Per gli antichi greci era l’εἰκασία ( eicasia), ovvero la capacità di pensare al di là di ogni precisa elaborazione logica; tutto questo noi, oggi, lo conosciamo con il nome di immaginazione o fantasia.
L’etimologia della parola fantasia si ricollega anche al latino phantasia, dal greco φαντασία (phantasia) = apparizione, manifestazione che deriva, a sua volta, dal vergo greco ϕαίνω (phaino) = mostrare.
Pertanto, la parola in sé indica la facoltà della mente di rappresentarsi, di mostrare, di far apparire a sé stessa, in piena libertà, immagini, scene, fatti, storie, a prescindere se siano reali o credibili.
Ma che cos’è essa per l’uomo razionale figlio della logica?
La psicologia ha iniziato ad analizzarla solo dal secolo scorso.
Tutto ha origine nella più tenera età, dove la fantasia prevale e sovverte le leggi della logica. Incominciamo con il ”saper volare” e proseguiamo con la più fervida capacità di telecinesi, spostando oggetti con il pensiero a nostro piacimento, dopodiché condividiamo il tutto con un amico immaginario fino ad una inevitabile battuta di arresto che, come una malattia inalata nelle nostre menti dalla logica razionale ed empirica, ci riconduce nel mondo reale.
Uno dei primi a scoprire il potere e i meccanismi psicologici della fantasia fu il fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud. Le diede grande importanza nella vita mentale: per lui la fantasia era il modo per esprimere bisogni insoddisfatti che altrimenti non potrebbero emergere.
L’uomo tende al piacere, ma la realtà lo costringe a rinunciarvi: così la fantasia consente di accedere a mondi in cui ogni desiderio può essere soddisfatto, evadendo dai limiti del quotidiano. I sogni a occhi aperti ci consolano per ciò che non siamo o non abbiamo, mitigano le nostre ansie.
All’inizio del XX secolo è stato scoperto che i bambini poco più che neonati non riescano a comprendere il mondo che li circonda, perciò lo elaborano per mezzo della fantasia. Per esempio, se un bambino è affamato, immagina come se ci fosse una persona cattiva nel suo stomaco. Con il tempo le fantasie si modificano, ma continuano ad avere un’influenza non indifferente nella nostra vita.
Oggi, però, siamo così abituati a pensare in maniera razionale e logica che ci comportiamo quasi come dei computer: ci alziamo, andiamo al lavoro, pranziamo, torniamo al lavoro, rientriamo in casa e andiamo a dormire. Viviamo ogni giorno la solita, frenetica routine e non riusciamo a distrarci come vorremmo. La realtà ci dice di stare con i piedi ben saldati a terra, facendoci dimenticare della parte più bella e inesplorata di essa: la fantasia.
Le fantasie sono un teatro privato nelle quali l’autore è protagonista e spettatore: non è ammesso altro pubblico. Ci servono a scopo di adattamento in un mondo spesso ostile.
Volendo prendere come esempio un grandissimo classico della letteratura fantasy per ragazzi, quanti ricordano La storia Infinita dello scrittore tedesco Michael Ende? Pubblicato nel 1979 a Stoccarda dalla Thienemann Verlag e tradotto in più di quaranta lingue, il romanzo ha venduto oltre 10 milioni di copie nel mondo.
“Che tipo di storia è questa che costringe il lettore a entrarvi dentro; perché la storia ha bisogno di lui?” Ecco, così prese forma dopo molti errori e tentativi questa Fantàsia.
Gmork: Sei uno sciocco e non sai un bel niente di Fantasia. È il mondo della fantasia umana. Ogni suo elemento, ogni sua creatura scaturisce dai sogni e dalle speranze dell’umanità e quindi Fantasia non può avere confini.Atreyu: Perché Fantasia muore?
Gmork: Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni. Così il Nulla dilaga.
Atreyu: Che cos’è questo Nulla?!
Gmork: È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo, e io ho fatto in modo di aiutarlo.
Atreyu: Ma perché?!
Gmork: Perché è più facile dominare chi non crede in niente. Ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere.
Atreyu: Chi sei veramente?
Gmork: Io sono il servo del Potere che si nasconde dietro il Nulla. Ho l’incarico di uccidere il solo in grado di fermare il Nulla. L’ho perso nelle paludi della Tristezza. Il suo nome era Atreyu.
Atreyu: Se tanto dobbiamo morire, preferisco morire lottando. Attaccami Gmork! Io sono Atreyu!
In questo XLIV numero di Metis Magazine abbiamo voluto affrontare l’affascinante tematica della fantasia generata dalla realtà e dal loro indissolubile e dicotomico rapporto.
Lo abbiamo fatto trattando l’argomento a 360° con i nostri articoli di approfondimento e le immancabili rubriche.
Come sempre, senza alcuna pretesa di esser stati esaustivi ma solo con l’intento di darvi alcuni spunti di riflessioni vi invitiamo a non perdervi questo originale numero di Agosto.
Buona lettura.
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E’ un argomento molto interessante, fa un quadro milto chiaro della vira.Ognyno di noi nasce con tanti sogni e xerca di realuzzarli con la fantasia na ogni giorno si scontra con la realta’ e perde quell’ ardore quegli stimoli e si adegua.
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