Nell’anniversario della morte del “Maestro del Brivido” Sir Alfred Hitchcock (Londra, 13 agosto 1899 – Los Angeles, 29 aprile 1980), un omaggio alle sue incantevoli bionde.
Alfred Htichcock era un coltivatore di manie.
Nell’armadio aveva sei paia di scarpe e sei abiti blu scuro (tutti numerati e dello stesso modello ma di taglia diversa, nel caso fosse aumentato di peso), nel congelatore conservava sistematicamente prosciutti, bacon e sogliole di Dover, puliva compulsivamente il bagno ogni volta che qualcuno ne usciva ed era anche terrorizzato dai padri Gesuiti, dalle punizioni corporali e dalla polizia.
Ma sarà la sua ossessione cinematografica per le identiche fattezze delle sue attrici a diventare un vero e proprio archetipo etichettato tuttora come Le bionde di Hitchcock.
Il Maestro del Brivido aveva ripudiato immediatamente i modelli iconici degli anni 50-60, “la tettona convenzionale”, come chiamava le pin-up tutte curve e boccucce a cuore alla Monroe e Bardot, per direzionare l’intero sguardo dello spettatore verso una nuova tipologia di donna, dalla sessualità latente e conturbante ed una complessità emotiva celate sotto un tailleur inamidato ed uno stile impeccabile.
Le protagoniste dei suoi film sono tutte donne filiformi, all’apparenza un po’ snob e nordiche, capelli biondissimi di un’esteriorità angelicata ma animata, in fondo, da un misterioso fuoco interiore incandescente.
Nel cinema hithcockiano. questo aspetto etereo cela la possibilità di un inganno, di azioni illegali o un’ipocrisia impertinente e la suspense e lo shock, proprio per questo contrasto fragilità apparente/autodeterminazione silenziosa, appariranno al pubblico quanto mai più sorprendenti.
Nel Il Cinema secondo Hitchcock Truffaut le descrive come “le tipiche donne inglesi apparentemente timorate, capaci però di scatenarsi di punto in bianco.”
Le bionde di Alfred Hitchcock sono state in grado di rompere gli stereotipi femminili imperanti, grazie alla loro ricerca costante d’indipendenza e caparbietà sottesa ma vitale, una duplicità di perfezione superficiale, vittimismo eroico e disobbedienza scioccante.
E se la protagonista di Marnie ed Uccelli, Tippi Harden, accuserà, come anche il biografo Peter Ackroyd, Hitchcock di essere stato così ossessionato dalle sue bionde attrici tanto da averle perseguitate tutte con chiamate imbarazzanti, minacce con vetri rotti taglienti e persino maldestri tentativi di stupro in qualche limousine, ad intervenire a favore del geniale regista ci penseranno le altre sue muse, Carole Lombard (“Il Signore e la Signora Smith”) e Tallulah Bankhead (“Prigionieri dell’Oceano”) che con lui invece avevano condiviso l’obeso umorismo così come Sherly McClaine (“ La congiura degli innocenti”) le grandi abbuffate per pranzo.
Anche per Eva Marie Saint (“Intrigo Internazionale”) Hitchcock «era una persona divertente che con me ha avuto il massimo rispetto, ha sempre mostrato amicizia e simpatia» e per Doris Day (L’uomo che sapeva troppo): «una persona meravigliosa, un grande regista e un buon amico».
Sir. Alfred Hitchcock curava delle sue “ragazze”, sempre morbosamente, non solamente il colore dei capelli ma come parlavano, sorridevano, le compagnie che frequentavano e le diete che facevano. Sotto stretta osservazione erano state anche Vera Miles (“Rebecca”), Joan Fontaine (“Il Sospetto”), Janet Leigh (“Psycho”) e soprattutto Kim Novak che quando provò a ribellarsi a queste manie di controllo, rifiutando un particolare taglio di capelli e dei tacchi neri in una scena di “Vertigo”, verrà però subito zittita dal maestro educatamente.
Hitchcock non è mai stato un maschilista, piuttosto ha nutrito un timore referenziale costante nei confronti delle donne, possedendo anche una sensibilità così attenta verso l’universo femminile da essere stato il primo regista ad intravedere sotto l’algida bellezza di Grace Kelly un potenziale di malinconia eclatante, l’ossimoro di poter essere “Ghiaccio bollente”.
Abbandonando qualsiasi supposizione, non possiamo che citare infine un discorso del Maestro durante una delle sue innumerevoli premiazioni “Chiedo di menzionare per nome le sole quattro persone che mi abbiano dato affetto, apprezzamento, incoraggiamento e collaborazione costante. La prima di queste è un editor di film, la seconda è uno sceneggiatore, , la terza è la madre di mia figlia Pat, e la quarta è la migliore cuoca che abbia fatto miracoli in cucina. Il loro nome è Alma Reville.”
È per sua moglie, dai bruni capelli.
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