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IL TANGO E I SUOI INNUMEREVOLI VOLTI. INTERVISTA AL BALLERINO E INSEGNANTE DAVIDE BALDANZA.

Conoscere il ballerino Davide Baldanza è fare un’esperienza prima dell’esperienza della danza.

Diventato negli anni anche insegnante di Tango, il siciliano Baldanza sprigiona un’energia magnetica sorprendente, una congiuntura perfetta tra il rigore dell’intelletto, la plasticità dei movimenti e un’anima splendente.

In questa intervista ci racconterà così accuratamente alcune sfaccettature della prismatica arte del Tango che altro non vorremmo che infilarci subito un paio di scarpe col tacchetto, porgergli una mano e lasciarci condurre.

Spesso del Tango, genere musicale che ha influenzato compositori quali Hindemith o Stravinskij, si continua ad avere ancora una visione stereotipata, come semplicemente di un ballo sensuale tra un uomo e una donna. Come descriverebbe invece lei quest’arte del movimento?

Credo che la maggior parte di questo fraintendimento sia accentuato dal cinema di consumo. Molte pellicole, hanno spesso dato questa sensazione a tutti coloro che le hanno viste. Credo di non dire nulla di nuovo, quando asserisco che la famosa scena di Al Pacino in Scent of a Woman – ad esempio – non fa che accentuare questo luogo comune. Con ciò, non si vuole negare che questo movimento culturale, popolare, artistico, che chiamiamo tango, non abbia anche una faccia sensuale; semplicemente stiamo dicendo che non si tratta solo di questo. Probabilmente, chi non ha mai ballato tango, oppure chi non lo ha mai provato, non sa che all’interno di questa danza, ci sono, almeno, tre tipologie differenti di possibilità di movimento in musica, cioè: il tango, il valcesito criollo (una forma tutta Sudamericana del Walzer) e la Milonga. Queste tre danze, totalmente differenti tra loro per genere, forma, orchestrazione, composizione, ma soprattutto interpretazione coreutica, costituiscono la base di tutta quella tipologia di movimento in musica di due ballerini, detto tango.  Questo è solo un primo strato di diversificazione del movimento e della musica che si balla. Perché dico questo? In realtà, ogni orchestra che si balla, ha una orchestrazione differente; cosicché bisognerebbe ballare ogni orchestra con una intenzione differente, potremmo dire, con delle sensazioni totalmente differenti. Ed andando poco più a fondo, possiamo dire che ogni singola orchestra, nel tempo abbia cambiato il suono della sua orchestrazione. Quindi, se si volesse davvero essere in accordo con la persona con la quale si sta ballando, e contemporaneamente con la musica, non si potrebbe ballare l’orchestra di Anibal Troilo degli anni ’30, per come si balla la stessa orchestra, ma nelle registrazioni degli anni ’50, e così via. Si potrebbe continuare, quasi, all’infinito, entrando in un caleidoscopio di scatole cinesi che coinvolgono, la sensibilità di ogni persona, una musica che, pur restando tango, è sempre differente da se stessa, un’ intenzione che si dovrebbe sempre adattare alla musica che si sta ballando, ed alla persona con la quale si sta ballando, e tantissime altre attenzioni, che non mi sembra qui il momento di affrontare, in quanto troppo specifiche. Risulta chiaro che in un paesaggio talmente ampio, come quello appena descritto, è impossibile che l’unico ed il preponderante elemento sia la sensualità. Fortunatamente il tango, è molto più che questo! Può essere terribilmente drammatico, può essere estremamente gioioso, spensierato, semplicemente romantico – dico semplicemente non per sminuire il concetto di “romantico” – può essere ilare, o persino grottesco, se non una infinità di altre cose. Per citarne solo un’altra, il tango, viene adoperato da équipe di medici per curare la malattia di Parkinson, la sclerosi multipla, ma anche la malattia di Alzheimer.

Non solo, quindi, danza  ma anche terapia nei percorsi di riabilitazione di diverse malattie come il Parkinson e sclerosi multipla. Quali sono i poteri, fisici ed emozionali, della tangoterapia?

