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L’UNIVERSO, UN TUTT’UNO AVVOLTO IN SÉ STESSO

Carl Sagan, uno dei più famosi astronomi e astrofisici  del Novecento, una volta scrisse:

Noi siamo l’incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all’autocoscienza. Abbiamo incominciato a comprendere la nostra origine: siamo materia stellare che medita sulle stelle.

Possiamo ben affermare che la maggior parte delle domande esistenziali legate saldamente al nostro corredo genetico riguardano l’universo.

L’etimologia della parola universo deriva dal latino universus cioè tutto, intero (dall’unione di unus= uno e di versus = volto, avvolto (participio passato di vertere).

L’universo, letteralmente, è un “tutt’uno avvolto in sé stesso”.

Gli esseri umani sono una creazione recente ma l’universo ha avuto inizio molto tempo prima, all’incirca 13,7 miliardi di anni fa.

Arthur Charles Clarke, Carl Sagan, Isaac Asimov, Margherita Hack, Stephen Hawking, sono solo alcuni dei grandi nomi a noi noti che hanno provato a far luce sull’oscuro tema dell’infinito cosmico.

Parola estremamente suggestiva. Come aggettivo definisce un’unità coerente, un ‘tutto intero’ dinamico; lo si utilizza per indicare l’universo della politica, dell’insegnamento o dello sport.

È però il passaggio al significato di unità geografica del mondo che ha segnato la fortuna di questa parola: il peso che ha acquistato è paradigmatico, venendo a significare un tutto onnicomprensivo, il Tutto – basti pensare ai significati di universale, e all’universo come spazio astronomico.

Ciò che questa parola, in questo importante senso, ci suggerisce attraverso l’etimo, è che l’esistenza è volta tutta in un’unica direzione.

Il destino di esso è il nostro stesso destino:

l’essere incastonati in uno stesso cielo è essere incastonati in una stessa sorte, di cui, per parte nostra, siamo responsabili.

TERRA, MUNDUS, ORBIS, è così che gli antichi chiamavano il cosmo.

L’osservazione e il fascino della volta celeste ha influenzato enormemente le antiche civiltà di tutto il mondo; dai babilonesi ai greci, dai romani ai celti, dagli egizi agli aztechi. Questo proiettare gli occhi al cielo diede origine alla cosmogonia.

. Quando l’uomo si soffermò a contemplare il cielo, il suo mondo interiore di paure, di inquietudini, di angosce per una vita aspra e precaria, si arricchì di una dimensione nuova, quella della riflessione e della consapevolezza di esistere al centro di qualcosa di arcano e misterioso, che chiamò, appunto, universo.

“La selezione naturale spiega come le strutture intricate della vita si sviluppano progressivamente. Mi chiedo se anche il nostro universo così complesso sia il risultato di una versione cosmica dell’evoluzione biologica. L’Universo potrebbe avere una storia? Potrebbe avere degli antenati? Mentre si è evoluto nel corso della storia, potrebbero esserci state variazioni casuali delle leggi, e poi una selezione delle stesse, privilegiando quelle che introducevano le strutture più complesse?”

Questo è ciò che ha affermato il fisico teorico Lee Smolin, uno dei fondatori del Perimeter Institute for Theoretical Phsysic. 

Guardate le stelle e non i vostri piedi. Provate a dare un senso a ciò che vedete, e chiedervi perché l’universo esiste. Siate curiosi.
(Stephen Hawking)

In questo XLIX numero di Metis Magazine abbiamo voluto affrontare l’affascinante  e oscuro tema dell’universo che da sempre è il rompicapo ereditario ed eterno dell’essere umano.

Lo abbiamo fatto trattando l’argomento a 360°, con i nostri articoli di approfondimento, le interviste esclusive e le immancabili rubriche.

Come sempre, senza alcuna pretesa di esser stati esaustivi ma solo con l’intento di darvi alcuni spunti di riflessioni, vi invitiamo a non perdervi questo originale numero di Gennaio.

Buona lettura

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