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LEE MILLER: RITRATTI DI UNA VITA

Modella, musa di grandi artisti, da Picasso a Salvator Dalì, prima fotografa a entrare nei lager tedeschi dopo la Liberazione. Lee Miller ha vissuto tante vite, una dopo l’altra con passione, coraggio e dolore. 

“Sembravo un angelo fuori. Mi vedevano così. Ero un demonio, invece, dentro. Ho conosciuto tutto il dolore del mondo sin da bambina” –  diceva di sé.

Una donna rivoluzionaria, ambiziosa, prodigiosa, ma con lo sguardo pieno di dolore. Il suo inferno interiore era stata l’infanzia, lo stupro a soli sette anni, la gonorrea, l’interesse morboso del padre che iniziò a ritrarla nuda da bambina fino all’età adulta. 

MA CHI ERA LEE MILLER? 

Lee Miller nasce il 23 aprile 1907 a Poughkeepsie, a circa 100 chilometri dalla città di New York. E’ solo una bambina quando entra in contatto con il mondo della fotografia. Suo padre Theodore Miller, un proprietario terriero di origine tedesca, la fotografò ossessivamente docile e completamente nuda; e le insegnò le tecniche fotografiche che mise poi in pratica negli anni successivi, passando dall’altra parte dell’obiettivo.

“Preferisco fare una fotografia, che essere una fotografa” era il suo motto diventato celebre. 

Quando aveva solo sette anni, un evento drammatico segnò completamente la sua vita: fu violentata da un amico di famiglia, poco dopo la morte della madre.Un episodio traumatico anche dal punto di vista fisico, dato che contrasse la gonorrea e dovette sottoporsi a dolorosissime cure. Trascorse l’adolescenza tra solitudini e sofferenze, fino al trasferimento a Parigi per studiare teatro, e poi nella Grande Mela. 

Un giorno mentre camminava per le strade di Manhattan, rischiò di essere investita, ma fu salvata da un passante. Si trattava di Condè Montrose Nast, il celebre editore di Vogue e Vanity Fair. Ha inizio così, da questo incontro fortuito, la sua carriera di modella, che la portò a essere una delle donne più ricercate, affascinanti e desiderate dai fotografi di moda americani dell’epoca fino a che uno scatto di Edward Steichen, utilizzato per una pubblicità di assorbenti, non provocò uno scandalo che fece precipitare vertiginosamente la sua carriera.

Nel 1929 si trasferisce a Parigi, nella città degli artisti, per passare dall’altra parte dell’obiettivo e per imparare dal maestro Man Ray. Con lui conosce l’amore fou, il surrealismo, vivendo senza vincoli. Dopo la fine di questo sodalizio artistico e sentimentale con il genio surrealista che quasi la uccise e quasi si uccise, dopo averla perduta per sempre, la Miller torna a New York dove conosce l’egiziano Aziz Eloui Bey, che diventerà suo marito. Il matrimonio con lui, però, durò poco: stanca della vita a Il Cairo, Lee si recò a Londra dove conobbe il suo secondo marito, il collezionista d’arte e mecenate inglese, Penrose.
Furono anni di grande fermento artistico, alimentato anche dall’amicizia con Picasso che la ritrasse in sei dipinti.

Una donna libera. Una donna che visse inseguendo la libertà. Fino alla Seconda guerra mondiale, quando divenne reporter di guerra per Vogue, una delle prime donne a testimoniare con incredibile sangue freddo la distruzione sistematica di cui la guerra è capace.

Insieme al fotografo e amico David Scherman, entra nei campi di concentramento di Buchenwald e di Dachau dopo la liberazione.  Quegli scatti semplici pieni di morte, quelle vite interrotte presto, fin troppo presto, non le diedero più tregua: negli anni successivi, la depressione e l’alcol furono le costanti della sua vita. 

Visse gli ultimi anni in ritiro, continuando a ricevere visite dei suoi amici artisti e a pubblicare occasionalmente fotografie per Vogue. Si dedicò alla cucina, pubblicando un libro di ricette. Venne perfino indagata come spia. Morì di cancro a settant’anni, nel silenzio di una città di provincia. Fu il figlio Anthony a pubblicare diverse fotografie mai rese note al grande pubblico. Lee Miller rimane una donna coraggiosa che, con la sua inseparabile Rolleiflex, ha saputo catturare qualsiasi soggetto, anche il più orribile, facendone meraviglia, arte e stupore.

LA VASCA DEL FÜHRER 

Ha fatto storia il celebre scatto di Scherman che vedeva Lee, nuda, immersa nella vasca da bagno del modesto appartamento di Adolf Hitler, al numero 16 di Prinzregentenplatz, nell’aprile del 1945. Gli stivali militari ben appaiati sul pavimento, la foto del Führer appoggiata al bordo della vasca. 

Ho fatto uno strano bagno quando mi sono lavata lo sporco del campo di concentramento di Dachau nella stessa vasca da bagno di Hitler a Monaco”.

Prendendo spunto da questa fotografia, scoperta per caso, la scrittrice e conduttrice televisiva Serena Dandini, ci consegna uno splendido ritratto di Lee Miller Penrose, una delle personalità più straordinarie del Novecento. La cerca nei suoi luoghi, «dialoga» con lei, ripercorre la sua esistenza formidabile – che ha anticipato ogni conquista femminile – in un avvincente romanzo, una storia vera, tra i fasti e le tragedie del secolo scorso.

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