E’ comparsa improvvisamente nella notte del 5 novembre 2020 al centro di Piazza Plebiscito, luogo simbolo della città di Napoli, un’opera in marmo Danby proveniente dalle cave statunitensi del Vermont raffigurante un neonato rannicchiato e inchiodato a terra sui sanpietrini, da una catena. Un metro e sessantacinque di marmo bianco nel cuore della città.
L’installazione dal titolo “Look down” realizzata da Jago, al secolo Jacopo Cardillo, scultore che ha già ottenuto importanti riconoscimenti di critica e di pubblico in Italia e all’estero, in collaborazione con la Fondazione di Comunità San Gennaro.
Un titolo dal tono imperativo che parla a tutti: “Look down”. Guarda in basso! Guarda ai vulnerabili! Guarda agli ultimi! Un invito a guardare in basso, ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili.
“Riguardo all’opera, ho già detto quello che dovevo dire facendola” racconta l’artista. “Non posso esprimermi di più perché non c’è nulla da aggiungere. Ogni persona è libera di vedere quello che vuole, questo è il mio linguaggio. Ecco il significato andatelo a chiedere a tutti quelli che, in questo momento, sono stati lasciati incatenati nella loro condizione”.
Il giovane artista ci invita a fermarci e a riconoscerci tutti in quel feto rannicchiato, da lui scolpito con grande eccellenza e con la volontà di affidare all’arte, ancora una volta, il compito di denunciare, per riconoscersi tutti parte attiva e responsabile delle scelte e delle soluzioni proposte.
Ma look down è anche un gioco di parole che inevitabilmente rimanda alla parola dell’anno “lockdown”, la più utilizzata in questo storico periodo di pandemia.
Jago in passato aveva regalato alla città partenopea un’altra sua opera in marmo dal titolo “Figlio velato”, che richiama nel nome e nella realizzazione il Cristo Velato di Giuseppe Sammartino, custodito nella Cappella San Severo della città. E ancora, nel cuore del rione Sanità, ha trasformato l’antica chiesa abbandonata di Sant’Aspreno ai Crociferi nel suo laboratorio, aperto ai ragazzi del rione.
Si era fatto notare anche nel 2009 con la realizzazione del busto in marmo di Benedetto XVI “spogliato” Habemus Hominem, voluto da Vittorio Sgarbi per la 54esima Biennale di Venezia del 2010.
GENESI DELL’OPERA
Jago ha realizzato l’opera a New York, intitolandola inizialmente “Homeless” per richiamare l’attenzione ai numerosi senzatetto che vivono per le strade e a cui nessuno fa mai caso. Da qui, l’idea del bambino. “Se tutti quei senzatetto fossero stati dei neonati, sdraiati a terra, qualcuno li avrebbe notati? Se fossero centinaia di bambini stesi a terra, soli, senza riparo, li vedremmo”, ha dichiarato l’artista.
La scultura è poi arrivata a Napoli, città dove l’artista ha scelto di vivere dopo il rientro da New York, durante la situazione di emergenza sanitaria da Covid-19 e da lì il rimandoalla parola lockdown e quindi look down.
Dietro la rappresentazione figurativa, c’è anche un altro gesto fortemente simbolico: abbandonare un’opera che si stima valga un milione e mezzo di euro in mezzo a una piazza, esposta alle intemperie ma soprattutto a possibili gesti vandalici, vulnerabile come il bambino scolpito dall’artista.
Copyright immagine in evidenza
Categorie:Metis Oggi