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LE 5 INVENZIONI GENIALI MAI BREVETTATE CHE AVREBBERO FATTO LA FORTUNA DEI LORO IDEATORI

Ci sono invenzioni che hanno radicalmente rivoluzionato la Storia dell’Uomo, spesso modificando tendenze, mode e persino in maniera sistematica abitudini e interi modus vivendi.

Molto spesso, però, alcuni geniali ideatori, forse peccando di ingenuità o disattenzione,  non hanno registrato le loro invenzioni all’ufficio brevetti  precludendosi, così, gli allori di poterle produrre, commercializzare in esclusiva o magari anche solamente cederne ad altri il diritto di utilizzarle.

Ma quali sono le 5 storiche invenzioni che avrebbero fatto la fortuna dei loro creatori se fossero state assennatamente brevettate?

 

 

5. I fiammiferi

Il fiammifero è un oggetto relativamente moderno divenuto immediatamente indispensabile dopo la sua diffusione su scale mondiale.

Nel 1827 l’inventore inglese John Walker, prendendo in prestito gli studi pionieristici del chimico irlandese Robert Boyle che sul finire del Seicento era stato il primo a miscelare il fosforo con lo zolfo, scoprì che una miscela di solfuro di antimonio, clorato di potassio, gomma e amido aveva il potere di accendersi e prendere fuoco grazie al violento calore generato dall’attrito della miscela sfregata su una superficie ruvida.

All’inizio Walker provò a vendere i suoi primi fiammiferi a Stockton, nella sua città natale ma, non soddisfatto pienamente dell’accensione troppo brusca e violenta e dello sgradevole odore prodotto dalla loro combustione, decise di colpo di accantonare l’idea, figurarsi di brevettarla!

Ad appropriarsi dell’invenzione, così, dopo l’aggiunta grazie a Charles Sauria del fosforo bianco alla miscela per eliminare il cattivo odore, troveremo nel 1836 il chimico ungherese János Irinyi che unirà il clorato di potassio con ossido di piombo per permettere ai fiammiferi di accedersi più dolcemente.

Irinyi scelse di vendere il brevetto per appena 60 fiorini al produttore di fiammiferi Istvan Rómer, un ricco farmacista ungherese di residenza a Vienna che, grazie a questo affare, quadruplicò i propri guadagni a dispetto dello stesso Irinyi che, come John Walker morirà poverissimo.

Questa è la storia, in fondo, di due piccoli fiammiferai.

 

 

4. Le patatine in busta

 

Fritte, rotonde e croccanti. Le patatine in busta sono diventate il must degli snack golosi e dello street food godereccio.

Che peccato, però, che nessuno ne abbia riconosciuto davvero il merito al suo intuitivo inventore, lo chef afroamericano del Carey Moon Lake House, George Crum che, nel 1853, di fronte ad un cliente che si stava lamentando delle patatine troppo spesse e morbide, venne spinto a tagliarle talmente sottili da farle sembrare sfoglie, impossibili da infilzare con una forchetta ma ricoperte di tanto sale.

Le Saratoga Chips, così come le aveva ribattezzate Crum, divennero di colpo il sogno proibito di ogni americano, desideroso di partecipare a una delle feste esclusive che iniziavano a gravitare attorno alle patatine del Moon’s e poi anche nel nuovo ristorante aperto dal nostro, ovviamente ribattezzato Crum’s.

Crum però non registrerà mai il marchio tanto che, dopo la morte, la sua famiglia non beneficerà mai dei frutti dell’intuizione soprattutto dopo l’invenzione nel 1920 del pelapatate meccanico che farà definitivamente esplodere a livello industriale i suoi saporitissimi tuberi in busta.

 

3. Tetris

Dietro il Tetris, uno dei videogiochi più famosi della Storia, in grado di vendere più di 100 milioni di copie e generare diversi miliardi di dollari di introito attorno ai propri mattoncini da incastrare, si strugge il nome di Alexey Pajitnov, l’inventore che non ha di certo mai beneficiato della fortuna della sua creatura.

