Esattamente 157 anni fa, nasceva il grande Pietro Mascagni.
Tra i maggiori compositori del periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, è considerato il caposcuola del verismo musicale, cui venne accostato anche Giacomo Puccini.
Nato a Livorno, si formò studiando pianoforte e organo prima nella sua città, poi al Conservatorio di Milano, sotto l’autorevole guida di Amilcare Ponchielli. Quando il destino sembrava relegarlo nell’anonimo ruolo di direttore di banda a Cerignola, raggiunse improvvisa fama con Cavalleria rusticana, suo capolavoro assoluto, che gli fece conquistare il premio Sonzogno nel 1889.
Un’opera in un unico atto, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga.
Andò in scena per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma, con Gemma Bellincioni e Roberto Stagno.
Viene spesso rappresentata insieme a un’altra opera breve, Pagliacci (1892) di Ruggero Leoncavallo, con la quale è considerata una delle più rappresentative opere veriste. Questo singolare abbinamento venne proposto fin dall’anno seguente il debutto di Pagliacci, al Metropolitan Opera House di New York il 22 dicembre 1893, e venne legittimato dallo stesso Mascagni, che nel 1926, al Teatro alla Scala di Milano, diresse, nella stessa soirée, entrambe le opere.
Da quel momento e fino all’inizio del secolo la sua musica riecheggiò nei principali teatri internazionali, da San Pietroburgo agli Stati Uniti, passando per Vienna, dove partecipò come direttore d’orchestra. Autore tra gli altri di 15 opere, un’operetta, canzoni e romanze, si spense a Roma il 2 agosto 1945.
Eppure Mascagni, amico anche di papa Pio XII, è per certi versi un genio “dimenticato”. Accantonate molte delle sue 15 opere (fra cui Guglielmo Ratcliff, Iris, Lodoletta o Parisina, scaturita dal sodalizio artistico con D’Annunzio), l’operetta Sì, le partiture sinfoniche, i numerosi lavori di musica sacra (fra cui la Messa di Gloria), le composizioni civili, le melodie “sperimentali” per il cinema (come la colonna sonora Rapsodia satanica, di cui andava particolarmente fiero). Sempre e (quasi) solo l’atto unico giovanile che ancora conquista il pubblico di tutto il mondo.
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