Lina Wertmüller è una delle registe più acclamate della storia del cinema. Ha firmato capolavori come I Basilischi, Film d’amore e d’anarchia, Pasqualino Settebellezze, Ninfa plebea, per citarne alcuni. La Wertmüller sarà, inoltre, premiata con l’oscar alla carriera durante la prossima cerimonia dedicata agli Academy Awards a Hollywood. Non è la prima volta che la Wertmüller viene candidata agli oscar. Nel 1977 fu la prima donna ad essere candidata come migliore regista per il film Paqualino Settebellezze.
Lina Wertmüller nasce a Roma il 14 Agosto del 1928 da un nobile avvocato lucano di origini svizzere (il padre di Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza ispirerà il suo primo film, i Basilischi) e da una donna romana. Tra gli anni ’50 e ’60 per una donna con la voglia di diventare regista non erano molte le porte aperte su orizzonti limpidi e felici, infatti la Wertmüller inizia come segretaria di edizione nel 1953 con Napoli Canta, collaborando, più avanti, con due importati film di Fellini, 8½ e La Dolce Vita.
La svolta della Wertmüller inizia dalla collaborazione con l’attore Giancarlo Giannini con il quale realizzerà film passati alla storia e divenuti immagini statiche di una società italiana alienata e precaria: Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”(1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), Pasqualino Settebellezze (1976), La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978) e Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978). Giancarlo Giannini per la Wertmüller rimane il corpo feticcio, il luogo comune in carne ed ossa del maschio mediterraneo, fatto anchesso icona di un immaginario che ha contribuito a definire quasi un genere, quello raccontato e impresso sulle pellicole dalla Wertmüller, di cui anche Monica Vitti e Mariangela Melato sono state talentuose complici.
Ma il talento della Wertmüller, universalmente riconosciuto, va oltre gli stereotipi femminili e maschili, poiché ne crea di nuovi che si assumono in dati di fatto e categorie tipiche di quell’umanità tutta italiana che ci accompagna dagli anni ’50 fino ad oggi. Una sorta di retaggio culturale che nei film della Wertmüller prende il sopravvento e descrive quello che in realtà è l’essere umano: precario.
Il lavoro, l’amore, la vita, l’inutilità dell’esistenza, tutto passa attraverso l’occhio vigile della Wertmüller che rende tutto precario, appunto, ma una precarietà poetica ed universale, nella quale non vogliamo riconoscerci pur facendolo.
Quella della Wertmüller è una eredità che dobbiamo riconoscere e rispettare ancora oggi perché mai una regista così talentuosa ci ha donato uno sguardo aspro e irriverente sulla società italiana, ancora oggi il suo talento è ineguagliato.
Grazie Lina!
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