Ad oggi, le terapie sono in fase di sviluppo, ma si conoscono le ragioni fondamentali, per le quali il Tango viene adoperato per la cura della malattia di Parkinson. Si è scoperto che per affrontare tale malattia, un parametro molto importante sono gli stimoli esterni ai quali il paziente viene sottoposto, e come sappiamo, tra questi stimoli rientrano soprattutto quelli acustici, quindi la musica. Questi attivano nell’essere umano, una sorta di reazione di compensazione. Essendo il cervello una macchina predittiva, dopo un certo quantitativo di tempo, inizierà a tentare di predire la scansione del cosiddetto bit, o pulsazione, presente nella musica. A questo punto accade una cosa sensazionale. Le parti del cervello che sono atte a questa ricezione e predizione sono strettamente connesse, con altre parti del cervello (area supplementare motoria, ad esempio), che sono deputate alla programmazione del movimento. La persona che balla tango, deve organizzare e strutturare i movimenti immaginando (cioè virtualizzando e visualizzando nella propria mente) il movimento che vuole ottenere. Facendo questo, cerca di adattare e predire la realizzazione del movimento stesso, in base alla musica, ed al corpo dell’altra persona. In poche parole, il cervello è una struttura plastica; quando una parte inizia a funzionare male, le viene in soccorso un’altra parte. Ci sono video meravigliosi, delle prove fatte da scienziati che studiano questo, su pazienti affetti da malattia di Parkinson, nei quali si vede la stessa persona, quasi impossibilitata a camminare, nonostante l’aiuto di supporti;  riuscire a camminare senza nessun problema, ed addirittura a ballare insieme ad un’altra persona, “semplicemente” perché nell’ambiente è stata inserita una musica, che, guarda caso, i pazienti stessi stanno anche contemporaneamente canticchiando.

Lei è un Maestro di tango residente a Sofia (Bulgaria).Qual è l’esperienza pregressa che l’ha portata a questa scelta?

La carriera di insegnante è iniziata, nel mio periodo milanese. Vivevo nella capitale meneghina, quando, su richiesta di alcune coppie, ho iniziato questo meraviglioso percorso che mi ha portato sin qui.  Passando per una parentesi partenopea, in quanto ho vissuto e lavorato a Napoli per due anni; ho conosciuto durante una serie di eventi tangueri di diverso tipo (sia maratone che festival), alcune persone che vivono a Sofia, e così si è instaurata un’amicizia che è sfociata nella collaborazione che mi ha portato a trasferirmi fuori dall’Italia, per il mio lavoro.  La richiesta di insegnare mi ha spaesato, all’inizio, quando mi venne chiesto di insegnare ad alcune coppie. Ma fu un’esperienza che mi arricchì ogni giorno di più, e che mi costrinse, ancora una volta a pensare riguardo come, ognuno di noi, percepisce e recepisce il movimento, ed i concetti spaziali. Nondimeno c’è da tenere in considerazione molte cose diverse, ad esempio possiamo dire che quando si parla del movimento del corpo in musica, sicuramente stiamo parlando di due arti che si fondono in una espressione, sebbene poliedrica. E’ necessario, quindi, se si vuole comprendere un fenomeno complesso come questo, poter possedere dei concetti artistici. Adesso dovrò essere leggermente impopolare nel dire qualcosa che, solitamente, cozza con l’opinione comune. Per quanto io non ami il pensiero dicotomico, cioè un pensiero che ragiona solo per opposti bipolari, come: giusto-sbagliato, giorno-notte, bene-male ecc. C’è da tenere in considerazione, che i concetti artistici sono qualcosa che ogni individuo può possedere, o non possedere. Le regole della natura, non le ho decise io! Quindi, chi non ha, all’interno di se stessa/o determinati concetti, ovviamente farà una notevole fatica a comprendere strutture fondamentali del movimento, o della musica. Certo è che una buona dose di determinazione può aiutare fortemente lo studio del tango. Ma ovviamente, persone che hanno, innate determinate capacità, avranno risultati differenti, rispetto a chi ha altre tipologie di capacità. Dico questo, soprattutto perché, viviamo in un mondo, nel quale, per la tipologia di vita, per i cambiamenti finanziari ed economici che viviamo, per il cambiamento delle modalità lavorative e di vita che ogni giorno subiamo; siamo sempre portati a pensare che ognuno di noi ha la possibilità di riuscire, in qualsiasi cosa gli venga in mente di fare, che sia il Tango, o un corso di equitazione, piuttosto che  suonare uno strumento. Questo modo ormai imperante di pensare, non tiene in considerazione che l’arte, esattamente come la scienza, possiedono la maggior parte della loro ricchezza, nella diversità. Chiediamoci, che mondo potremmo avere, se tutti, avessero la possibilità di fare tutto, nel migliore dei modi (il che è già una contraddizione in termini, sotto molti punti di vista).

Ci sono differenze tra il tango praticato in Argentina e quello europeo?

