Irriverente, esilarante, decisamente sopra le righe, Piero Chiambretti è senza dubbio uno dei conduttori televisivi più discussi della nostra epoca; uno di quelli che non passa affatto inosservato, che ha la dose di intraprendenza giusta per il perseguimento dei propri obiettivi; uno degli uomini più amati del piccolo schermo, di quelli che ti fanno ridere di gusto ancor prima che aprano bocca, già solo al guardarli.
E con queste premesse non è di certo un caso che Piero Chiambretti (Piero la Peste per gli estimatori, quelli veri!) abbia percorso una carriera brillante dopo l’esordio televisivo, negli anni Ottanta, su una TV privata torinese, tale Rete Manila 1, trampolino di lancio che lo catapultò dritto dritto ed in men che non si dica al cospetto di mamma Rai, ove fu assunto (lui sostiene con sua somma sorpresa!) all’esito di un colloquio di lavoro al quale si presentò in mutande e con null’altro indosso.
È nato ad Aosta da una ragazza madre il 30 maggio 1956, ma ha trascorso la sua infanzia e si è formato nella città di Torino, luogo al quale è estremamente legato e che ha segnato irrimediabilmente la sua fede calcistica per il Granata.
Ipocondriaco fino all’inverosimile e di statura decisamente contenuta, argomento sul quale Chiambretti ama ironizzare, è uno degli ideatori di programmi più geniali che il panorama televisivo italiano abbia mai potuto annoverare.
“Mi ritengo il capo carismatico di me stesso: insomma, sono il leader con gli stivali più alti di me”
Uno showman irresistibile che usa un linguaggio provocatorio e graffiante e che nonostante non sia un Adone, ha la fama del grande conquistatore; Chiambretti piace alle donne, per la sua acuta ed intrigante capacità di ironizzare in maniera intelligente su qualunque tema; e si sa, alle donne piacciono quelli che sanno farle ridere!
E non c’è che dire, anche lui ama loro ed è proprio all’universo femminile che è stata dedicata la sua ultima conduzione.
#CR4 La Repubblica delle Donne, programma di prima serata conclusosi nel mese di febbraio 2019, è stato un sorprendente successo che ha riportato in auge un Chiambretti ancora più determinato e divertente di quanto non lo si potesse ricordare.
Quindici puntate realizzate senza tenere conto delle regole della grammatica televisiva, della controprogrammazione e degli imprevisti che hanno, in certa misura, proprio fatto il successo della trasmissione (si pensi al tentativo di affossamento in prima puntata da parte di Aldo Grasso che ha, contrariamente a quanto intendeva Grasso, segnato invece la fortuna del programma).
La stessa puntata andata in onda in concomitanza con una delle serate del Festival di Sanremo, uno degli appuntamenti più attesi dell’anno da parte del pubblico dei telespettatori di tutta Italia, ha registrato un picco di ascolti inaspettatamente elevato, a riprova che Chiambretti è una delle punte di diamante della televisione, e senza dubbio uno dei cavalli vincenti del gruppo Mediaset.
È vero, in molti non accettano i suoi inviti; qualcuno non ritiene che i suoi programmi siano meritevoli di partecipazione da parte delle alte cariche dello Stato e qualche politico contattato in più occasioni ha puntualmente declinato; probabilmente c’è chi ritiene che Chiambretti non faccia buona televisione perché ridicolizza tematiche calde e sulle quali si preferisce discutere in altri termini (o forse non discutere affatto!), ma quel che è certo è che Chiambretti riesce bene nel suo intento, quello di far divertire la gente attraverso un modo del tutto inedito di fare televisione.
E ad Aldo Grasso, ai suoi epitaffi tesi a smantellare una carriera ultratrentennale, Chiambretti risponde con la verve sarcastica che da sempre lo contraddistingue e che ha fatto di lui il personaggio che tutti noi amiamo:
Mi auguro che continui a scrivere malissimo di me, perché porta bene!
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