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GINO BARTALI, IL CAMPIONE CHE SALVÒ GLI EBREI

Oh quanta strada nei miei sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita… 

(Paolo Conte – Bartali)

 

L’hanno soprannominato Ginettaccio, l’intramontabile, l’uomo delle salite, il burbero toscanaccio. Gino Bartali non è stato soltanto il leggendario ciclista di cui si ricordano le vittorie sportive (tre giri d’Italia e due Tour de France vinti, oltre a quattro titoli di Campione d’Italia) e la storica rivalità con Fausto Coppi, ma un personaggio importante, che con la sua bicicletta, ha percorso alcune tappe della storia italiana: dal ventennio fascista, alla ricostruzione del paese, passando per la seconda guerra mondiale. In modo particolare, Bartali si rese protagonista di una serie di rischiose attività in favore di ebrei perseguitati a Firenze, collaborando con il rabbino Nathan Cassuto e l’arcivescovo della città, Elia Angelo Dalla Costa. Una storia nascosta che il campione non ha voluto mai raccontare e rivelata a suo figlio Andrea soltanto negli ultimi istanti della sua vita affinché ne custodisse la memoria e la rendesse visibile.

GLI INIZI

Gino Bartali nacque a Ponte a Ema, un paesino ai piedi della collina della Fattucchia, lungo Via Chiantigiana, appartenente in parte al comune di Firenze e in parte al comune di Bagno a Ripoli, il 18 luglio 1914. Nel 1935 si iscrisse da indipendente alla Milano – Sanremo una delle corse più famose del ciclismo italiano. Un guasto alla bicicletta gli impedì di vincere la corsa ma nonostante tutto riuscì a classificarsi al quarto posto. La Milano – Sanremo fu per lui una prova importante che gli aprì le porte del futuro, del professionismo. Bartali, infatti, fu ingaggiato dalla Frejus, con la quale corse il suo primo Giro d’Italia nel 1935 arrivando settimo e, sempre nello stesso anno, vincendo i campionati italiani di ciclismo.

LA CONSACRAZIONE

Nel 1936 firmò un contratto con la Legnano – squadra di Learco Guerra, uno dei ciclisti italiani più celebri nei primi anni del Novecento – che gli portò la vittoria al Giro d’Italia nel 1936 e nel 1937, quando fu indicato capitano della squadra italiana mandata al Tour de France. Una brutta caduta nella tappa da Grenoble a Briançon gli impedì di raggiungere il traguardo vincente: lo fece l’anno seguente, nel 1938, a soli ventiquattro anni. Bartali era diventato una celebrità.

 LA RIVALITA’ CON FAUSTO COPPI

Al Giro d’Italia del 1940, a causa di una foratura e di una brutta caduta nella seconda tappa, Bartali si trovò quasi da subito fuori dai giochi. Da pochi mesi, però, nella sua squadra correva anche il ventenne Fausto Coppi, e il team decise di puntare su di lui che era il meglio piazzato in classifica. Coppi vinse così – con l’aiuto di Bartali, che corse da gregario – il suo primo Giro d’Italia: l’ultimo prima della sospensione di qualche anno a causa della guerra. Dopo la guerra, nel 1946, il 32enne Bartali senza arrivare primo nemmeno in una tappa e considerando Coppi uno tra i favoriti, con grande abilità ed esperienza, si aggiudicò il Giro d’Italia di quell’anno.

GLI ULTIMI ANNI

Nel 1948 Bartali fu l’unico tra i big a poter rappresentare l’Italia al Tour de France e malgrado la non eccelsa squadra e l’età (aveva 34 anni) con due grandi vittorie nelle tappe più difficili – di quelle che sono entrate nella storia del ciclismo – riuscì a vincere il suo secondo Tour de France, uno tra i più importanti appuntamenti sportivi al mondo. Una vittoria che riuscì a distogliere l’attenzione dall’attentato di cui era stato vittima Palmiro Togliatti, segretario del PCI e dalle proteste e scontri di piazza dei giorni successivi che annunciavano l’arrivo di una rivoluzione. Bartali gareggiò ancora con discreti risultati ma non ottenne più grandi vittorie. Si ritirò definitivamente nel 1954 con una gara organizzata per l’occasione a Città di Castello, la città dove si era nascosto per qualche mese alla fine della guerra. Bartali morì il 5 maggio del 2000.

 

 

BARTALI, GIUSTO TRA LE NAZIONI

Gino Bartali ha fatto la storia del ciclismo italiano ma anche del nostro paese. Durante il secondo conflitto mondiale, in modo particolare tra il 1943 e il 1944, fece da “corriere” tra l’arcivescovado di Firenze e il convento francescano di Assisi: trasportò (tenendoli nascosti all’interno del telaio della sua bicicletta) i documenti necessari per fornire una nuova identità agli ebrei perseguitati, per consentire loro di espatriare. Per le sue imprese nel 2005 fu insignito con la medaglia d’oro al merito civile del presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi e, nel 2013, con il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni, onorificenza conferita dallo Stato d’Israele.

 

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