Giravamo per ore in sella ad un “Ciao” Piaggio, la sala giochi era il posto più cool dove trascorrere le mattinate in cui “facevamo sega” a scuola, bevevamo Seven Up, avevamo la “ritirata” alle 22.00 e se facevamo qualche minuto di ritardo scattava l’operazione punitiva chiamata “ciabatta appresso e ora non esci per un mese”, baciare per noi era “limonare”, ci cotonavamo il ciuffo con lacca a tenuta extra forte, non avevamo Facebook, WhatsApp e nemmeno il telefonino, ma riuscivamo sempre a beccarci nei luoghi di punta (come era possibile, oggi non ce lo spieghiamo più nemmeno noi!), vivevamo la piazza a tutte le temperature possibili ed immaginabili e – attenzione attenzione! – affidavamo le nostre confidenze più intime al mitico diario segreto!
Ma come? Non vi ricordate di noi?! Siamo quelli degli anni ‘Ottanta!
Gli anni Ottanta sono una delle decadi più ricordate e rimpiante della nostra epoca; c’è una forte propensione a farvi ritorno, nella moda, nelle abitudini e negli stili di vita e tale fenomeno è particolarmente evidente – saremmo portati a dire insolitamente o inspiegabilmente! – proprio tra coloro che quegli anni non li hanno vissuti direttamente, ma che immaginano gli anni Ottanta attraverso i racconti nostalgici di quegli adulti che non si spiegano come mai oggi accadano cose impensabili per l’epoca in cui loro erano adolescenti, oppure grazie ai “reperti” e ai “quasi cimeli” scovati negli armadi dei loro genitori, e ancora grazie, soprattutto, agli odierni presìdi tecnologici attraverso i quali i ragazzi di oggi possono accedere con facilità a tutte le informazioni utili ad un recupero di quel patrimonio culturale e sociale che era proprio dell’epoca in questione.
Sul perché di tanta nostalgia si sono spese opinioni sociologiche ed antropologiche di altisonante paternità, ma di massima la spiegazione non è poi di così difficile individuazione.
Il fatto è che gli anni Ottanta erano un’epoca in cui non si vivevano particolari tensioni, in cui tutto era semplice; un periodo di transizione e di preparazione al futuro che non ne preannunciava affatto la frenesia ma al contrario era improntato all’attesa di qualcosa di grande; la vita scorreva lenta e spensierata, l’italiano medio poteva concedersi più di qualche sfizio, tutti o quasi riuscivano a comprare casa e a fare le vacanze, era l’epoca dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, del posto fisso in abbondanza, Pac-Man era il videogiochi più avveniristico sul mercato, c’era la musica pop a scandire il ritmo delle giornate e i blue jeans erano diventati un must che ridimensionava in un certo senso il concetto di sovversione tipico degli anni precedenti; la nostra bella Italia, insomma, si riprendeva dal clima pesante dei precedenti anni di piombo.
Coloratissimi ed incoscienti gli anni Ottanta ebbero in un certo senso proprio il compito di far dimenticare le difficoltà del decennio precedente portando finalmente una nota di spensieratezza e di grande fiducia nel futuro. Tutto quanto occorso sino a tale momento, le manifestazioni in piazza per la rivendicazione dei diritti, il dibattito politico sempre e comunque, persino al cinema, le Brigate Rosse, i rapimenti e gli omicidi di principio sembravano acqua passata e l’Italia era finalmente pronta a voltare pagina.
Ci sono degli oggetti che hanno contraddistinto in maniera inequivocabile l’era degli anni Ottanta. Ne ricordiamo tre in particolare.
SWATCH MANIA!
In un periodo in cui l’industria Svizzera, regina del settore degli orologi, viveva il suo momento di crisi eclatante, nacque l’alternativa accessibile, resistente, economica e naturalmente coloratissima che segnò la ripresa di quella fetta di mercato che sembrava non dovesse più riprendersi.
“Second Watch” o “Swatch” fu l’idea di orologio alternativo, meno formale, più casual che introdusse un nuovo stile.
