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CROMATICA-MENTE. I COLORI DELLE EMOZIONI

Arrossire per l’imbarazzo, sbiancare per la paura, diventare verdi per l’invidia o neri per la rabbia. Avete mai pensato a quante volte, anche inconsapevolmente, usiamo accostare ai colori le emozioni che proviamo?

Ebbene sì, ogni colore della scala cromatica richiama nel nostro cervello uno specifico e ben determinato stato d’animo.

Vasilij Kandisnkji, uno dei maggiori pittori operanti a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, universalmente considerato l’ideatore dell’astrattismo, sosteneva che il colore fosse il mezzo per stimolare l’anima; la sua arte, apparentemente caotica, in realtà seguiva delle regole ben precise che prevedevano l’associazione di uno specifico colore e di un determinato strumento musicale a ciascuna emozione.

Proprio perché l’uomo vive tutta la sua esistenza immerso nel colore, attraverso di esso instaura un contatto con la realtà e se ne fa interprete, dando un grado cromatico a tutte le proprie azioni.

Per tale stessa ragione l’abbinamento colore – stato d’animo riflette l’identità culturale di un popolo. È dunque vero che il contesto culturale al quale apparteniamo e del quale riflettiamo le caratteristiche intrinseche incide – e non poco! – sulla nostra capacità di esprimerci attraverso le tinte.

Sapevate, ad esempio, che gli Eschimesi sono in grado di individuare almeno cento tonalità del bianco della neve? E che il viola fino a qualche decennio fa non era considerato un colore, ma una sfumatura del nero? Avete mai pensato a come saper distinguere il colore di una bacca potesse decretare la stessa sopravvivenza di chi doveva decidere se coglierla e mangiarla o lasciarla sulla pianta? E ancora a come il colore della pelle possa determinare, ancora oggi, nell’era della globalizzazione e dell’apertura delle frontiere, il grado di attrazione e di bellezza canonicamente dettato dalla propria cultura?

Se confrontiamo differenti modelli socio-culturali ci rendiamo conto facilmente di come alcuni colori siano più o meno usati e soprattutto di come essi siano in grado di indicare sentimenti, stati d’animo, qualità, emozioni, ma anche gusti e preferenze, in alcuni luoghi piuttosto che in altri. Si pensi, ad esempio, a come in Occidente il colore del lutto sia il nero mentre in Oriente sia il bianco, suo esatto opposto.

Il colore è, dunque, una componente fondamentale della vita umana perché aiuta l’uomo a comprendere la realtà; e la differente interpretazione che si dà alle tinte ed alle loro sfumature, sta proprio nella cultura di ciascuno e varia in base ad essa.

A questo punto, però, una riflessione sorge spontanea. Guardando a modelli culturali radicati in Paesi meno sviluppati, (o forse solo diversamente sviluppati!), e decisamente più poveri rispetto al nostro, quali ad esempio l’India, l’Africa o gli Stati dell’America Latina, non può non saltare all’occhio come, sebbene in tali luoghi si viva il più delle volte di piccoli espedienti e non si possa minimamente pensare al futile, non si sia perso d’altro canto il rapporto con i colori più caldi ed evocativi del contatto con la terra e con la vita; quei colori che vediamo sui costumi tipici e sul vestiario quotidiano, sulle facciate delle case spesso piene di rattoppi, nei paesaggi naturali ed urbani di posti spesso tanto affascinanti da non risultare nemmeno immaginabili; quei colori che scorgiamo sul volto provato e segnato, ma anche così autentico e vero della gente che deve fare i conti con problematiche che per noi sono superate e che sembrano lontane anni luce. E non possiamo, allora, esimerci dal chiederci se dietro il grigiore della nostra europeissima civiltà, che a tutti i costi vogliamo definire elegante e sobria, non si celi invece una perdita di autenticità del nostro mondo e della nostra stessa esistenza.

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