Nel 1984 Pajitnov inventò un gioco per il pc che chiamò Tetris, unendo le parole tennis, suo sport preferito, e tetra, che in greco significa quattro, perché i pezzi del puzzle erano composti da quattro quadrati ciascuno.

Tetris era talmente bello e appassionante da conquistare subito i colleghi e gli amici di Pajitnov tanto che, di pc in pc, si spanse in tutta la Russia e poi anche negli altri Paesi all’interno della Cortina di Ferro.

Ma è questo punto che inizia una sorta di spy story, una lotta serrata senza esclusione di colpi tra inglesi, americani e giapponesi nel contendersi i diritti del gioco, che non erano di certo di proprietà del suo inventore legittimo ma del Governo Sovietico.

La storia del simpaticissimo inventore si concluse con una beffa: il governo sovietico gli aveva promesso un risarcimento dopo un periodo di dieci anni che, con il crollo successivo dell’Unione Sovietica, non ottenne, il tutto mentre il suo gioco veniva commercializzato a spron battuto in Occidente dal Game Boy della Nintendo.

Il buon Pajitnov entrerà finalmente in possesso della sua creazione nel 2004, peccato che la mania del Tetris…era oramai bella che finita!

 

 

2. Il Telefono

 

Evidenziamo un falso storico: ad inventare il telefono non è stato Alexander Graham Bell ma Antonio Meucci.

Questa è, infatti, la storia di un tentativo di furto, di una frode illegale, di un losco appropriamento di un’idea che il suo forse sprovveduto inventore non aveva registrato a suo nome.

Nel 1871 Meucci aveva brevettato un apparecchio chiamato Telettrofono, che permetteva di comunicare a distanza attraverso fili elettrici.

A causa delle sue precarie condizioni economiche, era riuscito ad ottenere per la sua invenzione soltanto un brevetto temporaneo che però doveva essere rinnovato dalla sua Tlettrofono Company al prezzo di dieci dollari all’anno.

Meucci era riuscito a rinnovarlo solamente per 2 anni fino al 1873 quando, incapace di pagare 287 dollari per ottenere un brevetto standard, decise di proporre i prototipi della sua invenzione a una compagnia telegrafica di New York, la Western Union.

Il risultato è che il 7 marzo 1876 Alexander Graham Bell depositò il brevetto del progetto del primo telefono e se ne attribuì la paternità.

Meucci inizierà una infinita serie di denunce e morirà non sapendo mai che, 113 anni dopo, nel 2002, il governo americano finalmente attribuirà l’invenzione del telefono a lui, il geniale immigrato italiano negli Stati Uniti defraudato suo malgrado delle sue idee.

 

1. Il Web

Nel 1989 dal centro di calcolo del Cern di Ginevra dove lavorava, il giovane informatico britannico Tim Berners-Lee pose la pietra miliare del web immaginando “un sistema di gestione decentralizzato dell’informazione” coniato col nome nome di World Wide Web (W.W.W).

Berners-Lee scrisse insomma il primo server per il World Wide Web, httpd, e il primo client (un browser e un editor), oltre alla prima versione del linguaggio di formattazione di documenti con capacità di collegamenti ipertestuali conosciuto come HTML.

Allora la Rete nasceva come strumento di uso personale, per la condivisione del lavoro e delle ricerche fra migliaia di scienziati, tanto che Berners-Lee non brevettò mai la sua invenzione visto che mai avrebbe pensato alla deriva di “abusi crescente da fermare su internet“, come oggi auspica.

 

Quel programma mi serviva a tenere traccia del complesso di relazioni fra persone, idee, progetti e computer di quella straordinaria comunità di scienziati. Poi nel 1989 scrissi un memo ai miei capi, un memo storico anche se allora non potevo saperlo. Proponevo di creare uno spazio comune dove mettere le informazioni a disposizione di tutti: lo chiamai il Web.

 

Se oggi possiamo navigare su internet liberamente, lo dobbiamo (anche) a lui.

Quel padre che, considerando il web come oramai uno strumento pericolosissimo per il futuro dell’umanità, ha deciso di disconoscere due volte la sua creatura.

 

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