I ventenni del 2020 vivono una realtà molto diversa rispetto a quella dei loro coetanei di cinquant’anni fa. E la musica, nel frattempo, ha perso il ruolo centrale nelle loro giornate. La generazione di Spotify non sogna il Rock & Roll, non compra più le chitarre e non colleziona dischi. Frequenta i concerti, ma spesso è attratta più dall’idea d’incontrare l’idolo del momento che non dal messaggio che la sua musica potrebbe trasmettere. Quella di oggi è la società dell’omologazione, in cui alla fine pure la musica “indie” – che vorrebbe dare sfogo al disperato bisogno d’identità “alternativa” dei giovani d’oggi – converge con la multinazionale del pop.
Abbiamo provato, con estrema difficoltà, a racchiudere in sette brani l’espressione musicale di un’epoca che ha poi segnato le successive e che meritano la vostra attenzione. Una delle molte liste possibili, dunque, che non ha alcuna pretesa di indiscutibilità.
Bob Dylan- Like a Rolling Stones
Nel corso della sua infinita carriera, Bob Dylan ha fatto sognare milioni di fan grazie a brani leggendari, capace di unire musica e poesia in oltre 60 anni di percorso artistico.
Era il 20 luglio del 1965 quando uscì quella che sarebbe stata definita “la più grande canzone di tutti i tempi”. Bob Dylan imprimeva una svolta radicale alla propria carriera, abbandonando le liturgie e il rigore della musica acustica per approdare a quelle sonorità elettriche. Il suo gesto finì per inventare un genere completamente nuovo e mai visto prima, il folk-rock.
Il brano rappresenta il primo estratto del primo album della cosiddetta trilogia elettrica di Dylan, e la canzone in questione è stata votata come la migliore di tutti i tempi dalla rivista statunitense Rolling Stone, che non a caso ha acquisito questo stesso nome a partire dal brano di Bob Dylan.
The Rolling Stones – Paint it Black
I Rolling Stones sono indubbiamente una della rock band più iconiche e influenti di sempre. Paint it Black è un singolo pubblicato il 7 Maggio del 1966. Nello stesso anno comparirà come traccia d’apertura nella versione statunitense dell’album Aftermath.
Comunemente riconosciuta e interpretata come una riflessione sugli orrori e il dolore della Guerra in Vietnam. Un tema scottante e contemporaneo, che influenzò buona parte della musica rock degli anni ’60 e ’70.
Ma pare che Paint it Black sarebbe incentrato sulla storia di un uomo che vede morire inaspettatamente la propria amata. Inoltre, sembrerebbe che Mick Jagger abbia preso anche ispirazione dall’Ulisse di James Joyce in particolare nel verso “I have to turn my head until my darkness goes”.
The Beatles- Revolution
Il 1968 rappresenta il momento esatto in cui divenne chiaro che la musica dei giovani era l’espressione artistica del desiderio di una rivoluzione culturale basata non solo su un’idea sovversiva, bensì su una proposta concreta per una società diversa.
Per i ventenni di cinquant’anni fa, canzoni come “Revolution” dei Beatles non erano solamente la colonna sonora di un’epoca, ma l’espressione di un desiderio di cambiamento.
Meno noto è che non c’è una sola canzone con questo titolo, bensì vi sono tre diversi brani: Revolution 1, Revolution e Revolution 9.
Figlia della protesta politica dei primi mesi del ’68, “Revolution” fu scritta da John Lennon per esprimere la sua posizione favorevole nei confronti del movimento, ma la sua contrarietà ai metodi con cui veniva portato avanti. La prima versione era però troppo lunga, pertanto Lennon decise di dividerla in due brani differenti, uno più classico (fu la versione che venne pubblicata nel “White Album” con il titolo di “Revolution 1”) e usare la coda strumentale come base per un nuovo pezzo sperimentale, che venne chiamato “Revolution 9”.
La terza versione venne pubblicata il come B-side di “Hey Jude” e il titolo di “Revolution” senza numeri aggiuntivi.
Led Zeppelin – Black Dog
Black Dog è una delle canzoni più famose e riconoscibili dei Led Zeppelin. Il pezzo è incluso in Led Zeppelin IV, pubblicato nel 1971 e fu un grandissimo successo, non solamente in Gran Bretagna. Fu il riff del bassista dei Led Zeppelin John Paul Jones a rendere il brano così iconico, il vero cuore pulsante del pezzo.
Per associazione viene semplice pensare che il titolo della canzone è ispirato ad un cane nero, in particolare si trattava di un Labrador Retriever nero che in quel periodo si vagava per gli studi di Headley Grange e che stava simpatico alla band. Ma in realtà il testo del brano non ha nulla a che vedere con il cane nero.
Lucio Battisti – Un uomo che ti ama
La storia ci insegna che esistono due Lucio Battisti diversi.
Il primo ha dominato le classifiche per diversi anni, a forza di singoli ancora oggi patrimonio inestimabile della musica italiana e di ritornelli magistrali.
Il secondo si è dedicato a creazioni complesse, cervellotiche e astratte, prendendosi anche la briga di sfidare la poesia ermetica.
E nel mezzo c’è una perenne metamorfosi e tante sperimentazioni.
Nel 1976 Battisti guarda oltre: si è innamorato dei ritmi farraginosi del funk, del basso slabbrato e dei suoi complessi incastri strumentali. Così nasce “Lucio Battisti, La Batteria, Il Contrabbasso, Eccetera”: il rock, il blues, la psichedelia, tutto interpretato con originalità.
“Un Uomo Che Ti Ama” è il pezzo in cui la voce di Lucio diventa ancora più esile e astratta del solito, pare vaporizzarsi nel nulla mentre contrabbasso e chitarra suonano note disco-funk. Poche note, un riff semplice che materializza una vibrazione quasi fisica.
Patti Smith – Because the night
Patti Smith ha sovvertito le regole del bel canto e dei vocalizzi armoniosi, ha fatto da apripista a nuove e ruvide interpretazioni canore: acuti dirompenti e ululati selvaggi; ha gettato le basi per il movimento new wave, fino a diventare l’icona femminile del rock e la ricercatezza dei suoi testi le ha fatto guadagnare l’appellativo di sacerdotessa “maudit” del rock.
Uno dei pezzi che l’ha consegnata e consacrata al grande pubblico è “Because the Night”, il cui padre è Bruce Springsteen che la scrisse negli anni ’70, ma che non riuscì ad inserirla in “Darkness on the Edge of Town”, album che stava registrando ai tempi. Mentre la suonava, il gruppo di Patti Smith stava lavorando all’album “Easter” nello studio di fianco: Springsteen, che non riuscì a inserire il brano nel suo disco e gliela regalò. Il testo fu da lei riadattato in un’ottica più femminile e il resto è rock.
Nirvana – Come As You Are
Anno 1991, anno in cui il grunge prese possesso di tutta la scena musicale; anno in cui i Nirvana producono l’album che rimarrà per sempre nella storia della musica: “Nevermind”.
Un album iconico per il gruppo grunge per eccellenza, ma in particolare il brano “Come As You Are” ci ricorda che il dolore non è solo rabbia. Ma anche malinconica depressione con un giro di basso leggendario. La mania di Cobain di accordare gli strumenti mezzo tono sotto la scala normale trova qui una valida spiegazione: il pezzo suona alienante come non mai.
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