploma di maturità presso l’ITIS di Matera (Informatica). Da Matera il passo successivo fu l’iscrizione alla facoltà di Ingegneria Elettronica dell’Università di Bologna. La laurea non arrivò in tempi record, anzi, me la sono presa comoda dato che avevo avviato la mia prima impresa con un collega di studio (DGTech Engineering Solutions) e successivamente una seconda (Hyper Vision) mentre mi accingevo ad ultimare i miei studi per la laurea. Nel vecchio ordinamento le tempistiche erano tutte molto allungate e molti meccanismi erano decisamente a sfavore degli studenti. Dopo la laurea basata sullo studio e design di un simulatore di realtà virtuale per la chirurgia laparoscopica, decisi di continuare il percorso di studi con un dottorato in robotica e controlli automatici. Il dottorato mi diede molte soddisfazioni nonostante gli attriti con il mio advisor che non voleva mandarmi a spendere un periodo in USA, ma preferiva mandarmi all’università di Twente da un suo collega.

Alla fine riuscii a spuntarla e riuscii ad andare negli Stati Uniti, inizialmente con destinazione Stanford University e successivamente ebbi un cambio di rotta e atterrai a Boston alla Harvard School of Engineering and Applied Sciences per spendere un periodo di sei mesi per completare la mia tesi di dottorato. Dopo un paio di mesi iniziai a ricevere inviti a restare per un postdoc al Massacusetts Institute of Technology e ad Harvard. Inizialmente mi sentii un po’ intimidito e pensai che sarebbe stato meglio rientrare in Italia, ma subito dopo il mio rientro decisi che forse valeva la pena accettare una delle offerte che ricevetti e ritornare in USA per almeno un altro anno. Dopo aver accettato una delle posizioni da postdoc che ricevetti, iniziai a lavorare sodo cercando, in maniera proattiva, di partecipare al progetto di ricerca assegnatomi, cercando di non limitarmi a fare quanto richiesto, ma a metterci del mio e aggiungere elementi innovativi a costo zero. Il mio contributo nella ricerca mi portò a ricevere ulteriori offerte di lavoro e ad un rilancio da parte del laboratorio in cui mi trovavo facedomi passare di fatto da postdoc a faculty in soli nove mesi. Oggi, dopo sette anni, sono il direttore di quel laboratorio il Medical Device and Simulation Laboratory. Parallelamente diventai anche faculty presso la Harvard Extension School, in cui mi occupo di materie non legate al settore medicale ma prettamente tecnologico.

Perché ha deciso di votare la sua vita alla scienza? Quali erano i suoi sogni da ragazzo e come si immaginava nel 2019?

Ho sempre detto che avrei voluto essere uno scienziato sin da quando avevo pochissimi anni. il caso, la determinazione e l’ispirazione di chi mi era intorno mi hanno portato a seguire un percorso che forse non sarebbe potuto essere differente. Posso dire questo, fino al momento della scelta della tesi di laurea, la mia carriera sarebbe stata nel settore automotive, poi il caso mi portò ad assistere ad un intervento al dipartimento di chirurgia pediatrica del S.Orsola di Bologna e la paziente era una bambina di cinque anni, con un tumore ai polmoni. La cosa mi sconvolse, soprattutto vista la giovane età della paziente e, dopo aver perso qualche nottata di sonno, decisi che avrei dedicato il resto della mia vita a sviluppare nuove tecnologie per supportare il mondo medicale. Cambiare facoltà era fuori questione e fuori tempo, cosi decisi che lo avrei fatto da ingegnere. Da quel momento mi sono occupato praticamente solamente di tecnologie medicali. Una cosa buffa è che quando mi laureai, mi regalai un viaggio a Boston per venire a vedere la Harvard University e il Massachusetts Institute of Technology. Come tutti i turisti andai a fare la foto toccando il piede della statua di John Harvard. Pensai in quel momento “sarebbe bello stare in questo posto…” il fato mi ha portato a vivere accanto a quella statua solo due anni e mezzo più tardi e ci sono restato accanto per ben tre anni e da allora insegno e faccio ricerca in questa meravigliosa istituzione. Dicono da queste parti “If you can dream it… you can make it” (Se lo puoi sognare… lo puoi fare). 

