Il 6 aprile 1970, giusto 50 anni fa, Gianni Rodari riceveva per l’insieme delle sue opere letterarie il premio Hans Christian Andersen, considerato una sorta di “Piccolo Premio Nobel” della letteratura per l’infanzia.
Tale riconoscimento viene conferito con cadenza biennale quale “contributo duraturo alla letteratura per l’infanzia e la gioventù” e Gianni Rodari, ad oggi, è l’unico autore italiano al quale il premio sia stato mai conferito.
Istituito nel 1956 con riguardo alla categoria autori e dieci anni dopo, nel 1966, con riguardo alla categoria illustratori, il premio deve il suo nome allo scrittore danese Hans Christian Andersen, noto per le sue fiabe immortali quali “Il soldatino di stagno” o “La Sirenetta”, e viene consegnato ai suoi vincitori dal sovrano di Danimarca in persona, con tanto di medaglia d’oro e diploma di merito.
Spesso accade però di confondere il Premio Andersen di cui abbiamo detto con l’omonimo premio italiano che è ben più giovane; esso è stato istituito, infatti, solo nel 1982 e rappresenta un appuntamento culturale fisso, quest’anno giunto alla sua 53esima edizione, che sin dalla sua nascita, ogni anno, premia le più belle fiabe inedite per ragazzi.
Anche l’Andersen italiano è considerato il più alto riconoscimento nazionale nel campo della letteratura per l’infanzia e si è celebrato sino all’anno 2009 nella cornice della bellissima Sestri Levante, mentre a partire dall’edizione 2010 la sua cerimonia di premiazione si tiene a Genova.
La versione italiana del premio Andersen viene promossa e gestita dalla rivista omonima e premia ogni anno le migliori opere, gli autori, gli illustratori, le collane per bambini e ragazzi.
Vi chiederete qual è il nesso tra i due premi e cosa c’entra Gianni Rodari, autore tanto amato ed osannato – potremmo dire a ragion veduta – nella didattica di ieri e di oggi.
Ebbene, per l’anno in corso il bando di partecipazione del Premio Andersen – Baia delle Favole (scaduto ormai il 20 marzo scorso), ha previsto alcune interessanti novità, quali l’apertura di un’apposita sezione agli scrittori professionisti, oltre che una sezione dedicata alla graphic novel che intende quest’anno omaggiare proprio Gianni Rodari nel centenario della nascita dell’autore.
Possiamo senz’altro condividere l’intento con cui oggi, in un periodo storico così drammatico, che vede le vite di molti di noi appese ad un filo e il dilagare di una vera e propria psicosi da contatto sociale zero, si voglia omaggiare l’autore di libri per ragazzi (e non solo) più amato di tutti i tempi; non tanto e non solo perché 100 anni fa egli veniva al mondo, quanto piuttosto – riteniamo – per la valenza del suo messaggio educativo che, ora come allora, ha valore universale, per la sua attualità ed onestà intellettuale, oltre che per la capacità di comunicare cose complesse attraverso parole semplici.
Rodari diceva che la “fiaba è il luogo di tutte le ipotesi” e proprio quel lontano 6 aprile del 1970, all’atto del discorso di ringraziamento tenuto in occasione della cerimonia di premiazione che lo vedeva destinatario di un così alto titolo quale il Premio Andersen (quello danese!), egli seppe pronunciare parole semplici, con la maestria di chi a quelle parole era in grado di conferire un significato profondo e di grande effetto; parole come modestia, sincerità, fantasia, attraverso le quali l’interlocutore veniva esortato a ricercare la chiave per riuscire a dire sempre quanto avesse da dire; la verità, che va raccontata ad ogni coso, anche quando non è quella che si vorrebbe ascoltare.
E nell’attesa di conoscere quali saranno i finalisti di questa 53esima edizione del Premio Andersen italiano ed ancor più di scoprire chi sarà il fortunato vincitore (nella speranza che la premiazione prevista per la prima decade di giugno possa celebrarsi senza restrizioni), abbiamo deciso di rendere omaggio al maestro ricordandone una divertente filastrocca.
PER COLPA DI UN ACCENTO
Per colpa di un accento,
un tale di Santhià
credeva d’essere alla meta
ed era appena a metà.
Per analogo errore
un contadino a Rho
tentava invano di cogliere
le pere da un però.
Non parliamo del dolore
di un signore di Corfú
quando, senza piú accento,
il suo cucú non cantò piú.ù
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