Questa domanda, è sempre particolarmente spinosa. Il tango, come ogni cosa, è cambiato, con il cambiare del tempo. Potremmo dire che, come ogni essere umano, si è trasformato, dalla sua nascita sino ad ora. E’ chiaro che, ogni trasformazione, ha molteplici facce. Ed ognuna di queste, può piacere a qualcuno, e non a molte altre persone, e viceversa. Spesso, per gli insider, la questione è divisa (sempre in maniera dicotomica, cioè ponendo in contrapposizione due elementi) in: il tango di Buenos Aires (o comunque Argentino, in generale), ed il tango europeo. Forse, questo potrebbe essere vero. Quello che a me sembra, parlando da ballerino, è che ogni persona sia differente. Spesso dico che, ogni persona porta all’interno del tango quello che è, e non potrebbe essere diversamente. Dalla mia esperienza, posso dire che il tango elimina ogni tipologia di bluff possibile. Non puoi esprimere qualcosa che non possiedi al tuo interno, ed essendo il tango, una delle danze di coppia per eccellenza, nel quale, la connessione tra i due ballerini, e, tra i due ballerini e la musica, è la cosa più importante e profonda, per poter realizzare il movimento, va da se che, se una persona è arrogante “di natura”, sicuramente, ballerà anche in modo arrogante. Se una persona è perennemente spaventata da aspetti diversi della vita, ballerà in modo “spaventato”, e via dicendo. Ogni persona ha qualcosa di peculiare e differente, e, come si diceva in precedenza, la differenza, è una ricchezza. Ma tornando alle differenze continentali di cui si parlava, posso dire che, quando ballo con alcune persone argentine, sento effettivamente un approccio differente. Questo non significa che con tutti i ballerini argentini, percepisco questo “quid” differente. E’ molto difficile, esprimere questo con il linguaggio, che, di per se, è limitato. Potrei quasi definire questo “qualcosa di differente”, come una sensazione lontana nel tempo. Come un qualcosa che proviene da un altro tempo. Ma, ripeto, bisogna provarle ogni singola sensazione sul se stessi, per poter comprendere. Il linguaggio non può descrivere tutto.  D’altra parte, anche alcuni europei, riescono ad esprimere, ballando tango, qualcosa di molto peculiare, e che nulla ha a che vedere con ciò che si diceva prima riguardo ai ballerini argentini, ma non per questo, di minore rilevanza. Sensazioni diverse per  persone diverse. Non c’è un meglio, o un peggio. Buenos Aires, resta la città di cui è importante studiare la storia, la musica, l’evoluzione sociologica, e molti altri aspetti, se si vuole comprendere in modo più profondo, cosa il tango è stato ed è. La città che ha dato i natali ad una danza, che ogni giorno di più viene studiata dai diversi strumenti neuroscientifici a nostra disposizione, proprio perché rivela, potenzialità inaspettate, per quella che in origine era “solo”, una danza popolare.

Lei dichiara che il tango rappresenta una forma di comunicazione viva e incarnata fra due o più persone. Nella sua scuola come si crea e come riesce a stimolare, da didatta, un rapporto sinergico tra ballerini?

La parola cardine di tutto questo è connessione. Quello che faccio nelle mie lezioni, è istigare le persone a tirare fuori quel che hanno dentro, tentando di abbattere le loro stesse barriere psicologiche, le loro paure, e le barriere sociali che la vita giornaliera, impone subdolamente. Ho visto persone intimidirsi, o spaventarsi al pensiero di abbracciare un altro essere umano sconosciuto, sino a quel momento. Ed in alcuni casi, le persone non sono riuscite a superare queste barriere socio-mentali, ma, nella maggior parte dei casi, vedi accadere la magia della connessione. Ed è proprio in quel momento che il comportamento delle persone inizia a cambiare. E’ qualcosa di percepibile, nel loro sguardo, nel modo in cui abbracciano (anche al di fuori dell’ambito tango),  nella voglia che hanno di fare qualcosa di nuovo. Quello che sin da subito faccio, è instillare la curiosità, e il piacere della musica. Una buona conoscenza della musica è fondamentale per poter ballare meglio, esattamente come imparare a formare una coscienza corporea, che nella nostra vita giornaliera, spesso non possediamo. Il mio modo di vedere il tango, cerca di essere rispettoso della tradizione, ma senza porre troppi paletti costrittivi, esattamente come faccio ricerca giornalmente su tutto quello che riguarda il movimento. Quali sono gli interrogativi ancora aperti, i problemi irrisolti, quali movimenti si posso ancora connettere l’uno con l’altro. Credo che le persone che debbano studiare maggiormente siamo proprio noi insegnanti e ballerini. Uno studente che nota questa attitudine, sarà, probabilmente più spronato nello studio e nella scoperta. Quello che spesso dico ai principianti, ad esempio, è di non dimenticarsi mai che le parole “leader”, è “follower”, sono termini adoperati per potersi comprendere meglio in un percorso che è solamente al principio, ma che nella coerenza di una danza di coppia, non può esistere, un concetto di dittatura, ad una parte, e di sottomissione dall’altra. Questi sono proprio tanti differenti aspetti della connessione. Cioè, cosa significa, ascoltare l’altro, o, come direbbero alcuni neuroscienziati, essere capaci di comprendere il flow di un’altra persona, ed entrando in questo flusso, essere capaci di una particolare forma di adattamento al flusso di una persona diversa da noi, e che in questo preciso momento, è strettamente connessa con noi stessi.

