Il 25 agosto 1900, sei settimane prima del suo 50° compleanno, muore a Weimar uno dei più grandi pensatori della filosofia occidentale: Friedrich Nietzsche.
La sua dipartita per polmonite si innesta in un quadro clinico già fortemente compromesso da più di 11 anni, quando il filosofo tedesco è oramai paralizzato dopo ripetuto ictus e in preda alla demenza.
A legarlo a letto, oltre l’infermità e alle malattie congiunte, una solitudine leopardiana che negli anni si è palesata attraverso terribili emicranie, insonnia, vomito e costanti altalene bipolari di momenti di eccitabilità ad altri di disperata depressione.
Il sopraggiungere dalla quasi cecità, lo spingerà, poi, nell’insondabile territorio della follia.
Per alcuni saggisti, la fragilità psichica di Nietzsche aveva caratteri ereditari.
Dopo la sua nascita, infatti, avvenuta il 15 ottobre 1844 nel villaggio di Röcken, nella provincia prussiana della Sassonia, già suo padre, il pastore luterano Karl Ludwig aveva abbandonato la sua carriera a causa di “nervosi”, di forti emicranie, di frequenti esaurimenti e continua irritabilità, fino al sopraggiungere della sua morte in completo stato demenziale a soli 36 anni.
Friedrich Wilhelm Nietzsche è a quel tempo un bambino piuttosto triste, pensoso ed estremamente sensibile.
Nelle note caratteriali, già prestigiosa scuola protestante Schulpforta, gli riconosce una “personalità piuttosto originale”, come quando un giorno, appreso dell’episodio romano di Muzio Scevola, prende un carbone rovente e lo stringe nel palmo della mano, producendosi un’ustione che gli lascerà una cicatrice indelebile.
L’ansia cronica tramutata in forti dolori nevralgici, crampi allo stomaco e ittero (probabilmente un’epatite infettiva) iniziano, perciò, a tormentare lo scrittore così fortemente che 1879 è costretto a lasciare l’insegnamento a Basilea, dove insegna con larga stima di colleghi e studenti, filosofia.
Alcuni critici ascrivono alla deludente conclusione del rapporto infelice con Lou von Salomè incontrata nel 1878, la causa immediata del decadimento fisico e mentale dello scrittore.
Non a caso è proprio durante l’anno successivo che la sua malattia raggiunge l’acme, nonostante i bagni terapeutici -anche italiani- al mare per curare i nervi:
Sto bene quando spero… e la salute è legata alle mie speranze. Voi sapete che vi sono talvolta stati di sofferenza psichica che sono quasi un beneficio, perché fanno scordare quel che si soffre altrove. Ecco la mia filosofia della malattia: essa dona speranza alle anime.
Negli anni successivi, la follia, accompagnata da forse uno stadio avanzato di sifilide terziaria (l’anisocoria e la pupilla di Argyll-Robertson sono sintomi di questa progressiva malattia) indurranno i medici a sedare e allettare Nietzsche in un ospedale psichiatrico, in attesa dell’amara dipartita di uno dei più grandi geni dell’umanità, autore di imprescindibili opere filosofiche come “La nascita della tragedia“, “Al di là del bene e del male“, “La gaia scienza“, “Così parlò Zarathustra” e “Ecco Homo“.
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