La favola dell’imprenditore venuto dal nulla, self made man che sbanca mercati mondiali e Borse, è tutta americana. Ma la scintilla che ha appiccato la miccia dell’idea vincente è scattata in Italia, precisamente a Milano durante un viaggio di lavoro.
Il concetto di bar che diventa mondiale, è questo quello che ha pensato Howard Schultz anche solo immaginando l’evoluzione di Starbucks. Il concetto italiano di bar caffetteria è per lui una rivelazione: un luogo diverso dalla casa o l’ufficio, in cui fermarsi e godersi una vera pausa, anche in compagnia.
Un luogo di apparente relax, dove la produttività non si ferma, diventando difatti approdo per i freelance fuori casa.
Ma prima di arrivare a Starbucks Schultz era un impiegato della Xerox, azienda famosa in tutto il mondo per i suoi programmi di formazione manageriale. Questa esperienza lavorativa diede a Schultz la possibilità di formarsi nel mondo delle vendite e di ambire ad un lavoro molto ben pagato per una ditta svedese che aveva la sua sede americana a New York: la Hammarplast.
In breve tempo, grazie alle sue doti di venditore, Schultz arrivò a ricoprire la carica di Vice Presidente e di responsabile della divisione commerciale.
La Hammarplast realizza prodotti europei per il mercato dei caffè in America, così ha modo di approfondire la conoscenza con uno dei clienti, un rivenditore di caffè di Seattle che si chiamava Starbucks.
Per conoscere questo piccolo negozio che aveva destato la sua curiosità prese un volo per Seattle e nel 1981 andò a conoscere i proprietari. Entrato nel locale gli venne offerta una tazza di miscela di caffè proveniente da Sumatra, il primo sorso fu quello che fece scoccare la scintilla.
Un anno dopo Howard si unisce alla compagnia e diventa il quarto socio. È il 1983 l’anno del fatidico viaggio a Milano, occasione in cui Shultz propone ai soci di Starbucks una nuova idea che potrebbe rivoluzionare l’attività: vendere anche caffè pronto, portando in America la caffetteria italiana.
Ai soci non piacque l’idea e Shultz, convinto delle potenzialità del suo progetto, decise di creare un brand tutto suo, “Il Giornale”.
Nell’agosto del 1987, dopo due anni di attività, Il Giornale acquisisce le caffetterie Starbucks per 3,8 milioni di dollari e Schultz ne diventa amministratore. Cinque anni più tardi, con una catena di 165 caffetterie, Starbucks sbarca a Wall Street e chiude l’anno con un giro d’affari da 93 milioni di dollari.
Nel 2017 ha rassegnato le dimissioni come CEO di Starbucks, subentrando al suo posto Kevin Johnson.
Nei suoi anni da CEO Schultz ha suggerito che il credo di Starbucks – “usare il nostro successo per il bene” – dovrebbe essere un modello per altre società globali. Ha esercitato la sua influenza per denigrare le leggi sulle armi da trasporto, dichiarare l’importanza della diversità e inclusione sociale. Ha lanciato FoodShare, un programma per la donazione dei pasti pronti da consumare.
Non ha solo investito nel benessere dei propri dipendenti, ma si è impegnato in azioni che potessero avere delle ripercussioni positive a livello globale.
“La gente pensa che io sia il fondatore di Starbucks. Ero un impiegato quando Starbucks aveva solo quattro negozi. Sono stato mandato in Italia per un viaggio per Starbucks e sono tornato con la sensazione che il business di Starbucks fosse sbagliato. Quello che volevo portare indietro era il rituale quotidiano, il senso di comunità e l’idea di costruire un terzo luogo, tra casa e lavoro, in America. È stata una epifania. Ero fuori di me. Sono entrato e ho visto questa sinfonia, il romanticismo e la teatralità del caffè. E il caffè è al centro della conversazione, creando un senso di comunità. Questo è quello che mi ha rivelato”.
Il segreto del successo è ricordare sempre il punto di partenza
Howard Schultz nasce nel 1953 a New York e trascorre buona parte dell’infanzia a Brooklyn. I suoi primi anni di vita vengono segnati da un evento che rimarrà per sempre nella mente di Schultz: nel 1961, infatti, il padre scivola su una lastra di ghiaccio fratturandosi la gamba e la caviglia irreparabilmente. Essendo privo di assicurazione sanitaria, Fred Schultz si trova senza lavoro e con una famiglia da mantenere.
È proprio in quell’occasione che il giovane Shultz iniziò ad immaginare che qualora fosse mai riuscito a raggiungere una posizione importante, avrebbe lottato per fare la differenza, non solo nella propria vita.
La storia di suo padre inquadra il “perché” delle sue scelte aziendali. L’obiettivo di Schultz era quella di costruire un’azienda che trattasse le persone con dignità e rispetto, trattamento che suo padre non aveva mai ricevuto.
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