Uno dei casi di cronaca nera più misteriosi e popolari del dopoguerra italiano è avvenuto esattamente trent’anni fa, il 7 agosto 1990, quando la giovane Simonetta Cesaroni fu trovata senza vita in uno stabile a Roma.
L’omicidio della 21enne che sconvolse l’intero Paese, è stato sin da subito ribattezzato “Il delitto di Via Poma“, in riferimento all’indirizzo dell’elegante edificio degli uffici del 3° piano dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù, nel rione Prati, dov’era stata rinvenuta priva di vita.
Quell’afoso martedì di agosto, Simonetta era uscita di casa verso le 15, con l’intento di verificare delle pratiche nello studio dove lavorava da alcuni mesi come contabile.
L’ufficio quel giorno era deserto, tanto che la ragazza aveva deciso di concedersi una pausa dai numeri verso le 16, mangiucchiando in tranquillità un panino di fronte al computer.
Dopo aver ricevuto una telefonata da un collega alle 17;35, tra le 18 e le 19, Simonetta si trovò faccia a faccia nel suo carnefice che iniziò a colpirla violentemente con pugni e morsi, per poi accanirsi furiosamente attraverso un fermacarte sul suo corpo, con ventinove coltellate.
Preoccupati dall’inusuale ritardo per il rientro a casa di Simonetta, alle 20,30 la sorella Paola raggiunse l’edificio fino alla macabra scoperta.
Nel corso degli anni, tra il 1990 e il 2011, sono state svolte varie indagini e ipotizzate varie piste investigative con diverse persone accusate del delitto: dapprima Pietrino Vanacore, portiere dello stabile dove avvenne l’omicidio che misteriosamente si suicidò a pochi anni dal delitto, Salvatore Volponi, il datore di lavoro della vittima, Federico Valle, il cui padre aveva uno studio nello stabile, e infine Raniero Busco, il fidanzato della vittima.
Il caso ha da sempre attirato un grande interesse dell’opinione pubblica, tra trasmissioni televisive e approfondimenti cartacei sull’efferato giallo.
Nonostante la vittima non presentasse alcun segno di violenza carnale, il fidanzato, Raniero Busco, è stato dapprima condannato in primo grado nel gennaio 2011, poi scagionato da una superperizia nel processo d’appello il 27 aprile 2012, infine assolto dal reato di omicidio nel 2014.
A distanza di trent’anni, i famigliari di Simonetta non sembrano, però, ancora rassegnarsi nella ricerca dell’ignoto colpevole.
Il legale dei Cesaroni sottolinea come “Il Delitto di via Poma” rappresenti tuttora un’amara sconfitta per tutto il sistema giudiziario italiano, vista la sciatteria con le quali all’epoca furono condotte le indagini (come ad esempio la mancata perizia su di un morso trovato sul corpo della 21enne romana).
Una lunga e dolorosa storia fatta di errori, omissioni e depistaggi che speriamo dia prima o poi pace alla sua dalia bianca, Simonetta Cesaroni.
(Copyright immagine in evidenza)
Categorie:Metis Oggi, METIS OGGI