omofobia: Paura dell’omosessualità, sia come timore ossessivo di essere o di scoprirsi omosessuale, sia come atteggiamento di condanna dell’omosessualità. Secondo la Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa (2006), «l’omofobia si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all’obiezione di coscienza».
Per omofobia, quindi, si intende il pregiudizio, l’odio o la paura nei confronti dell’omosessualità o di persone identificate o percepite come lesbiche, omosessuali, bisessuali, transgender o intersex.
È una forma di discriminazione del tutto irrazionale, basata sul pregiudizio, pertanto non è detto che vi sia necessariamente una componente cognitiva consapevole di questa discriminazione.
In questo significato, che è quello più largamente condiviso, l’omofobia espressa da individui e gruppi sociali è strettamente collegata al modo in cui la cultura, in diversi contesti storici, interpreta, rappresenta e vive l’omosessualità. Ma anche, e soprattutto, al contesto sociale in cui l’individuo vive, all’educazione impartita, al proprio bagaglio culturale.
La strada per il riconoscimento dell’omosessualità, esclusivamente come orientamento sessuale è ancora lunga, infatti molti stati prevedono ancora la pena di morte per aver compiuto atti omosessuali, molti di più considerano l’omosessualità illegale. Solo una minoranza di stati inizia a riconoscere le unioni gay.
Ci sono, invece, paesi che si muovo dal punto di vista legislativo al fine di punire atti discriminatori verso persone omosessuali, riconoscendo come reato la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale nei luoghi di lavoro.
Ad esempio in Italia, l’approvazione della Cirinnà nel 2016, pur non garantendo il matrimonio egualitario alle coppie omosessuali, ha permesso al Belpaese di allinearsi alla maggior parte dei paesi europei.
Un grande traguardo per la comunità LGBTQ è stato raggiunto il 17 maggio 2004, ossia da quando si festeggia la giornata contro l’omofobia, più specificatamente contro l’omo-lesbo-bi-transfobia, poiché quello stesso giorno nel 1990 l’omosessualità fu rimossa dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Nonostante i passi in avanti verso il riconoscimento dei diritti civili per le coppie omosessuali, e l’omosessualità non rappresenti più un tabù a livello sociale, la strada per contenere ed eliminare episodi omofobi è ancora lunga e tortuosa.
Per agire in tal senso bisognerebbe muoversi sul campo educativo, fin dall’infanzia, poiché i messaggi, diretti e indiretti, che vengono mediati e recepiamo dall’esterno sono frutto di una cultura omofoba, che lascia insinuare la convinzione che essere gay sia qualcosa di assolutamente sbagliato, innaturale e contrario alle norme del vivere comune, senza realmente avere una concreta comprensione di cosa significhi la parola omosessualità.
Dal punto di vista comunicativo sono diversi gli esempi di battute, commenti e insulti, diretti o indiretti, di matrice omofoba. Dai commenti sui social di politici più o meno noti per le proprie posizioni omofobe, come Mario Adinolfi o il leghista Gianluca Buonanno, che pubblicamente hanno offeso l’intera comunità LGBTQ, sfociando nella diffamazione che è ben lontana dalla mera libertà di espressione.
Anche nella comunicazione quotidiana, inerente la sfera personale di ogni individuo, si celano frasi, apparentemente innocue, ma offensive per una persona omosessuale. Spesso sono frasi pronunciate senza malizia, con spontaneità, ma senza alcuna riflessione riguardo l’impatto che alcune parole potrebbero avere sull’interlocutore. Per non ferire la sensibilità di ciascun individuo,bisognerebbe scegliere con cura le frasi da dire e non dire, usando meno leggerezza nella comunicazione interpersonale, in modo inoltre da scardinare i concetti stereotipati legati all’identità di genere, caratterizzati dalla distinzione maschio/femmina, che attribuisce ruoli specifici ad ogni genere. Rimanendo ancorati a tale dicotomia, diventa arduo concepire il concetto di fluidità, pertanto abbattere i muri della diffidenza di chi sfugge alle tradizionali definizioni.
Un esempio di questo tipo di comunicazione disfunzionale al dialogo e alla conoscenza dell’altro, in quanto individuo, sono frasi tipo: “Non hai ancora trovato l’uomo giusto”, “Chi fa l’uomo?”, “Sei sicuro, perché non provi con le donne?”, “Hai subito un trauma da piccolo?”, “La bisessualità è sinonimo di promiscuità”, “Sei troppo bella per essere lesbica”, “Non pensavo fossi gay, non si direbbe”, “Ma tra due donne come funziona il sesso?”, “Anche io ho un amico gay”, che rappresenta il plusultra del qualunquismo, “Peccato che tuo fratello sia gay”, “E se un giorno avrai voglia di avere un figlio?”, “Per me resterai sempre Stefano”.
L’omofobia esiste, e la più pericolosa è quella che si insinua in modo subdolo, mascherata da consiglio o curiosità.
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