La prima collezione di Swatch fu presentata il 1 marzo 1983 a Zurigo; si trattava di dodici pezzi. Il prezzo era di circa 50 mila delle nostre vecchie lire per ciascuno di essi.
All’epoca nessuno ci avrebbe scommesso, ma Swatch segnò il passaggio ad una nuova epoca per le lancette segnatempo, fino a diventare un’icona di stile ancora oggi molto in voga.
Copyright foto: https://www.fashiontimes.it/2016/03/swatch-prima-collezione-orologi-presentata-1-marzo-1983/
BEST COMPANY E STREETSTYLE, LA FELPA CULT DEI PANINARI
I “paninari” erano i testimonial della classe borghese degli anni Ottanta ed erano contraddistinti da un loro particolare codice di comportamento e dall’inconfondibile look.
Erano edonisti, amavano il piacere, l’abbigliamento firmato ma non elegante in stile bacchettone impomatato.
Immancabile nell’armadio di ogni paninaro che volesse essere considerato degno di questo appellativo era la felpa Best Company, vero ed autentico oggetto del desiderio per i modaioli dell’epoca.
Fu Olmes Carretti ad ideare Best Company, nel 1982; un designer open-minded, un grande viaggiatore con un’attitudine spiccata a comprendere le altre culture e i desideri inespressi delle giovani generazioni.
Uno stilista eclettico che un bel giorno decise di dare alla luce la felpa senza la quale non era proprio possibile essere considerato un vero componente del branco.
Best Company è azienda leader dell’abbigliamento casual ancora oggi, sebbene abbia dovuto adeguare la produzione alle esigenze del mercato!
Copyright foto: https://www.angelo.it/it/best-company-the-cool-factor
IL PRIMO TELEFONO CELLULARE IN COMMERCIO
La prima telefonata da un telefono mobile la si deve all’ingegnere Martin Cooper.
Cooper lavorava per Motorola ed utilizzò un cellulare per chiamare un potenziale concorrente nel mercato della telefonia mobile; ciò accadde nel lontano 1973.
Dieci anni dopo la Motorola lanciò sul mercato il primo esemplare di telefono cellulare commerciabile, il Motorola DynaTAC 8000X.
Questo “gigante” della telefonia mobile consentiva conversazioni per trenta minuti e la memorizzazione di ben trenta numeri telefonici; una svolta impensabile per l’epoca!
Naturalmente il telefonino all’epoca era un lusso consentito a pochi, specie per il prezzo di mercato, inaccessibile alla maggior parte delle persone ordinarie ed era prevalentemente acquistato da chi dovesse farne uso per motivi di lavoro; il telefonino costava l’equivalente di circa tremila euro, ma averlo conservato fino ad oggi sarebbe davvero un bel colpo di fortuna per coloro che all’epoca lo acquistarono, visto che il suo valore attuale si è triplicato, rappresentando il bene in questione un vero e proprio oggetto d’epoca.
Se oggi nel bene e nel male la nostra vita non può scorrere senza la convivenza con il nostro smartphone di ultima generazione, lo dobbiamo all’ingegnere Martin Cooper, al quale non possiamo che rivolgere ormai un più che rassegnato “grazie”!
Copyright foto: https://mobileunlock24.com/gb/motorola/unlock-motorola-dynatac-8000x
Questo è solo un assaggio di un’epoca che, se analizzata criticamente, fu molto più complessa rispetto a quanto non fosse percepito da chi l’ha vissuta, un’epoca che ha determinato il nostro presente segnandone irrimediabilmente, pur senza premeditazione, le molte contraddizioni; un’epoca che è stata protagonista del passaggio all’era digitale, che ha visto mutare radicalmente gli scenari geopolitici internazionali in maniera del tutto incontrollata e forse anche scellerata. Un’epoca alla quale sognamo di ritornare per via della leggerezza con cui continua ad etichettarla, ora come allora, l’immaginario collettivo; ma che, in fondo, a parte generare la felicità di chi ha avuto la fortuna di trovarcisi a cavallo (e vi pare poco?!) ha prodotto le distorsioni che tutti noi della generazione successiva, oggi, paghiamo a caro prezzo.
E allora evviva gli anni Ottanta! Come potremmo mai dimenticarli?!
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