Il concetto di stereotipo, sia esso di genere o relativo ad altre categorie sociali, ha la sua culla nella Psicologia sociale, sebbene il primo a utilizzare questo termine sia stato proprio un giornalista, Walter Lippmann, nel 1922.
Egli nel suo volume L’opinione pubblica afferma che le persone che appartengono a uno stesso gruppo, vengono percepite indistinguibili tra loro, così come risultano indistinguibili le copie di un giornale che provengono dallo stesso stampo tipografico (lo stereotipo).
Dagli anni ’30 numerosissimi sono stati gli studi sugli stereotipi, a partire da approcci e concezioni differenti, talvolta anche lontani tra loro. Di volta in volta agli stereotipi sono state attribuiti la funzione di facilitare il giudizio sociale sulla base di una categorizzazione in gruppo e il fatto di dare luogo a processi di pensiero tendenziosi, a giudizi da cui possono originare discriminazioni fortemente penalizzanti.
È a questo secondo aspetto che hanno fatto riferimento, in larga misura, gli studi sugli stereotipi di genere.
È difficile identificare l’origine del concetto specifico di “stereotipo di genere” in quanto fin da subito le ricerche sul tema, si sono concentrati sugli stereotipi attribuiti, tra i diversi gruppi sociali, agli uomini e alle donne, oltre che ai gruppi provenienti dalle diverse etnie.
Insieme rigido di credenze condivise e trasmesse socialmente, su quelle che sono e devono essere i comportamenti, il ruolo, le occupazioni, i tratti, l’apparenza fisica di una persona, in relazione alla sua appartenenza di genere. La mancanza di conformità a tali attese fa sì che le persone interessate vengano ritenute o giudicate come “poco femminili” o “poco mascoline”.
Si può definire anche come percezione pubblica/condivisa delle differenze sessuali nei tratti di personalità e nei comportamenti oppure come conoscenza schematica della realtà, condivisa da un intero gruppo sociale, che ha per oggetto singole persone o gruppi sociali.
Si tratta di una forma imprecisa di conoscenza perché non coglie né le differenze all’interno del gruppo da esso definito né l’evoluzione a cui il gruppo stesso è inevitabilmente soggetto. Per il modo in cui viene costruito, finisce pertanto con il cristallizzare l’immagine di una realtà che è invece in movimento.
E non si può parlare di stereotipo senza introdurre uno degli argomenti che ha generato più discussioni negli ultimi giorni, ovvero, quello relativo alla Legge Zan.
Della legge Zan sull’omotransfobia, o sarebbe meglio dire Disegno di legge Zan, non si parlava più da quando il 4 novembre del 2020 il testo è stato approvato alla Camera con 265 voti favorevoli e 193 contrari (e un astenuto). In quell’occasione il Paese si è diviso fra chi esultava, e chi sollevava il dubbio se una legge che punisce, tra l’altro, il linguaggio che può istigare alla discriminazione e alla violenza contro gay, lesbiche, trans possa essere un attacco alla libertà di espressione. Poi l’interesse è sfumato e il Ddl Zan è tornato ora al centro del dibattito dopo l’aggressione subita a febbraio da una coppia di ragazzi nella stazione della metro di Valle Aurelia, a Roma.
Numerosi gli influenze schierati affinché la legge venga approvata. Dalla cantante Elodie a Fedez.
Elodie si batte da sempre anche contro il razzismo:
“Non comprendo il razzismo. Io nasco dall’incontro di etnie diverse e non mi sembra sia successo qualcosa di brutto”
Fedez incalza:
“Lo Stato tuteli la libertà dei nostri figli”, ha aggiunto sui suoi social, dicendo che se suo figlio Leone “un giorno decidesse di mettersi gonna, smalto e rossetto” per lui non ci sarebbe alcun problema perché chiunque ha il “diritto di esprimersi come meglio crede”.
Ciò per cui Fedez si batte è il diritto di esprimersi in piena libertà, puntando il dito contro la discriminazione e la violenza “che molto spesso si verificano in questo Paese”.
In questo LXIV numero di Metis Magazine abbiamo voluto affrontare l’irrisolvibile e ostica tematica degli stereotipi di genere.
Dal mito del lavoratore italiano pigro e ”mariuolo”, alle donne al volante pericolo costante, abbiamo voluto raccontarvi anche di problematiche relativa al sesso e all’etnia non potendo non citare la Legge Zan, più attuale che mai.
Come sempre abbiamo cercato di affrontarlo attraverso differenti argomentazioni intrise di numerosi spunti di riflessione unendo il tutto alle nostre immancabili rubriche e alle interviste esclusive.
Senza alcuna pretesa di esser stati esaustivi, vi invitiamo a non perdervi questo originale numero di Aprile.
Buona lettura.
fonte 1 https://www.cirsde.unito.it/sites/c555/files/allegatiparagrafo/06-05-2016/stereotipo_di_genere.pdf
Categorie:ATTUALITÀ