Lei si occupa di chirurgia robotica, quale sarà il futuro di queste tecnologie? Le macchine soppianteranno i medici in carne e ossa?

Ci sono molte ragioni per credere ragionevolmente che un giorno le macchine non solo soppianteranno i medici, ma saranno meglio dei medici. Lo so che al giorno d’oggi una affermazione potrebbe sembrare molto forte, ma vi garantisco che è uno scenario del tutto ragionevole e realistico entro i prossimi decenni. Per ora le macchine sono un buon aiuto e forniscono ai medici strumenti preziosi e in molte occasioni fanno la differenza fra la vita e la morte dei pazienti. I militari statunitensi per cui lavoro a diversi progetti di ricerca, sono fra i primi ad investire in nuove tecnologie per consentire la cura di pazienti in maniera sempre più automatica.

Nell’intervista da lei rilasciata a Matera Inside, bacchetta la Basilicata, sua terra d’origine, per aver rifiutato delle opportunità importanti da lei proposte. In questi anni è cambiato qualcosa oppure la situazione rimane sempre la stessa?

Direi che non solo la situazione non sia migliorata, ma in qualche modo è anche peggiorata. Confido comunque nelle nuove generazioni e sul fatto che le cose migliorino in futuro. In questo caso preferisco intenzionalmente rimanere generico nella mia risposta. 

Lei è anche uno “startupper”, in quale ambito sta concentrando i suoi investimenti e soprattutto le sue idee imprenditoriali?

Ovviamente nelle mie aree di competenza, in particolare il mio ultimo progetto di impresa è chiamato XSurgical ed è una società che sta sviluppando, sotto la mia guida, un robot per la chirurgia aperta ed endoscopica, in grado di funzionare anche in ambienti critici come cambi di battaglia (ospedali da campo) oppure siti colpiti da disastri (terremoti, alluvioni, etc). Il nuovo robot sarà in grado di essere trasportato facilmente e messo in opera da un paio di tecnici o infermieri. Il robot sarà inizialmente tele-operato (il chirurgo sarà in un sito sicuro) e in seguito, l’utilizzo di AI (Artificial Intelligenge) inizierà a rendere il sistema gradualmente più autonomo nelle versioni future. La società è in questo momento in fase di raccolta fondi per approdare entro due anni ad una IPO (Initial Public Offering) al NASDAQ per un circa $100 Milioni. Potrete seguire i diversi step dello sviluppo di Xsurgical sui social dato che per scelta abbiamo deciso di condividere tutti gli articoli e milestone che la società raggiungerà.

Cosa consiglia ai ragazzi che hanno un sogno nel cassetto e vogliono diventare delle eccellenze come lei? 

Di non limitarsi a studiare, occorre metterci del proprio e “fare”. Il fare non è una distrazione, è una necessità per complementare lo studio e permetterci di innamorarsi di ciò che facciamo. Altri due consigli che vorrei dare sono di andare a fare un’ esperienza all’estero, per vedere il mondo da una prospettiva differente e portare a casa le esperienze fatte per condividerle con chi resta. L’altro suggerimento che mi sento di condividere è che, se possibile, provate a partecipare in prima persona in progetti imprenditoriali, vi aiuteranno a capire come traslare in prodotti e servizi le vostre idee.

Quali sono i suoi progetti futuri di cui può parlarci?

Non amo molto parlare dei miei progetti futuri per il semplice fatto che il più delle volte sono cose molto riservate e poi anche perché mi capita di fallire. Molti vedono i risultati, ma dietro c’è tanto lavoro e anche dei fallimenti. I fallimenti aiutano a capire, ad imparare e a crescere. Non conosco nessuno che abbia ottenuto grandi risultati senza aver mai fallito. Se siete interessati, seguitemi sui social e condividerò i vari progetti a cui parteciperò.

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