Come pensa che possa evolversi l’insegnamento della sua disciplina dovendo convivere adesso con l’inevitabile distanziamento sociale?

Qui la risposta è allo stesso tempo “rapida”, e probabilmente un po’ drammatica. Il momento storico che stiamo vivendo è molto chiaro, soprattutto nell’ottica di una danza, in cui il requisito necessario è l’abbraccio. Tutte le lezioni dal vivo sono state sospese, sino a nuovo ordine. E sino a quando non si avrà un buon grado di sicurezza, le milongas (cioè i luoghi dove ci si incontra per ballare tango), dovranno restare chiuse, con grande dolore di tutte le tangueras e di tutti i tangueros. Tutti noi insegnanti, abbiamo fatto, e continueremo a fare, lezioni on-line, su tutte le piattaforme possibili, in modo da non abbandonare la comunità mondiale. Ovviamente tutti gli eventi che erano in programma, sono stati annullati: maratone, festival, e competizioni di ogni genere, ma al contempo, questo periodo di distanziamento sociale, ha creato molti eventi on-line. Esistono, ad esempio, milongas virtuali, nelle quali, ogni persona, o coppie di persone che vivono insieme, possono godersi la musica scelta da un musicalizador (che è un DJ di Tango). In poche parole viene ricreata una milonga, seppur nell’unico modo permesso ancora oggi. Quello che auguro alla comunità mondiale, è che questo periodo di isolamento, porti le persone a riflettere su cosa il tango possa essere, e su come è stato incatenato, a causa di questa pandemia, cosicché, quando si ritornerà a poter ballare in milonga, ci si ricordi di quanto possa essere sconfortante, non connettersi, o non tentare di farlo.

Se potesse scegliere dei componimenti musicali che possano descrivere la sua persona quali sarebbero?

All’interno del tango come musica, posso dire di essere legato a molte diverse musiche, in quanto amo tutto il tango, dalle sue origini, sino alla contemporaneità, quindi ascolto Carlos Gardel, esattamente come Astor Piazzolla, esattamente come l’ Orquesta tipica Fernandez Fierro, o l’ Orquesta Romantica Milonguera, tanto per fare qualche esempio. Se dovessi dirne solo alcune che mi vengono in mente, sono sempre stato affascinato da una delle musiche che è diventata il simbolo del Tango stesso, che è la Cumparsita. Un tango dalla storia travagliata e fortunata, del quale sono state fatte migliaia di versioni. Mi piacciono tante versioni diverse, ma sono particolarmente affezionato alla versione dell’orchestra di Juan D’arienzo. Mi piace ascoltare molto la musica degli anni ’10 e ’20, che in milonga non viene ballata. C’è un altro tango che è divenuto celebre, anche fuori dai confini di questa danza, che è il tango che prende il nome di Malena. Ma credo che di altri, sia superfluo parlare, per non annoiare troppo i nostri lettori.

D’altra parte, posso dire di amare molti diversi generi e tipi musicali, ma quello che ho coltivato maggiormente, nella vita è la musica contemporanea, di tradizione classica. Tra i compositori che mi affascinano potremmo elencare Luigi Nono, Franco Donatoni, Luciano Berio, Karlheinz Stockhausen, Tristan Murail, Gerard Grisey, e tantissimi altri. Trovo, la ricerca del corpo e sul corpo  (e qui, dovrei citare anche tantissimi ballerini-didatti-coreografi) , esattamente come la ricerca del suono e sul suono, siano fondamentali per aprire la propria mente a ciò che è nuovo, ed a ciò che è differente da noi, senza paure.

(Copyright immagine in evidenza)

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