La generazione degli attuali trentenni, o la generazione dei Millennials, ha attraversato lo tsunami della crisi finanziaria e ora si ritrova nella recessione da coronavirus. Una generazione martoriata dall’opinione pubblica, descritta come “rassegnata”, che dovrà ripartire da zero e trovare l’ennesimo escamotage per reinventarsi.
Definita anche la generazione dei “bamboccioni”, quelli che, superati i trent’anni, tengono un piede nell’età giovanile e uno in quella matura. Smarrendone i confini.
Le politiche degli ultimi decenni hanno privilegiato il presente o il breve periodo, rendendo particolarmente difficile, ai trentenni di oggi, guardare in prospettiva con fiducia ed entusiasmo. Lavoretti in nero e mal retribuiti, contratti a tempo determinato, full time mascherati da part time, co.co.co, disoccupazione, stage non retribuiti e tanta visibilità, e per una buona fetta di loro, fuga dall’Italia. Una vita da precari, che non trasmette la sicurezza necessaria per poter crescere davvero, socialmente ed economicamente parlando.
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“Millennial dream”
Il posto fisso resta, per i più, un sogno condiviso, frutto del retaggio culturale di mamma e papà: contratto a tempo indeterminato, creare una famiglia da giovani, mettere da parte qualche soldo.
È pur vero che questo modello di vita appartiene ad un’epoca diversa, alla generazione dell’incertezza non è consentito far progetti a lungo termine. Ma una stabilità contrattuale permette l’accesso a tutta una serie di servizi e opportunità che altrimenti resterebbero precluse: contrarre un mutuo, affittare un appartamento o addirittura un contratto per un cellulare nuovo. Il desiderio di stabilità si combina però al desiderio di fare carriera e alla ricerca di un lavoro stimolante, che magari valorizzi realmente le competenze acquisite nel percorso di studi intrapreso e nei vari corsi di specializzazione, necessari per l’ottenimento di una data posizione lavorativa.
La generazione dell’incertezza
Eppure quella dei Millennials è una generazione abituata a non avere punti fissi: il posto di lavoro a tempo indeterminato è un miraggio, la casa dei genitori è solo un punto di partenza e le possibilità non sono circoscritte all’Italia.
Una generazione iperformata, per volontà o necessità, ha pretesa di distinguersi e non accontentarsi. Questo desiderio è tale che molti sono disposti a cambiare spesso lavoro se l’attuale non soddisfa le loro aspettative. Molti ricercano apertamente carriere internazionali, caratterizzate da un’alta mobilità, prestigio e alte remunerazioni. La giusta remunerazione per il lavoro svolto è considerata un aspetto essenziale della carriera lavorativa: i millennials contano molto sulle loro capacità e si aspettano che il loro impegno venga premiato e riconosciuto.
E la vita affettiva?
L’incertezza della generazione dei millennials non riguarda solo l’ambito lavorativo, ma anche quello affettivo e relazionale. Poiché i dubbi sul proprio futuro lavorativo, rendono instabili anche i progetti di vita adulta, in una fase di crescita in cui tutto ciò si ripercuote pesantemente nel rischio di rinunce definitive sugli obiettivi personali e le scelte di vita. Questo quadro di forte incertezza rischia di frenare le possibilità di carriera e rinviare scelte di autonomia e formazione di una propria famiglia.
La flessibilità è la compagna di viaggio degli under 35: essere pronti a cambiare città, appartamento e punti di riferimento, tutto senza molto preavviso, perché è importante stare sul pezzo, essere reattivi, accaparrarsi l’opportunità. Diventa, quindi, difficile gestire dei rapporti affettivi in assenza di punti fermi; si tende ad effettuare scelte prudenti e non vincolanti.
Quello che i millennials devono affrontare è un mondo complesso, che sembra aperto verso ogni potenzialità, ma che richiede sempre più sacrifici. Guardare avanti per trovare soluzioni alle nuove sfide che la vita propone, è questo il grido di battaglia di una generazione frammentata.
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