Da Trastevere all’Aventino, passando per le Terme di Caracalla e via del Corso, la voce di Alberto Sordi risuona ancora tra le strade di Roma.
La sua Roma che ha celebrato e consegnato in tante pellicole ora come “sceicco bianco”, poi come vigile, ladro, tassista, medico arrivista, e infine padre giustiziere, personaggi entrati nell’immaginario collettivo, insieme alle sue battute e alla sua grande capacità di far ridere ma anche riflettere.
Quella Roma che si fermò diciasette anni fa, il 24 febbraio 2003, per rendere omaggio al suo ultimo grande imperatore. Dalla camera ardente allestita nella sala Giulio Cesare in Campidoglio, al pellegrinaggio sotto la sua villa tra l’Aventino e Caracalla, diventato oggi, grazie alla sua volontà testamentaria, un museo aperto al pubblico, fino ai funerali celebrati nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
La partecipazione dei romani è straordinaria e commovente.
Un aereo da turismo sorvola i cieli della città eterna con uno striscione con su scritto in dialetto romanesco: “Stavorta c’hai fatto piagnere”.
Albertone ha fatto del cinema una ragione di vita, diventando uno dei volti più conosciuti e amati della commedia all’italiana, oltre che uno dei massimi esponenti della “romanità” insieme ad Aldo Fabrizi e la mitica Sora Lella.
Un attore che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare il nostro Paese dal dopoguerra alla rinascita negli anni del cosiddetto “boom economico”, mostrando vizi e virtù degli italiani. È entrato dentro di noi perché ha sdrammatizzato i nostri lati peggiori.
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