Irving Kristol, giornalista americano scomparso poco più di un secolo fa, soprannominato il padrino del neoconservatorismo era solito dire:
Ogni generazione affronta un’invasione barbarica sotto forma dei suoi stessi figli, che hanno bisogno di essere civilizzati.
Oggi, la lotta generazionale tra passato e presente si pone non tanto sul piano culturale e dei diversi stili di vita ma su quello economico-sociale. Il fulcro di tutto è il lavoro: disoccupazione, pensioni, contratti di lavoro indeterminati e la sempre più difficile propensione al volersi formare una famiglia.
Questa è la generazione del millennium tech.
Emerge una conflittualità sociale che non riguarda tanto una lotta in termini generazionali, non un contrasto tra padri e figli con visioni e istinti diversi e contrastanti, ma una diversità nell’affrontare quelle che sono le differenti situazioni quotidiane.
Dopo la “rivoluzione culturale” degli anni Sessanta e Settanta, ad esempio, consideriamo il decennio seguente, vediamo riemergere una problematica del futuro nell’ambito della questione ecologica e tecnologica.
Uscì infatti nel 1979 Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica del filosofo tedesco Hans Jonas, in cui l’allarme per le potenziali ricadute negative del “progresso” diventava per la prima volta tema di una riflessione etica sui diritti e i doveri delle generazioni.
Vivendo in una società fortemente industrializzata, dove lo sviluppo tecnologico ha raggiunti alti livelli e i mezzi di informazione e comunicazione sono alla portata di tutti, dagli anziani ai bambini, dal punto di vista della produttività il lavoro è più rapido e preciso. Ma questa rapidità ( costantemente in fase evolutiva) ha avuto una notevole influenza sui comportamenti sociali. Quelli che sono i contatti quotidiani attraverso le piattaforme social ( Facebook, Instagram, Twitter…) hanno abbattuto le convenzioni emotive lasciando spazio ad una sorta di invasione barbarica di socializzazione, a tratti priva di personalità, a tratti davvero troppo irruente.
Sovvertire tradizioni e consuetudini consolidate, ahimè, è fisiologico. La storia dell’uomo procede per trasformazioni continue. Se i continui mutamenti sono al principio catalogati come elementi di disordine e instabilità, si rivelano nella maggior parte dei casi dinamici e rinnovatori. Una civiltà incapace di rinnovarsi ciclicamente sarebbe, con ogni probabilità, destinata al rapido declino e all’inesorabile tramonto.
I greci, ad esempio, in molti dei loro miti, consideravano l’eliminazione di un padre da parte del figlio necessaria per l’evoluzione della nuova civiltà costituente.
Vedi Il mito di Giove e Urano in LA COSMOGONIA E IL MITO DELLA NASCITA DEGLI DEI.
Persino Freud riconosceva ( in Totem e Tabù ) nell’uccisione (simbolica) del padre il fattore determinante della nascita della civiltà.
In questo XLII numero di Metis Magazine abbiamo voluto affrontare la dicotomica tematica delle Generazioni a confronto.
Lo abbiamo fatto trattando l’argomento a 360° con i nostri articoli di approfondimento, le interviste esclusive e le immancabili rubriche.
Come sempre, senza alcuna pretesa di esser stati esaustivi ma solo con l’intento di darvi alcuni spunti di riflessioni vi invitiamo a non perdervi questo originale numero di Giugno.
Buona lettura.
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